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Anche la futura regina aspetta un polmone: la Norvegia è davvero senza privilegi?

Il peggioramento della fibrosi polmonare di Mette-Marit, la valutazione per il trapianto al Rikshospitalet di Oslo e le regole ferree di un sistema sanitario che dice no alle corsie preferenziali, anche davanti alla corona

Anche la futura regina aspetta un polmone: la Norvegia è davvero senza privilegi?

Anche la futura regina aspetta un polmone: la Norvegia è davvero senza privilegi?

All’ingresso B1.1017 del Rikshospitalet di Oslo, venerdì 19 dicembre 2025, l’atmosfera è misurata. I taccuini si aprono senza clamore mentre prende la parola il professor Are Martin Holm, responsabile clinico del percorso trapiantologico: «Ci stiamo avvicinando al momento in cui il trapianto dovrà essere eseguito. Le preparazioni sono in corso». Non ci sono date, né promesse. C’è la realtà clinica di una malattia progressiva, la fibrosi polmonare, che nell’ultimo autunno ha accelerato il suo decorso, spingendo la principessa ereditaria Mette-Marit, 52 anni, ad avviare formalmente la procedura che può portare all’iscrizione in lista per un trapianto di polmone. Il Palazzo reale norvegese parla di un «chiaro peggioramento» e chiarisce che il programma ufficiale viene adattato, con più riposo e meno impegni, pur restando forte il desiderio della principessa di continuare a lavorare. Su un punto, però, il messaggio è netto: nessun trattamento di favore. In Norvegia, tra 20 e 40 pazienti attendono un organo compatibile e, quando questo arriva, viene assegnato a chi è clinicamente più grave e idoneo. Anche se porta una corona.

La diagnosi di fibrosi polmonare di Mette-Marit risale al 2018. Si tratta di una patologia che provoca una cicatrizzazione progressiva del tessuto polmonare, riducendo l’elasticità dei polmoni, compromettendo gli scambi gassosi e rendendo sempre più faticoso respirare. Già all’inizio del 2025, il Kongehuset, la Casa reale norvegese, aveva segnalato la presenza di sintomi quotidiani, un bisogno crescente di riposo e la necessità di una gestione più flessibile dell’agenda ufficiale. Con l’arrivo dell’autunno, nuovi accertamenti hanno documentato un peggioramento definito dagli stessi medici come “chiaro”, fino alla decisione, resa pubblica il 19 dicembre 2025, di avviare il percorso di valutazione per un trapianto presso il Rikshospitalet, l’unico centro norvegese autorizzato a eseguire questo tipo di interventi. Non esiste ancora una data per l’ingresso in lista, ma il percorso pre-trapianto è ufficialmente iniziato.

Il Presidente Della Repubblica Sergio Mattarella E La Sig.ra Laura,A Palazzo Reale,Con Sua Altezza Reale Il Principe Ereditario Del Regno Di Norvegia,Sua Maestà La Regina

Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e la Sig.ra Laura,a Palazzo Reale,con Sua Altezza Reale il Principe Ereditario del Regno di Norvegia,Sua Maestà la Regina Sonja (maggio 2023)

La stessa Mette-Marit, in un documentario televisivo, ha raccontato come l’evoluzione della malattia sia stata «più veloce di quanto sperasse», spiegando anche l’impatto psicologico di una prospettiva chirurgica complessa e non priva di rischi. Accanto a lei, il principe ereditario Haakon ha parlato pubblicamente di un respiro sempre più affannoso, percepito anche nella vita familiare. Il primo ministro Jonas Gahr Støre ha espresso apprezzamento per la scelta di rendere pubblica la situazione clinica, sottolineando come la trasparenza di una figura istituzionale possa aiutare molte altre persone che vivono condizioni simili lontano dai riflettori.

Il tema dei favoritismi è stato affrontato in modo diretto dal professor Are Martin Holm. «No, non sarà prioritaria rispetto agli altri», ha detto, spiegando come funziona concretamente una lista d’attesa per il trapianto di polmone. I pazienti restano raggiungibili in ogni momento, perché un organo compatibile può rendersi disponibile improvvisamente oppure non arrivare mai. L’ordine di assegnazione dipende da criteri clinici e biologici, come la gravità della malattia, la compatibilità immunologica, il gruppo sanguigno e la taglia dell’organo, non dall’identità del paziente. «Quando arriva un polmone, scegliamo chi è più malato tra quelli a cui quell’organo si adatta meglio», ha ribadito. È una regola applicata dal Rikshospitalet e coerente con i principi di uguaglianza del sistema sanitario norvegese, oltre che con il coordinamento nordico di Scandiatransplant, la rete che gestisce le liste comuni e le regole di allocazione degli organi tra i Paesi membri. In media, in Norvegia, il numero di persone considerate “pronte” al trapianto oscilla tra 20 e 40, mentre il centro di Oslo esegue poco più di 30 trapianti di polmone all’anno.

Dietro ogni decisione clinica esiste un impianto normativo preciso. La Patients’ Rights Act, approvata nel 1999, stabilisce il diritto a un accesso equo alle cure e la priorità per chi ha maggiore necessità clinica, a condizione che l’intervento abbia un beneficio documentabile e un rapporto costo-efficacia ragionevole. Nel 2013, le linee guida sulla priorità di accesso alle cure specialistiche sono state aggiornate per ridurre discrezionalità e differenze territoriali. In ambito trapiantologico, dove gli organi sono risorse estremamente limitate, le regole sono ancora più stringenti: criteri pubblici, tracciabilità completa e controllo costante del rispetto delle procedure. Valgono per tutti, anche per una figura di primo piano come Mette-Marit.

