Chi sono Stefania Rotundo e Alessandro Svaluto Ferro, gli aspiranti segretari del Pd settimese, che si sfideranno domenica al congresso? Stefania Rotundo, 32 anni, laureata in architettura, fa politica da un anno. Ha preso la tessera del Pd giusto in tempo per ottenere un posto in lista alle comunali, ed è stata eletta con meno di 200 voti. Chi fa notare ai suoi sostenitori che sceglierla come segretario del principale partito della città sembra prematuro si sente rispondere che “suo papà (Franco, ndr) è dell'ambiente, fa il sindacalista da anni”. Al di là dei meriti dinastici, Rotundo è una delle “Volpatto-girls”, ovvero una delle giovani quote rosa di cui l'ex segretario Pd caldeggiò la candidatura alle comunali 2015, anche per sfruttare la possibilità del tandem elettorale (si potevano esprimere 2 preferenze, una a un uomo, una a una donna). Un legame, quello con Volpatto, che vale alla Rotundo l'epiteto di “segretario teleguidato” (il copyright è dei grechiani). Prima di designarla, l'ala maggioritaria ha sondato mezzo partito, da Farinetto a Gaiola a Turchetto allo stesso Svaluto. Poi hanno chiesto a lei, che si è presa il suo tempo, si è fatta un esame di coscienza e ha sciolto le riserve. Incassa oneri e onori dell'appoggio dei big. Per lei vincere il congresso sarà facilissimo, ma i problemi cominceranno subito dopo, quando da cuperliana dovrà fronteggiare l'ondata renziana e il fuoco di fila dei grechiani. Presentata come “il candidato che può unire il partito” (curiosamente solo dai suoi sostenitori), su Stefania Rotundo è difficile spendere aggettivi, anche perchè di lei tutti – pure nel Pd – sanno pochino. Le cronache raccontano che il perfido Daniele Cesareo, in un infuocato direttivo in cui si presentavano le candidature, abbia aperto il suo intervento con un eloquente “Chi c... è Stefania Rotundo?”. Umile almeno quanto Svaluto è ambizioso, all'ultima Festa dell'Unità, quando nessuno pensava a lei come segretario, Rotundo serviva ai tavoli, sparecchiava e spillava birre a un ritmo da far impallidire Dino Sportiello. Se basta l’impegno, a guidare un partito, è a posto. Il resto è tutto da dimostrare. Alessandro Svaluto Ferro, 28 anni, laurea in scienze politiche, lavora per la diocesi di Torino, è sposato e diventerà papà fra pochi mesi. Cattolico, renziano della primissima ora, maître a penser dell'intellighenzia settimese, è stato fondatore e segretario dei Gd. Vale a dire il leader di uno sparuto manipolo di ragazzotti che, in un partito all’epoca monolitico, fu il primo ad avere il coraggio di scontrarsi pubblicamente con la nomenklatura. Grande gesticolatore, amatissimo – e votatissimo – negli oratori, Svaluto disserta con competenza e disinvoltura di jobs act, premio di maggioranza, soglia di sbarramento e supercazzole varie. Tutte le volte che parla dà la sensazione di non dire niente, ma di dirlo molto molto bene. Da autentico intellettuale, Svaluto non ha mai servito mezza costina alla Festa dell'Unità, preferendo pagare il conto, sedersi nell'angolino e disquisire di legge elettorale con Daniele Cesareo e Luca Di Pippo. Sicuro di sé (molti dicono “tronfio”) quanto basta per chiedere un assessorato all'indomani dell'elezione in consiglio comunale, vanta fra i suoi sponsor settimesi illustri, dal regista Gabriele Vacis al parroco dei Mezzi Po don Paolo Mignani fino a Caterina Greco (con quest'ultima ha fatto pure un ticket alle comunali). I pronostici dicono che ha praticamente già perso il congresso, ma punta a rafforzare la componente minoritaria all'interno del direttivo. Per farlo, gli occorre superare il 25%. Tutt'altro che impossibile, specie considerando il fatto che conterà sull’appoggio della Greco, che da sola vale moltissime tessere. Peraltro riferiscono i bene informati che prima di puntare su Rotundo, la nomenklatura Pd offrì il posto di segretario proprio a Svaluto. I big posero una condizione: convocare una conferenza stampa in cui Svaluto avrebbe dovuto scaricare pubblicamente il suo scomodo sponsor. Lui rifiutò, il resto è storia dei giorni nostri.
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