Cinque storie diverse, cinque destini giudiziari lontanissimi tra loro, un unico filo che porta al Quirinale. Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha firmato a sorpresa cinque decreti di grazia, che si aggiungono a quelli già concessi dall’inizio del suo secondo mandato. Tra i beneficiari figurano un ex calciatore libico arrivato in Italia su un barcone e condannato come scafista, e un uomo anziano che uccise la moglie malata terminale per porre fine alle sue sofferenze. Provvedimenti che, per la loro natura e per i casi coinvolti, riaprono una discussione profonda sul confine tra giustizia, umanità e funzione della pena.
Tra i nomi più emblematici c’è Abdelkarim Alla F. Hamad, detto Alà, trentenne libico, ex calciatore e studente di ingegneria nel suo Paese. È detenuto da dieci anni dopo una condanna a trent’anni di reclusione per concorso in omicidio plurimo e violazione delle norme sull’immigrazione, legata al cosiddetto “sbarco di Ferragosto” del 2015. Sul suo caso si erano mobilitate negli anni diverse associazioni e Ong, che ne hanno sostenuto l’innocenza. A lui Mattarella ha concesso una grazia parziale, che estingue una parte della pena ancora da espiare, motivata dalla «giovane età del condannato al momento del fatto», dal «proficuo percorso di recupero avviato in carcere» e dal «contesto particolarmente complesso e drammatico in cui si è verificato il reato».

Completamente diversa, ma altrettanto delicata, la vicenda di Franco Cioni, che ha ottenuto la grazia piena. L’uomo era stato condannato a oltre sei anni di reclusione per l’omicidio volontario della moglie, affetta da una malattia in fase terminale, con la quale era sposato da cinquant’anni. La grazia ha estinto la pena residua, pari a cinque anni e mezzo, tenendo conto, come si legge nel provvedimento, delle condizioni di salute del condannato, del perdono espresso dalla sorella della vittima e della «particolare condizione in cui è maturato l’episodio».
La grazia piena è stata concessa anche a Zeneli Bardhyl, condannato a un anno e mezzo di reclusione. In questo caso il capo dello Stato ha valutato i pareri del magistrato di sorveglianza e del procuratore generale, secondo i quali l’allontanamento dall’abitazione in cui l’uomo si trovava sottoposto all’obbligo di dimora non integrava la fattispecie di evasione e, dunque, non costituiva reato.
Un’altra misura riguarda Alessandro Ciappei, condannato a dieci mesi di reclusione per una truffa commessa nel 2014. Per lui è arrivata la grazia limitata alla pena residua da espiare. Mattarella ha motivato il provvedimento facendo riferimento alla «modesta gravità concreta del fatto e all’occasionalità della condotta illecita», oltre che alla situazione personale del condannato, che nel frattempo ha intrapreso un nuovo percorso di vita e di lavoro all’estero.
Infine, la clemenza ha riguardato anche Gabriele Spezzuti, per il quale è stata concessa la grazia sulla pena pecuniaria residua. L’uomo doveva ancora pagare 80 mila euro di multa, su una condanna complessiva che comprendeva la reclusione, espiata fino al 2014, e una pena pecuniaria di 90 mila euro per reati in materia di sostanze stupefacenti commessi nel 2005.
Con questi cinque decreti, il numero delle grazie concesse da Sergio Mattarella dall’inizio del suo secondo mandato sale a 32, su 1507 pratiche esaminate. Secondo i dati ufficiali, 1020 richieste sono state rigettate, 220 archiviate o poste agli atti e 240 archiviate per palese carenza dei presupposti. Numeri che raccontano come la clemenza resti uno strumento raro e selettivo, ma che ogni volta, inevitabilmente, torna a interrogare l’opinione pubblica sul senso ultimo della giustizia.