Dal punto di vista medico, la fibrosi polmonare, in particolare nella sua forma idiopatica, provoca una cicatrice diffusa che riduce progressivamente la capacità ventilatoria dei polmoni. I farmaci antifibrotici possono rallentare la progressione, ma non eliminano il danno già presente. Quando la funzione respiratoria scende sotto determinate soglie e il peggioramento prosegue nonostante le terapie, la valutazione per il trapianto diventa l’unica opzione terapeutica in grado di offrire una prospettiva di sopravvivenza. In Norvegia, questo percorso è centralizzato al Rikshospitalet, dove un’équipe multidisciplinare valuta gravità, eventuali altre patologie, idoneità fisica e capacità di affrontare il complesso percorso post-operatorio. I dati diffusi dall’ospedale indicano una sopravvivenza a un anno compresa tra l’85 e il 90 per cento e a cinque anni tra il 70 e il 75 per cento, risultati in linea, e in alcuni casi migliori, rispetto alle medie internazionali riportate dalla International Society for Heart and Lung Transplantation, ovvero la Società Internazionale di Trapianto di Cuore e Polmone. Nelle coorti più recenti, la sopravvivenza mediana in Norvegia è stimata attorno ai dieci anni.

I tempi di attesa restano imprevedibili. Il Rikshospitalet conferma che la lista dei pazienti pronti al trapianto varia continuamente e che la disponibilità di organi dipende da fattori biologici e dalla presenza di donatori compatibili. Negli anni Novanta, in Norvegia si eseguivano tra 10 e 15 trapianti di polmone all’anno; oggi l’attività si è stabilizzata intorno ai 30 interventi. Questa variabilità spiega perché i centri insistano sulla riabilitazione respiratoria, sull’allenamento fisico adattato e sulla prontezza logistica dei pazienti: essere pronti può fare la differenza quando arriva la chiamata.

Il sistema norvegese non opera in isolamento. Il Paese fa parte di Scandiatransplant, una rete che coinvolge 11 ospedali in sei Paesi nordici e baltici, con l’obiettivo di condividere organi e informazioni per aumentare le probabilità di compatibilità e ridurre i decessi in lista d’attesa. L’allocazione avviene secondo regole comuni, con controlli sulla trasparenza e sulla tracciabilità, dal donatore al ricevente. Per un lettore italiano, Scandiatransplant può essere paragonata alle grandi reti europee come Eurotransplant, con una differenza sostanziale: nei Paesi nordici la priorità è definita soprattutto da urgenza clinica e idoneità, più che da punteggi algoritmici complessi, anche se il processo è in costante evoluzione.

Sul piano pratico, per la famiglia reale norvegese questo significa un’agenda sempre più flessibile. Il Palazzo reale ha spiegato che Mette-Marit continuerà a partecipare agli impegni ufficiali quando le condizioni lo permetteranno, ma con cancellazioni più frequenti e comunicazioni anche all’ultimo momento. La scelta di comunicare apertamente il percorso clinico ha contribuito a spostare l’attenzione dai sospetti di privilegi alle regole concrete del sistema sanitario. In un Paese che ha fatto dell’uguaglianza di accesso alle cure uno dei suoi pilastri, ribadire l’assenza di corsie preferenziali serve a rafforzare la fiducia collettiva proprio quando la paziente è una figura simbolica.

Il percorso che attende Mette-Marit è complesso e rigoroso. Comprende l’ottimizzazione delle terapie, la riabilitazione respiratoria, il mantenimento di una condizione fisica adeguata, l’aggiornamento delle vaccinazioni e la prevenzione delle infezioni, con l’obiettivo di arrivare all’intervento nelle migliori condizioni possibili e di restare pronti alla chiamata. L’iscrizione in lista avverrà solo quando i medici riterranno che il bilancio tra rischi e benefici sia favorevole. Dopo l’intervento, il decorso prevede una lunga fase di terapia intensiva, l’assunzione di farmaci immunosoppressori per tutta la vita e controlli frequenti, con la consapevolezza che complicanze come infezioni o rigetto non sono rare, anche se gli esiti a medio termine sono generalmente positivi.

Il caso di Mette-Marit rappresenta, al di là della dimensione personale, un test di credibilità per le istituzioni sanitarie norvegesi. Di fronte a una paziente di altissimo profilo pubblico, il sistema ha ribadito la propria struttura: regole chiare, criteri clinici, supervisione di rete e comunicazione coordinata tra ospedale e Casa reale. La frase pronunciata davanti alle telecamere dal professor Are Martin Holm, «nessuna priorità per la principessa», sintetizza un principio che va oltre questo singolo caso. In un momento in cui l’attenzione mediatica è massima, la scelta è stata quella di applicare le regole esattamente come per ogni altro paziente.

Questa vicenda riguarda anche chi non appartiene a una famiglia reale. Ogni storia ad alta visibilità riporta al centro il tema della donazione degli organi, della trasparenza e dei criteri di allocazione. Scandiatransplant mostra come una cooperazione regionale basata su regole condivise possa ridurre le disuguaglianze e aumentare le possibilità di sopravvivenza. Vedere questo sistema all’opera su una figura come Mette-Marit rende evidente la domanda di fondo: come garantire che, sempre e comunque, l’urgenza clinica prevalga sullo status sociale.

Fonti: Rikshospitalet di Oslo, Kongehuset (Casa reale norvegese), Scandiatransplant, Patients’ Rights Act (1999), Linee guida norvegesi sulla priorità di accesso alle cure (2013), International Society for Heart and Lung Transplantation, dichiarazioni ufficiali del professor Are Martin Holm, interventi pubblici del primo ministro Jonas Gahr Støre, documentario televisivo su Mette-Marit.

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