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21 Dicembre 2025 - 18:29
Francesco Pecco Bagnaia e Alessandra Sgura di Prisma Laboratorio Artistico
Francesco “Pecco” Bagnaia si è fermato a casa.
Non per una pausa qualunque, ma per ricaricarsi di affetto, nel modo più semplice e potente possibile, a pochi mesi dall’inizio della nuova stagione di MotoGP.
Domenica 21 dicembre, a Chivasso, a Palazzo Einaudi, il campione della MotoGp ha attraversato la Galleria Cosola da protagonista silenzioso di una mostra che non parla di risultati, ma di legami.
La mostra si intitola “Il Nostro Campione in Mostra” ed è dedicata a lui. A Pecco Bagnaia.
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Non al personaggio mediatico, non al pilota celebrato a distanza, ma al ragazzo di Chivasso che ha portato il nome della città nel mondo senza mai recidere il filo con le sue origini. L’esposizione raccoglie i lavori realizzati dai bambini e ragazzi di Prisma Laboratorio Artistico, frutto di un percorso creativo iniziato la scorsa primavera e costruito con un’idea precisa: dire grazie.
Un grazie che non passa attraverso coppe o targhe, ma attraverso disegni, colori e immaginazione. Perché quando si vuole ringraziare qualcuno che è “uno di casa”, le parole spesso non bastano. E allora si prende un foglio bianco e si comincia da lì.
La mostra è questo: un gesto collettivo di riconoscenza. Pensato e realizzato dai più giovani, che delle sovrastrutture non sanno cosa farsene. Loro disegnano ciò che sentono. E se a ispirarli è Pecco Bagnaia, significa che Bagnaia non è solo un campione vincente, ma un riferimento vicino, concreto, possibile.
I lavori esposti raccontano Pecco in molti modi, tutti autentici. C’è il ritratto, affrontato senza presunzione, come un modo per dire io ti vedo così. C’è Turbo, il cane diventato presenza affettuosa e quasi simbolica, disegnato con occhi vivi, lingua di fuori e aria da compagno fedele. C’è il numero 63, ripetuto come un portafortuna, tratteggiato, colorato, sventolato come una bandiera personale. E poi la scritta “GoFree”, che nelle mani dei bambini perde ogni patina pubblicitaria e diventa un invito semplice alla libertà, al coraggio, alla velocità dell’essere se stessi.
Accanto a moto, caschi, coppe e corone, compaiono anche i simboli di Chivasso. Un dettaglio tutt’altro che marginale. Perché quei richiami urbani dicono una cosa chiara: ogni successo mondiale nasce sempre da un luogo preciso. E nessun traguardo, per quanto lontano, cancella il punto di partenza.
Il progetto fa poi un passo in più, ed è qui che diventa davvero originale. I bambini e i ragazzi hanno provato a immaginare il casco ideale di Pecco. Non come esercizio estetico fine a se stesso, ma come lavoro collettivo. I disegni sono stati osservati, scomposti, ricomposti. Colori e linee sono stati messi in dialogo per costruire grafiche sperimentali, caschi immaginari che raccontano identità, forza e storia attraverso lo sguardo dei più giovani. Ne nasce una serie di visioni che sembrano uscite da un laboratorio parallelo, dove ogni tratto ha un valore emotivo.
È importante dirlo con chiarezza: questa non è una mostra celebrativa nel senso classico. Non espone trofei, non racconta vittorie. Racconta un rapporto. Tra un campione e la sua comunità. Tra chi ce l’ha fatta e chi sogna di farcela. È un messaggio che va al pubblico, certo, ma soprattutto a lui. A Pecco. Un coro silenzioso e colorato che dice: ti seguiamo, ti sosteniamo, siamo fieri di te. Senza condizioni.
Pecco, quel messaggio, lo ha raccolto fino in fondo.
Arrivato nel pomeriggio a Palazzo Einaudi insieme alla moglie Domizia Castagnini e a Turbo, ha incontrato i bambini, sorriso, scattato foto, stretto mani. Ma soprattutto ha fatto una cosa che pesa più di qualsiasi dichiarazione: ha autografato tutte le opere. Una per una. Un gesto semplice, ma carico di rispetto. Perché riconosce il tempo, l’energia e l’emozione che stanno dietro ogni foglio.
All’inaugurazione erano presenti anche il sindaco Claudio Castello e il vicesindaco Pasquale Centin, a sottolineare il valore cittadino dell’iniziativa. Per Prisma Laboratorio Artistico c’erano Alessandra Sgura e il presidente Alessio Baroni, che hanno accompagnato i giovani artisti in un percorso durato mesi e capace di trasformare l’ammirazione in linguaggio educativo.
I protagonisti restano loro: i bambini e i ragazzi che hanno realizzato i lavori. Paolo Panebianco, Giovanni Molè, Marta Pizzo, Daniele Racco, Angelica Seemera Grella Grassi, Matilda Lo Cascio, Serena Caputo, Andrea Riscaldino, Vanessa Ivlan, Leonardo Grigoli, Alice Perri, Martina Icardi, Natalia Ielapi, Carlotta Milanesio, Lorenzo Oggero, Sofia Giacosa, Yulia Samantha Gamez Parra, Edoardo Intorcia, Rebecca Zappia, Giovanni Giovannardi, Ethan Riviera, Emma Frascina, Maria Luisa Nistor, Margot Tatti, Giuseppe Tacconi, Anna Puccio, Noah Cocomazzi, Ginevra Cuttano, Sofia Elena Nistor, Noemi Cerrano, Mia Pellegrino, Giovanni Libutti, Alessio Pavan, Sofia Mancuso, Alissa Leopea, Matteo Daniele, Vittoria Andrei, Martina Serra, Yanisha Giovannini, Nicole Giarratana, Giada Bogino ed Elisa Costache. Nomi che meritano di essere citati uno a uno, perché uno a uno hanno contribuito a costruire questo racconto.
C’è qualcosa, in questa storia, che va oltre l’evento. In un tempo in cui tutto scorre veloce e i risultati durano lo spazio di un titolo, questi disegni ricordano che il legame tra un atleta e la sua comunità può essere concreto, quotidiano, costruito gesto dopo gesto. Non è idolatria. È appartenenza.
Per Pecco Bagnaia, questa giornata è stata anche questo: una ricarica emotiva, un pieno di affetto prima di tornare a correre. Per Chivasso, è la conferma che quando un campione nasce da una città, la città cresce un po’ con lui. E quando sono i bambini a raccontarlo, il messaggio è chiaro: il talento è individuale, ma il sogno è sempre collettivo.
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