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21 Dicembre 2025 - 00:05
La Spagna cresce, i mercati la premiano: ma può un Paese andare avanti senza una legge di bilancio?
In una sala trading di Madrid, i monitor registrano uno scarto che fino a pochi anni fa sarebbe sembrato improbabile: il rendimento del Bono spagnolo decennale scende sotto quello dell’equivalente francese. La Spagna oggi si finanzia attorno al 3,3%, mentre la Francia paga circa 3,6%. È un capovolgimento dal forte valore simbolico se si ricordano gli anni 2012-2013, quando era Madrid a subire la diffidenza dei mercati. Il paradosso attuale è evidente: l’economia spagnola cresce più della media dell’Eurozona, ma il Paese governa con un bilancio vecchio di due anni, senza che per il 2025 sia mai arrivata in Parlamento una bozza di legge di bilancio.
Un recente articolo di Le Monde ha fissato i termini del confronto: crescita attesa al 2,8% nel 2025, dopo il 3,5% del 2024 e il 2,5% del 2023, debito pubblico stabilizzato e salario minimo aumentato del 61% dal 2018. Un quadro favorevole sul piano macroeconomico, che però convive con una fragilità istituzionale evidente.

Il presidente Sanchez
Le previsioni d’autunno della Commissione europea del 17 novembre 2025 indicano per la Spagna una crescita del 2,9% nel 2025 e del 2,3% nel 2026, con un’inflazione in discesa al 2,6% e un rapporto debito/PIL previsto sotto il 100% l’anno successivo. La Commissione certifica una dinamica superiore alla media dell’area euro e coerente con l’idea che una parte della periferia europea stia mostrando una maggiore capacità di adattamento. Sul consuntivo 2024, molte stime convergono su un 3,2%, leggermente inferiore al dato citato da Le Monde, ma comunque tra i migliori risultati dell’Eurozona.
Anche il Fondo Monetario Internazionale (FMI) conferma un’economia in fase espansiva: 3,2% nel 2024, 2,5% nel 2025, con un rallentamento fisiologico all’1,8% nel 2026. Secondo il FMI, i principali motori restano l’export di servizi, in particolare il turismo, una forza lavoro in aumento anche grazie all’immigrazione, e un mercato del lavoro robusto, pur con criticità strutturali legate a produttività e qualità dell’occupazione.
Sul fronte dei redditi, la misura più visibile è l’aumento del Salario Minimo Interprofessionale (SMI), cresciuto del 61% tra 2018 e 2025, come rivendicato dalla Moncloa. L’intervento, sostenuto dalla vicepresidente del Consiglio e ministra del Lavoro Yolanda Díaz, ha avuto un impatto significativo su donne e giovani e viene presentato come uno strumento di riduzione delle disuguaglianze. Resta aperto il dibattito sugli effetti di medio periodo, ma i dati disponibili non mostrano una contrazione dell’occupazione.
La dinamica del debito pubblico richiede una lettura puntuale. Nel primo trimestre 2025, secondo la Banco de España, il debito delle amministrazioni pubbliche si attesta al 103,5% del PIL, in calo di 2,8 punti rispetto all’anno precedente. La riduzione è graduale ma costante e si accompagna alle stime della Commissione europea, che indicano un ulteriore calo sotto la soglia del 100% nel 2026. Per un Paese che a inizio decennio temeva di restare stabilmente sopra il 120%, il cambio di passo è rilevante.
I mercati sembrano riflettere questa traiettoria. Nella prima metà di dicembre 2025, il decennale spagnolo oscilla intorno al 3,30%, spesso al di sotto del titolo equivalente francese, che viaggia tra 3,55% e 3,60%. Non si tratta di un giudizio definitivo, ma di una valutazione relativa del rischio sovrano, influenzata anche dalle difficoltà politiche di Parigi.
La solidità macroeconomica convive però con una politica a bassa trazione. Dopo i conti del 2023, il governo non è riuscito ad approvare nuovi bilanci né per il 2024 né per il 2025, senza neppure presentare una bozza per l’anno in corso. È una forzatura del calendario costituzionale che segnala un blocco parlamentare strutturale. Le cronache registrano la terza scadenza mancata al 30 settembre 2025 e una gestione in proroga che si prolunga nel tempo.
A marzo 2025, il presidente del governo Pedro Sánchez ha chiarito che, in assenza di un accordo, i bilanci del 2023 sarebbero stati prorogati senza ricorrere a elezioni anticipate. Una linea confermata nei mesi successivi, che ha consentito all’esecutivo di restare in carica ma senza ricostruire una maggioranza stabile. La frattura più evidente è arrivata in autunno, quando Junts per Catalunya ha formalizzato la rottura con l’esecutivo, privando il governo di un appoggio decisivo. La decisione, ratificata da un voto interno con circa l’87% di consensi, non ha prodotto una mozione di sfiducia, ma ha reso ogni passaggio parlamentare più incerto. Il 27 novembre 2025, la Camera dei Deputati ha bocciato anche il tetto di spesa per il 2026, completando un quadro di paralisi della finanza pubblica.
