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Nuovo piano sociosanitario per il Piemonte: Cirio si dimentica delle dipendenze. La denuncia del Pd

Canalis (Pd) accusa la Giunta Cirio: poche pagine, tagli di risorse e nessuna strategia su giovani, nuove dipendenze e Serd

Nuovo piano sociosanitario per il Piemonte: Cirio si dimentica delle dipendenze. La denuncia del Pd

Nuovo piano sociosanitario per il Piemonte: Cirio si dimentica delle dipendenze. La denuncia del Pd

Il Piano Socio Sanitario regionale poteva essere il luogo in cui il Piemonte prendeva atto di un cambiamento profondo e ormai strutturale nel mondo delle dipendenze patologiche. Poteva diventare lo strumento per ridefinire servizi, investimenti e modelli di presa in carico alla luce di dati che raccontano una realtà molto diversa rispetto a dieci o quindici anni fa. Per la consigliera regionale del Partito Democratico Monica Canalis, invece, si è trasformato in un'occasione mancata, ridotta a poche pagine e priva di una visione autonoma.

Il giudizio è netto: nel Piano appena approvato, il tema delle dipendenze viene di fatto schiacciato sulla salute mentale, senza un’analisi specifica e senza una strategia dedicata. Una scelta che, secondo Canalis, non solo ignora i dati disponibili, ma finisce per giustificare una progressiva riduzione di risorse e di servizi specialistici, proprio mentre i bisogni crescono e si diversificano.

I numeri, del resto, non lasciano molto spazio alle interpretazioni. Lo studio dell’Università Bocconi, utilizzato come base conoscitiva del Piano, segnala un aumento dei consumi di sostanze psicoattive tra i giovani e l’emersione di nuove forme di dipendenza. In Piemonte, tra il 2021 e il 2023, si registra una diminuzione dei casi legati a eroina e oppiacei, ma crescono in modo significativo i giocatori d’azzardo, i tabagisti, gli utenti con dipendenza da cannabinoidi e soprattutto da cocaina e crack. Il dato più allarmante riguarda il gioco d’azzardo, con un incremento del 40 per cento, e il tabagismo, che cresce addirittura del 90 per cento nello stesso periodo.

Anche la fotografia dei Serd, i Servizi per le Dipendenze delle Asl piemontesi, restituisce un quadro complesso. Nel 2019 erano oltre 21.700 i pazienti presi in carico, con una prevalenza storica delle dipendenze da sostanze, ma già allora emergeva una pluralità di bisogni: droga, alcol, gioco d’azzardo, tabacco e disturbi alimentari. Negli anni successivi, a fronte di una platea numericamente simile, sono aumentati in modo sensibile i pazienti in trattamento per dipendenze comportamentali e per cocaina e crack, mentre continuava il calo degli utenti legati agli oppiacei. Un mutamento che, secondo Canalis, avrebbe richiesto una ri-programmazione mirata dei servizi, non una loro fusione indistinta.

Un ulteriore elemento critico arriva dal confronto nazionale. La Relazione al Parlamento sulle tossicodipendenze 2024 evidenzia come il Piemonte disponga di meno servizi ambulatoriali e di primo livello rispetto a regioni considerate benchmark come Toscana, Emilia-Romagna e Veneto. L’unico ambito in cui il sistema piemontese risulta allineato è quello delle strutture residenziali e semiresidenziali. Un equilibrio fragile che, secondo l’esponente Pd, rischia di essere compromesso da una linea politica orientata più al contenimento della spesa che al rafforzamento dell’offerta.

Monica Canalis

In questo contesto si inserisce la scelta, già avviata in alcune Asl, di inglobare i Serd nei Dipartimenti di Salute Mentale, con la conseguente fusione di budget e personale. Un percorso iniziato nel 2021 nell’Asl CN2 e poi esteso anche all’Asl Città di Torino e all’Asl To5. Per Canalis si tratta di un’impostazione priva di solide basi scientifiche: la sovrapposizione tra dipendenze patologiche e disturbi psichiatrici, sottolinea, riguarda poco più del 6 per cento dei casi. Un dato che non giustifica un’assistenza di tipo prevalentemente psichiatrico per pazienti con dipendenze, né il superamento dell’autonomia dei servizi specialistici.

Il tema non è solo organizzativo, ma anche economico. Negli ultimi tre anni, denuncia la consigliera dem, il Piemonte avrebbe tagliato circa 9 milioni di euro destinati all’area delle dipendenze. Una riduzione che viene accompagnata da un lessico rassicurante, fatto di “integrazione” e “sinergia”, ma che nella pratica si traduce in meno presidi sul territorio. Una direzione che, secondo Canalis, va in senso opposto rispetto alle lezioni apprese durante la pandemia, quando è emersa con forza l’importanza di servizi specialistici di prossimità.

Nel corso dell’iter del Piano, la consigliera Pd aveva presentato un emendamento per rafforzare l’autonomia dei Dipartimenti per le Patologie da Dipendenze, garantendo una propria dotazione organica, un budget regionale vincolato e una responsabilità di spesa specifica. La proposta prevedeva anche una collaborazione strutturata con i servizi sociali, infettivologici e psichiatrici, senza però rinunciare alla distinzione dei ruoli. L’emendamento è stato respinto dalla maggioranza.

Respinte anche altre proposte che puntavano a colmare vuoti normativi e organizzativi, come una disciplina regionale per le comunità residenziali non riabilitative destinate a pazienti anziani con dipendenze, una maggiore omogeneità nei percorsi di domiciliarità assistita, il rafforzamento della prevenzione nelle scuole superiori e l’ampliamento dei punti di intercettazione per minori e giovani con uso di sostanze.

Il punto politico, per Canalis, è che in una regione che invecchia e che vede crescere le dipendenze proprio tra i più giovani, la scelta di comprimere questo ambito nel Piano Socio Sanitario rappresenta una miopia strategica. La revisione della spesa, conclude, non può essere fatta su settori che incidono direttamente sulla salute pubblica e sulla tenuta sociale. Il rischio è quello di accorgersi troppo tardi che, mentre i fenomeni cambiavano, i servizi restavano fermi.

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