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04 Settembre 2014 - 14:51
É legittimo il licenziamento del lavoratore assenteista anche se il numero di assenze non supera il periodo di "comporto", cioè la somma dei giorni di malattia consentiti. Lo ha stabilito la Cassazione respingendo il ricorso di un lavoratore che con le sue numerose assenze per malattia, a "macchia di leopardo" e agganciate ai giorni di riposo, aveva fornito "una prestazione lavorativa non sufficiente e proficuamente utilizzabile dall'azienda".
La Cassazione ha quindi confermato il licenziamento intimato all'uomo da un'azienda di materiale edile della provincia di Chieti. La corte d'appello de l'Aquila aveva, infatti, accertato, ascoltando come testimoni i colleghi, le assenze sistematiche, per "un numero esiguo di giorni", ma "reiterate", a "macchia di leopardo" e "costantemente agganciate" ai giorno di riposo. Per le modalità con cui si verificavano, concorda la sezione lavoro della Cassazione (sentenza n.18678), "davano luogo ad una prestazione lavorativa non sufficientemente e proficuamente utilizzabile" per l'azienda.
Nel ricorso il lavoratore contestava che le sue assenze non avessero superato il periodo di comporto, e che pertanto si trattasse di un licenziamento premeditato, senza giusta causa.
Dal punto di vista giuridico la Corte ancora invece la decisione a precedenti pronunce su licenziamenti "per scarso rendimento". La Corte ribadisce sì che "il datore di lavoro non può recedere dal rapporto prima del superamento del limite di tollerabilità dell'assenza", tuttavia in questo caso le assenze per malattia assumono rilevo per la prestazione lavorativa "inadeguata sotto il profilo produttivo e pregiudizievole per l'organizzazione aziendale". Infatti, spiega la Corte, le assenze "comunicate all'ultimo momento determinavano la difficoltà, proprio per i tempi particolarmente ristretti, di trovare un sostituto", considerando che le assenza si verificavano soprattutto in coincidenza "del fine settimane o del turno di notte".
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