Questo giornale è già intervenuto due volte sul caso del giardino pubblico di via Ceresa che l’amministrazione ha intitolato allo scrittore portoghese Fernando Pessoa (1888-1935). Abbiamo chiesto all’ANPI di Chivasso di esprimere un giudizio netto nei confronti di un autore che, negli scritti di argomento politico, esprime avversione per la democrazia, il liberalismo, il costituzionalismo, il pacifismo. Soprattutto li esprime con il linguaggio sprezzante degli artisti che nella prima metà del Novecento simpatizzarono per i movimenti fascisti europei. Avevamo citato due libri: “La Tirannia” e gli “Scritti di sociologia e di teoria politica”. Ce n’è arrivato un terzo. E’ l’ode “Alla memoria del Presidente-Re Sidónio Pais”. Tanto per capirci, Sidónio Pais fu il militare portoghese che nel 1917 guidò una insurrezione contro il governo repubblicano parlamentare e instaurò un regime autoritario formalmente guidato dal presidente eletto a suffragio universale. Sidónio fu assassinato l’anno dopo e Pessoa pubblicò l’ode in memoria. Alla dittatura sidonista seguirono quella di Gomes da Costa e Oscar Carmona nel 1926 e infine quella di Salazar nel 1932. Pessoa morì nel 1935, ma il regime salazarista gli sopravvisse per quarant’anni fino alla “rivoluzione dei garofani” del 1974. I versi in memoria di Sidónio Pais sono una gran barba. Regalo volentieri il volume a chi lo vuole, così libero dello spazio in casa. Merita tuttavia riportare un passo pubblicato in un altro volume. Sidónio ha appena conquistato il potere, e Pessoa ci tiene a sostenere che non il voto democratico ma il “diritto della forza” conferisce legittimità al nuovo regime: “desideriamo salutare il dott. Sidónio Pais, Presidente della Repubblica, per volontà del destino, per diritto della Forza, diritti maggiori del suffragio in prestito che lo ha eletto”. Anche Mussolini amò definirsi “uomo del destino”. Ma non ci facciamo illusioni: forse nemmeno una citazione come questa turberà la placida serenità dell’amministrazione e dell’associazione chivassese dei partigiani. Un bel dormir tutta la vita onora. Ai due articoli precedenti ho ricevuto delle obiezioni. La prima: anni dopo Pessoa ripudiò alcuni scritti imbarazzanti, come La difesa e giustificazione della dittatura militare in Portogallo del 1928. Tante grazie: mettiamo che un uomo commetta un omicidio e che qualche anno dopo “ripudi” il suo crimine… Altra obiezione: il Pessoa poeta è stato tradotto e diffuso in Italia da Antonio Tabucchi, intellettuale “di sinistra”. E con questo? Un autore politicamente di destra resta di destra anche se i suoi versi sono amati dalla sinistra. Quando nel 1994 una casa editrice di destra pubblicò gli scritti politici di Pessoa, Tabucchi criticò il volume e il suo curatore, Brunello De Cusatis, anch’egli docente universitario. Qualcuno mi ha mandato trionfalmente l’articolo, col tono di dire: ecco, leggi cosa scrisse il “compagno” Tabucchi del fascistello De Cusatis! Trascuriamo pure il fatto che il “compagno” Tabucchi pubblicò la sua scomunica sul noto giornale comunista e proletario “Corriere della Sera”. Il fatto è che Tabucchi, che ebbe molti meriti come studioso e come romanziere (quanti di noi hanno letto il romanzo antifascista “Sostiene Pereira” e visto il film con Marcello Mastroianni!), era famoso anche e soprattutto perché era per così dire l’ambasciatore in Italia di Pessoa. La fortuna italiana dello scrittore portoghese era gran parte merito suo. Era quindi umanamente comprensibile che Tabucchi difendesse la sua creatura: ciò non vuol dire che avesse ragione. La fortuna italiana di Pessoa fu anche il prodotto di una riuscita operazione dell’industria culturale-mediatica-editoriale. Non devo ricordare ai compagni ammiratori di Pessoa che le grandi case editrici sono imprese capitalistiche come la Fiat: mirano al profitto, se poi i lettori sono “di sinistra” tanto meglio, perché sono numerosi. Terza obiezione. Vinicio Milani, presidente dell’ANPI, ha scritto che quella su Pessoa è una polemica “fatta per pochi”. Credo voglia dire che “interessa” a pochi. Se è così, Milani dovrebbe preoccuparsi invece di minimizzare: se l’intitolazione di un’opera pubblica a un ammiratore della dittatura non frega più a nessuno, allora vuol dire che siamo messi male e che anche l’ANPI ha fallito nella sua opera di conservazione della memoria. Oltretutto, non si comprende perché Milani abbia ritenuto opportuno intervenire a Montanaro e non a Chivasso. L’ANPI dovrebbe considerare l’intitolazione chivassese più importante della polemica montanarese. In fin dei conti a Montanaro lo scontro è interno allo schieramento resistenziale: tra chi vuole mettere in rilievo il contributo dei garibaldini alla lotta partigiana, contributo superiore a quello degli altri, e chi preferisce che la Resistenza venga ricordata come egualmente appartenente a tutti i resistenti. A Chivasso invece non si tratta di una polemica “interna”: Pessoa non era mica un antifascista, era un ammiratore della dittatura, quindi l’associazione dei partigiani dovrebbe considerarlo un nemico. Perché allora a Montanaro sì e a Chivasso no? Lasciamo pure stare il contributo di 2.650 euro che l’amministrazione ha appena impegnato a favore dell’ANPI di Chivasso. Non voglio credere che gli eredi dei partigiani si lascino condizionare da queste piccolezze. Resta allora un dubbio: a Montanaro l’avversario con cui prendersela è più debole, essendo un sindaco eletto con una lista indipendente e privo del sostegno dei grandi partiti. Un’ANPI forte con i deboli e debole con i forti? Sarebbe questo il modo di onorare la Resistenza?
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