La fragilità politica affonda le radici nella legislatura avviata nel 2023, fondata su un accordo complesso tra PSOE (Partito Socialista Operaio Spagnolo), Sumar, indipendentisti baschi e catalani, sostenuto anche dalla controversa legge di amnistia sui fatti del 2017 in Catalogna. Nel giugno 2025, la Corte costituzionale ha confermato l’impianto della norma, ma l’esclusione del leader di Junts, Carles Puigdemont, per contestazioni legate al peculato, ha alimentato nuove tensioni. L’opposizione di Partido Popular (PP) e Vox continua a sfruttare ogni difficoltà dell’esecutivo, mentre la censura costruttiva prevista dalla Costituzione rende complesso un cambio di governo senza un’alternativa definita.
Nel frattempo, l’economia reale continua a muoversi. Nel 2024, la crescita del 3,2% è stata sostenuta da consumi e investimenti, con un contributo rilevante dei fondi Next Generation EU (strumento europeo per la ripresa). Per il 2025, le previsioni indicano un ritmo ancora sostenuto, favorito dal recupero del potere d’acquisto grazie all’inflazione in calo. Un indicatore della fiducia delle famiglie è il credito al consumo, tornato sui livelli più alti degli ultimi 18 anni, con erogazioni in forte crescita. I principali istituti, da BBVA a Sabadell fino a Unicaja, spingono su questo comparto in un contesto di tassi in discesa, mentre il governo segnala la necessità di vigilare sul credito non regolato, dove i tassi effettivi possono superare il 1.000%.
Il confronto con la Francia chiarisce perché oggi la Spagna risulti relativamente più appetibile per gli investitori. Pesano la traiettoria del deficit, che la Commissione europea proietta al -2,5% del PIL nel 2025, la riduzione graduale del debito e la percezione che l’instabilità parlamentare spagnola sia più gestibile delle incertezze politiche francesi emerse tra estate e autunno. Non è un giudizio di valore, ma una valutazione comparativa del rischio.
La proroga dei bilanci, tuttavia, ha un costo. Senza una nuova legge di bilancio, il governo non può intervenire in modo strutturale su fisco, sanità, istruzione o transizione energetica. La continuità amministrativa è garantita, ma la capacità di iniziativa resta limitata. Anche il calendario 2026 parte in salita, con il tetto di spesa bocciato e l’idea, coltivata dalla Moncloa, di poter governare finché la congiuntura resta favorevole e Bruxelles non chiede correzioni più incisive.
Il quadro resta esposto a rischi. Uno shock esterno che colpisca il turismo o un ritorno dell’inflazione potrebbe cambiare rapidamente lo scenario. Sul piano politico, la rottura con Junts per Catalunya riduce i margini parlamentari di Pedro Sánchez e rende ogni legge un passaggio incerto. Sul piano europeo, le nuove regole fiscali richiedono piani credibili di medio periodo, difficili da presentare senza un bilancio aggiornato.
Per Roma e Bruxelles, il caso spagnolo offre una doppia lezione. È possibile crescere sopra la media europea con politiche del lavoro espansive e una domanda interna solida anche in assenza di nuovi bilanci annuali. Ma senza una maggioranza coesa, quella crescita rischia di restare sospesa, senza tradursi in riforme capaci di aumentare la produttività e consolidare i conti. Nel frattempo, Madrid annuncia misure come l’abbonamento nazionale ai trasporti a 60 euro, ridotto a 30 per gli under 26, previsto per l’inizio 2026, iniziative che richiedono coperture finanziarie e coordinamento tra Stato, Regioni e imprese pubbliche.
In un editoriale, lo storico Benoît Pellistrandi ha scritto che il governo Sánchez “tiene”, ma che il suo destino appare compromesso. I fatti sono noti: bilanci fermi al 2023, maggioranza ridotta, sconfitte parlamentari ripetute. Allo stesso tempo, la Spagna mostra una resilienza istituzionale che limita gli strappi, mentre l’economia continua a produrre risultati. L’equilibrio può reggere finché i numeri macro restano favorevoli e non emerge un’alternativa parlamentare. Ma il tempo dei rinvii non è infinito. Prima o poi, anche con mercati indulgenti, servirà una legge di bilancio capace di riportare politica ed economia sullo stesso piano.
Fonti: Le Monde; Commissione europea – Autumn Forecast 2025; Fondo Monetario Internazionale (World Economic Outlook); Banco de España; Ministero del Lavoro spagnolo; Moncloa; dati di mercato sui titoli di Stato europei.
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