Caro 2016, non sei ancora nato ed io già ti scrivo. Voglio raccontarti una storia, è lunga 365 giorni, ma cercherò di farla breve. Tuo fratello maggiore, 2015, è stato un anno molto generoso con me, mi ha regalato tante emozioni e tanti ricordi. Mi ha fatto crescere e se ora sono qui a scriverti lo devo a lui. Non dico che non dovesse farlo eh, solo lo è stato talmente tanto che a volte con gli ingredienti ha un po’ abbondato e li ha anche mischiati un po’ alla rinfusa. Anzi, sai che ti dico caro 2016? Che tuo fratello ha un po’ esagerato. Non vorrei sembrare ingrata, però imparerai a tue spese che una come me non si accontenta. Mai. Devo ammetterlo: tante volte, troppe per soli 12 mesi, mi sono ritrovata a pensarti, a desiderare il tuo arrivo, ad augurarmelo in fretta. A sperare che, almeno tu, saresti stato diverso. Come se lo scoccare della mezzanotte avessi il potere di cancellare improvvisamente tutte le ferite. Se non proprio cancellarle almeno renderle meno dolorose. Sai, ora che stai arrivando, devo ammettere che ho un po’ paura. Paura che tu possa illudermi, che possa farmi credere che qualcosa di bello esista anche per me e, subito dopo, negarmelo. Sai, quello che sta finendo è stato un anno davvero difficile. Non voglio che anche tu mi possa riservare lo stesso trattamento. Sai com’è, dopo questi 12 mesi non so se sarei in grado di sopportare con la stessa forza anche te, caro ’16. Non per discriminazione eh, è solo che, dopo un po’, la stanchezza inizia a farsi sentire. Vorrei che tu fossi un anno pieno di vita, salute e felicità. Vorrei che tu fossi un anno in cui il rumore sia quello delle risate e non quello dei pensieri opprimenti, soffocanti. Vorrei che le lacrime siano quelle della gioia e delle sorprese. Vorrei dover rientrare in ospedale solo per vedere una vita che nasce e non più una che muore, avere le occhiaie per aver festeggiato troppo la sera prima, non per l’insonnia. Vorrei avere mal di testa per il troppo studio, il troppo lavoro ed il mal di pancia prima dell’ultimo esame all’università. Vorrei che l’attesa, lunga ed interminabile sia quella che precede la mia laurea e non quella delle visite mediche, che i soldi siano spesi in viaggi e non in medicine. Vorrei avere freddo perché c’è l’inverno, quello vero, con la neve, e non per l’ansia. Vorrei sentirmi soffocare perché fa caldo e non dalla paura. Caro 2016, vorrei essere circondata da persone per cui dire ne vale la pena, vorrei preferire la loro compagnia piuttosto che sognare ad occhi aperti guardando un film. E leggere nei loro occhi interesse e comprensione, non essere un oggetto da usare e buttare via. Vorrei essere soddisfatta delle mie scelte, non delusa da me stessa. Vorrei non dovermi sentire in obbligo di fare quello che non voglio, ma concedermi la possibilità di dire no, non posso, non voglio. Vorrei poter capire di non essere perfetta e che è impossibile esserlo. Ammettere i miei limiti e accettare quelli degli altri. Vorrei avere in dono il coraggio di mostrarmi debole e non fare la forte a tutti i costi, di dire “Si, ho bisogno di te”; di piangere senza vergogna e arrabbiarmi senza paura. Soprattutto, vorrei poter ridere e non sentirmi in colpa, essere felice consapevole di essermelo meritato. Vorrei sentirmi stanca dopo una giornata piena di lavoro e non alzarmi già stanca all’idea che quel giorno è ancora da affrontare. Caro 2016, vorrei potermi alzare ed essere entusiasta, alzarmi con la speranza che qualcosa di bello può ancora succedere, credere che succederà. Al contrario, vorrei avere la forza per affrontare le difficoltà e poter dire che, nonostante tutto, ce la si fa. Sempre e comunque. Caro 2016, per favore, non farmi pentire per averti creduto.
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