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Massimo, l'inventore di Valperga. L’uomo che scolpisce il tempo tra Kairos e Cronos

A Valperga un custode diventa artista inventore: oltre quattrocento orologi in legno, tutti unici, per raccontare il tempo lento dell’intuizione e della cura

Tra Kairos e Cronos: Massimo Data, l’uomo che scolpisce il tempo

Tra Kairos e Cronos: Massimo Data, l’uomo che scolpisce il tempo

C’è un tempo che scorre e un tempo che accade. I Greci li chiamavano Cronos e Kairos. Il primo è il tempo che si misura, che si lascia alle spalle i giorni, che avanza senza chiedere permesso. Il secondo è il tempo dell’intuizione, dell’occasione irripetibile, dell’attimo giusto che arriva quando meno te lo aspetti e che, se sai riconoscerlo, può cambiare tutto. È il tempo che non si pianifica e non si comanda, ma che si incontra.

La storia di Massimo Data nasce esattamente lì, in quel punto sottile e prezioso in cui Cronos e Kairos si sfiorano.

A Valperga, piccolo centro del Canavese dove le storie si intrecciano con discrezione e le persone si conoscono per nome, Massimo Data è noto come il custode di un’importante azienda locale.

Un lavoro concreto, quotidiano, scandito da orari e responsabilità. Ma appena il tempo “misurabile” concede una tregua, prende vita un’altra dimensione. È lì che emerge l’artigiano, l’inventore, l’uomo che al tempo non chiede di fermarsi, ma di raccontarsi. In paese lo definiscono così, con una naturalezza che vale più di mille etichette: un artista inventore.

I suoi orologi – a cucù, a pendolo, da tavolo – sono molto più che strumenti per segnare le ore. Chiamarli semplicemente “orologi” è riduttivo. Sono racconti in legno, piccoli mondi autosufficienti, opere uniche e irripetibili. Massimo Data ha iniziato a costruirli nel 2017, uno dopo l’altro, senza clamore, seguendo una passione che invece di spegnersi ha continuato a crescere, a maturare, a chiedere sempre di più. Ogni creazione nasce dal legno, materiale vivo, caldo, imperfetto quanto basta per essere umano. Alla manualità artigianale, affinata nel tempo, oggi si affiancano strumenti moderni: macchine laser, nuove tecniche di lavorazione, sperimentazione. Tradizione e innovazione non si combattono, convivono. Si parlano.

Quella di Massimo Data non è una passione improvvisa. È una storia che affonda le radici nella famiglia. Da bambino osservava con occhi pieni di stupore gli orologi di legno dello zio Antonio Valente, di Favria. Nessuna lezione formale, nessuna predica: solo l’esempio, il fascino silenzioso di quegli oggetti che sembravano vivi, capaci di muoversi e suonare seguendo regole misteriose. Quei meccanismi semplici e complessi allo stesso tempo hanno lasciato un segno profondo. Oggi, quello sguardo infantile non è scomparso: si è trasformato in gesto, in precisione, in attenzione quasi affettiva per ogni dettaglio.

Le sue opere prendono forma da ciò che vede e da ciò che immagina. Chiese, campanili, architetture familiari diventano ispirazione, così come visioni più audaci e universali, come il Big Bang. A volte tutto nasce da una fotografia, altre da un’idea che arriva all’improvviso e chiede solo di essere seguita. I cucù, in particolare, occupano un posto speciale nel suo percorso. Non sono semplici orologi: sono presenze, piccoli personaggi che sembrano dialogare con chi li osserva. Le dimensioni variano, generalmente tra i 25 e i 30 centimetri, ma ciò che non cambia è l’unicità. Nessuna replica, nessuna copia. Ogni orologio è certificato come pezzo unico, interamente progettato e realizzato da lui.

All’inizio, lo ammette con disarmante sincerità, i primi lavori non erano “chissà che”. Poi qualcosa è cambiato. La mano ha imparato, l’occhio si è educato, la ricerca della perfezione è diventata una compagna costante. Oggi le sue creazioni vengono definite “stupende” da chi le osserva. Lui ascolta, sorride, e risponde con una frase che dice molto più di quanto sembri: «Io li vedo tutti uguali. Sono tutti i miei bambini».

Ad oggi, Massimo Data ha costruito oltre quattrocento orologi. Sono sparsi in tutta Italia e anche oltre confine, con almeno un’opera arrivata in Francia. Tutti portano la sigla MD, le sue iniziali: una firma discreta, ma chiara. Un marchio che non è solo garanzia di autenticità, ma di tempo speso, di dedizione, di cura.

Eppure la sua curiosità non si ferma all’orologeria. Nel 2020 ha fatto parlare di sé con un’invenzione che ha attirato attenzione e curiosità: un monopattino alimentato da pannelli solari. Un’idea che racconta bene chi è Massimo Data: una mente sempre in movimento, capace di guardare al futuro senza dimenticare il valore del fare con le proprie mani, con un occhio attento alla sostenibilità e all’innovazione.

Osservare un orologio di Massimo Data in fotografia non basta. Dal vivo è tutta un’altra esperienza. Lo confermano in molti: il legno cambia, i dettagli emergono, le proporzioni si rivelano. Non è una semplice visione, è un incontro. Eppure, una volta terminata un’opera, per lui non esiste distacco. Ogni orologio continua a far parte di lui, come se un frammento del suo tempo rimanesse imprigionato tra ingranaggi e pendoli.

Forse è proprio questa la chiave del suo lavoro. In un mondo che corre ossessivamente dietro a Cronos, Massimo Datasceglie Kairos. Il tempo lento, quello dell’attenzione, della pazienza, della cura. I suoi orologi non servono solo a sapere che ora è. Servono a ricordarci che il tempo non è soltanto qualcosa che passa, ma qualcosa che si costruisce. Giorno dopo giorno. Con le mani, con la testa, con il cuore.

E finché esisteranno uomini capaci di dare forma al tempo, forse non saremo mai davvero in ritardo.

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