Venerdì l’amministrazione comunale di Chivasso ha intitolato a Fernando Pessoa (1988-1935) il nuovo giardino pubblico di via Ceresa. Il promotore dell’iniziativa era Mariano Deidda. Invitata una delegazione della Città di Lisbona “guidata da Pedro Cegonho, Presidente della Junta de Freguesia de Campo de Ourique”. Un po’ sorpresi, trattandosi di una giunta di centrosinistra, lunedì scorso abbiamo segnalato all’amministrazione il libro “Sulla tirannia” dell’illustre scrittore portoghese. Abbiamo anche cercato di tirare fuori qualche commento critico dall’ANPI di Chivasso. Ma il suo presidente ha risposto che si tratta di “una polemica fatta per pochi”. Noi ci riproviamo a scuotere l’associazione dei partigiani, sperando che questa volta ci vada meglio. Già nel 1994 la casa editrice di estrema destra Settimo Sigillo aveva pubblicato altri testi di Pessoa un po’ imbarazzanti per i suoi ammiratori democratici e di sinistra: gli Scritti di sociologia e teoria politica. Il saggio più lungo è “L’interregno. Difesa e giustificazione della dittatura militare in Portogallo”, del 1928. Il titolo non lascia molti dubbi sulle idee politiche dell’autore. Tanto più se si considera che nel paese le dittature c’erano sul serio e non solo nella testa del poeta: Pimenta de Castro nel 1915, Sidónio Pais nel 1917-18, Gomes da Costa e Oscar Carmona nel 1926, infine Salazar nel 1932. Con opportuno tempismo, nel saggio Pessoa annuncia: “la Forza Armata…deve pretendere per sé soltanto tutto il Potere”. Il costituzionalismo è invece considerato più o meno una bestemmia: l’”intossicazione costituzionale” colpì dapprima l’Inghilterra, poi la Rivoluzione francese la diffuse come un’epidemia in tutto il mondo. E’ una grave malattia che va estirpata dal Portogallo al più presto: “Il male del costituzionalismo risiede nella sua essenza, visto che è radicalmente nocivo dove è naturale”. In Portogallo non è nemmeno “naturale”, quindi “non esiste altro rimedio… che quello della sua semplice eliminazione”. Mediante la dittatura militare, s’intende. Il resto del volume è una monotona manifestazione di nazionalismo: “Vi è solo una specie di propaganda con cui si può risollevare il morale di una nazione: la costruzione... e la diffusione di un grande mito nazionale”. E di esaltazione della guerra: “Esiste un unico rimedio per trasformare affettivamente un’intera nazione, avvicinando le classi disunite e a un tempo rafforzando il patriottismo. Questo rimedio è la guerra – una qualunque guerra, preferibilmente giusta, in cui violentemente si lanci la nazione”. All’interno di una concezione politica come queste non poteva mancare l’invocazione dell’uomo forte, dell’uomo del destino. In memoria del dittatore Sidónio Pais, Fernando Pessoa compose questi versi: “L’Europa vuole grandi Generali…vuole la Grande Idea che sia dentro questi Uomini Forti”. Il desiderio di Pessoa fu presto esaudito: Mussolini nel 1922, Hitler nel 1933, Franco nel 1936 in Spagna, Metaxas nello stesso anno in Grecia…
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