La notizia la diamo oggi perchè in realtà è solo oggi che l’abbiamo appresa. Udite, udite, nell’elenco delle tante persone che in questi anni ci hanno querelato (Andrea Fluttero, tutta la giunta Fluttero 1997, Roberto Rosso, Mauro Chianale, Luca Pedrale, Gipo Farassino, la Smc, Pasquale Centin, Massimo Corcione, Libero Ciuffreda, tanto per citarne alcuni...) c’è da aggiungere anche l’attuale assessore regionale Gianna Pentenero. I fatti fanno riferimento all’Amministrazione di Gianni De Mori che come tutti sanno, era da lei “teleguidata”. Talmente evidente che noi dal nostro “pulpito” lo ricordavamo su tutti i numeri del giornale, aggiungendo una “critica”, abbastanza, feroce alle tante farneticazioni mediatiche di una giunta “becera” e “bugiarda”. Ora però, senza addentrarci troppo sui contenuti e su quanto scrivevamo, quel che vogliamo aggiungere oggi è che la querela è stata archiviata nonostante l’opposizione degli avvocati. Molto interessante il parere del giudice Claudio Passerini. Leggiamo nel dispositivo:“In tema di diffamazione a mezzo stampa, il rispetto della verità del fatto assume, in riferimento all’esercizio del diritto di critica politica un limitato rilievo, necessariamente affievolito rispetto alla diversa incidenza sul versante del diritto di cronaca, in quanto la critica, quale espressione di opinione meramente soggettiva, ha per sua natura carattere congetturale, che non può, per definizione, pretendersi rigorosamente obiettiva ed asettica....”. Ma il bello della democrazia è scritto qualche riga più sotto. “Deve pertanto constatarsi che le affermazioni riportate in querela costituiscono forme di esercizio del diritto di critica politica, pur accesa, nulla rinvenendosi che possa essere ricollegato ad un’azione che trascenda ad attacchi personali, diretti a colpire, su un piano individuale, senza alcuna finalità di pubblico interesse, la figura morale del soggetto criticato, ma rinvenendosi unicamente un’accesa polemica avente ad oggetto sempre gli interessi della comunità di riferimento...”. E poi ancora... “Con riguardo alle espressioni usate, in uno con la lamentata mancanza di fatti concreti posti a fondamento delle stesse, deve convenirsi con la giurisprudenza che, in una fattispecie del tutto assimilabile alla presente, ma in cui certamene le espressioni risultano anche più dirette ed univoche nell’identificare i loro destinatari come protagonisti di malaffare, ha statuito il seguente principio...” E quale’è il principio? Lo dice il giudice, chiaro, tondo, forte e chiaro...: “Il reato di diffamazione oggettivamente configurabile nel fatto di definire taluno come furfante o responsabile di furfanterie può ritenersi scriminato in virtù dell’art. 51 del codice penale quando detta definizione si collochi in un contesto di polemica politica, significando il ritenuto disvalore di scelte che si assumone compiute in contrasto con l’interesse collettivo....”. Insomma l’interesse collettivo di un amministratore pubblico è pari all’esigenza di tutelarlo da parte di chi fa o dovrebbe fare il mestiere di giornalista. Che fa rima con quella celebre frase sui “giornalisti cani da guardia della democrazia...” da non confondersi con i “cani da salotto”. Amen.
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