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30 Dicembre 2025 - 17:53
Dormitorio di Chivasso, il Comune fa marcia indietro all’ultimo minuto: “riparo” in via Paleologi per 5 ospiti. Ma scoppia la bufera in maggioranza
Il Comune di Chivasso fa marcia indietro sul dormitorio. Lo fa il 30 dicembre, a meno di ventiquattro ore dalla chiusura annunciata, con una delibera di Giunta che sa più di retromarcia forzata che di scelta politica meditata. Cinque persone senza casa non finiranno subito in strada: verranno spostate nei locali comunali di via Paleologi, accanto al Centro Incontro per Anziani. Non un dormitorio, precisa il Comune. Non un servizio strutturato. Un riparo emergenziale, temporaneo, sperimentale, senza presidio, senza assistenza, senza controllo. Tradotto: una soluzione tampone che non risolve nulla e che arriva solo quando la pressione è diventata insostenibile.
La domanda, inevitabile, è un’altra: perché adesso? Perché questa improvvisa apertura dopo mesi di chiusure, silenzi, rinvii? La risposta sta tutta nel contesto politico che il comunicato ufficiale si guarda bene dal citare. Negli ultimi giorni la scelta di chiudere il dormitorio ha scatenato una vera e propria insurrezione civile, sui social, in città, tra associazioni, cittadini, pezzi della stessa maggioranza. E soprattutto ha fatto esplodere una frattura interna al centrosinistra chivassese, con Sinistra Ecologista sempre più a disagio dentro una Giunta guidata dal Partito Democratico.
Questa sera il direttivo di Sinistra Ecologista si riunirà. Sul tavolo non c’è solo il dormitorio, ma la tenuta stessa della maggioranza. C’è chi, deluso dalle scelte del sindaco Claudio Castello e dell’assessore alle Politiche sociali Cristina Varetto (Pd), non esclude l’uscita dalla coalizione. Un passaggio politico pesantissimo, che renderebbe plastica una crisi che da tempo covava sotto la cenere.

Cristina Varetto assessore
Il dietrofront sul dormitorio non nasce oggi. È l’ultimo atto di una gestione fatta di rinvii, tagli progressivi e promesse mai mantenute. La storia è nota, scritta nei bilanci prima ancora che nei comunicati. Il dormitorio comunale di via Nino Costa nasce nel 2015 come scelta politica precisa: CISS, ASL TO4 e Comune insieme per evitare che persone senza fissa dimora dormissero in pronto soccorso o per strada. Non un obbligo di legge, ma una decisione di giustizia sociale. Negli anni i posti letto arrivano a dodici. Poi inizia la ritirata: prima il CISS restituisce i locali, poi l’ASL smette di contribuire. Resta il Comune. E da lì parte il disimpegno.
I numeri parlano chiaro. 56 mila euro nel 2024, 28 mila nel 2025, zero dal 2026 in avanti. Non un incidente, ma una traiettoria deliberata, approvata dal Consiglio comunale. La chiusura non è stata una sorpresa: era scritta nel DUP, nel bilancio, negli atti ufficiali. Eppure, per mesi, l’amministrazione ha raccontato altro. Non lo chiudiamo, lo miglioreremo, lo amplieremo, ci sarà una soluzione alternativa. Parole rimaste tali. Di un “piano vero”, annunciato più volte in Consiglio, non si è mai vista traccia.
Nel frattempo il servizio veniva svuotato. Da dodici posti a sei, poi cinque. Tutti residenti a Chivasso. Non “emergenze importate”, non presenze occasionali, ma cittadini della città, persone che qui hanno lavorato, vissuto, pagato affitti e bollette prima di scivolare fuori da tutto. Oggi, dei cinque rimasti, quattro trovano una sistemazione precaria. Due grazie alla comunità ortodossa romena, per iniziativa di Padre Nicolae Vasilescu. Non un assessorato, non un ufficio comunale: un sacerdote che apre una porta mentre un’istituzione pubblica la chiude. Il quinto, Carlo Appino, cardiopatico, resta fuori. Dice che dormirà in ospedale. Basta un nome per smontare qualsiasi narrazione rassicurante.
Ed è qui che la scelta smette di essere tecnica e diventa politica. Può un’amministrazione di centrosinistra considerare sacrificabile un servizio così essenziale? Può farlo senza aprire un confronto pubblico, senza una comunicazione politica esplicita, senza assumersene la responsabilità davanti alla città? La risposta data finora è stata il silenzio. In Consiglio comunale la chiusura non è stata discussa, ma registrata. A denunciarlo è stata la consigliera Claudia Buo di Liberamente Democratici, citando il Vangelo: “Dai loro frutti li riconoscerete”. Non un richiamo morale astratto, ma un criterio di giudizio. Guardare agli esiti, non alle dichiarazioni.
Gli esiti sono sotto gli occhi di tutti. Il dormitorio chiude, mentre si trovano risorse per eventi, luci, concerti, videomapping, stagioni teatrali. Tutto legittimo, per carità. Ma le scelte raccontano una gerarchia di priorità. E raccontano anche una maggioranza che, davanti alle critiche, corre ai ripari all’ultimo minuto, senza visione, senza progetto, senza convinzione. La delibera di oggi lo ammette implicitamente: la soluzione di via Paleologi è “transitoria”, “in attesa di eventuali soluzioni alternative più strutturate”. Le stesse parole che si sentono da mesi. Sempre al futuro. Sempre domani.
È questo che oggi fa esplodere la crisi politica. Non solo il dormitorio, ma un metodo di governo. Decisioni prese, poi smentite. Tagli programmati, poi corretti in extremis. Promesse annunciate, poi disattese. L’ennesimo dietrofront dell’amministrazione Castello, che governa da anni e che su questo tema ha mostrato tutta la sua fragilità politica. E che ora rischia di pagare un prezzo alto, con una maggioranza che scricchiola e una forza come Sinistra Ecologista chiamata a decidere se restare o rompere.
Il 30 dicembre, a Chivasso, non si riapre davvero un servizio. Si certifica un fallimento politico. Si mette una toppa per fermare l’emorragia di consenso, dopo che la città ha alzato la voce. Ma resta la domanda di fondo, quella che nessun comunicato può eludere: che idea di welfare ha questa amministrazione? È un incidente di percorso o un cambio di paradigma? È una scelta temporanea dettata dalle risorse o l’indizio di una trasformazione più profonda, in cui gli ultimi diventano una voce di bilancio da azzerare?
Stasera, nel direttivo di Sinistra Ecologista, questa domanda non sarà teorica. Sarà politica. E da quella risposta dipenderà non solo il destino di una maggioranza, ma la credibilità stessa di un centrosinistra che, a Chivasso, rischia di usare il linguaggio della solidarietà senza praticarne più le scelte.
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