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20 Dicembre 2025 - 10:07
Gabriella Vai
Quando è arrivato il suo momento, la finale di The Voice Senior ha smesso di essere soltanto una gara televisiva ed è diventata un racconto umano, profondo, quasi intimo. Gabriella Vai, 60 anni, originaria di Sciolze, in provincia di Torino, è salita sul palco con quella postura che non appartiene ai concorrenti, ma alle persone che sanno perché sono lì. Nessun gesto superfluo, nessuna ricerca dell’effetto. Solo una donna, una voce e una storia lunga una vita.
La puntata conclusiva della sesta edizione, andata in onda venerdì 19 dicembre su Rai 1, ha riunito dodici finalisti, dodici percorsi diversi, dodici biografie che la musica non ha mai lasciato indietro. A condurre la serata è stata Antonella Clerici, che ha accompagnato il pubblico fino al verdetto finale con discrezione, lasciando che fossero le voci e le emozioni a occupare la scena. I coach — Arisa, Loredana Bertè, Nek, Clementino e Rocco Hunt — hanno seguito i loro artisti fino all’ultimo passo, consapevoli che, in un programma come questo, la vittoria è solo una parte del racconto.
Nel corso della serata finale, Gabriella Vai è apparsa esattamente per quello che è sempre stata durante il programma: un’artista fuori dagli schemi del talent, lontana dalla logica della performance a tutti i costi. Il suo percorso non è nato sul palco televisivo, ma in anni di lavoro silenzioso, di musicoterapia, di ricerca vocale, di arte vissuta come strumento di relazione. Gabriella si è sempre definita una poetessa, prima ancora che una cantante, e il suo modo di esprimersi — vocale e umano — ha portato sul palco qualcosa di raro, originale, profondamente autentico.



Il suo cammino a The Voice Senior 2025 è iniziato con una Blind Audition che aveva già detto molto di lei. Nella prima fase del programma aveva scelto “Stasera sono qui” di Luigi Tenco, un brano intimista, fragile, lontano da qualsiasi tentazione spettacolare. Una scelta che aveva convinto tutti i coach, colpiti non tanto dalla potenza della voce, quanto dalla sua capacità di raccontare una storia. Alla fine Gabriella aveva scelto di entrare nel Team Loredana Bertè, che fin da subito aveva intuito di avere davanti un’artista non convenzionale.
Nel corso delle puntate successive, Gabriella aveva continuato a costruire il suo percorso senza mai tradire se stessa. In semifinale, nella puntata del 12 dicembre, aveva conquistato l’accesso alla finale con “La compagnia” di Lucio Battisti, un’interpretazione intensa e misurata, capace di parlare di solitudine e di bisogno senza mai scivolare nel melodramma.
Arrivata alla finale, la serata ha preso la forma di un lungo racconto corale. Dal Team Nek sono saliti sul palco, oltre al futuro vincitore Francesco De Siena, anche Tiziano Cavaliere e Jacqueline Schweitzer, portando interpretazioni diverse ma accomunate da solidità e mestiere. Il Team Arisa ha schierato Giovanna Russo, voce elegante e intensa, insieme ad Anna Maria Rossicchi e Sonia Milan, che hanno dato corpo a un percorso fatto di sensibilità e rigore. Dal Team Clementino e Rocco Hunt sono arrivate esibizioni cariche di carattere e identità, con Pierluigi Lunedei, Carmelo Sciplino e Cosimo Ventruti capaci di tenere il palco con energia e personalità. Nel Team Loredana Bertè, oltre a Gabriella, hanno trovato spazio anche Francesca Visentin e Francesca De Fazi, completando un gruppo fortemente istintivo, più interessato alla verità emotiva che alla strategia.
Nel momento della sua esibizione, Gabriella ha scelto “A chi” di Fausto Leali, un brano carico di memoria e sentimento. Una canzone che molti affrontano puntando sulla potenza vocale, sull’urlo, sull’impatto immediato. Lei ha fatto l’esatto contrario. Ha rallentato, ha scavato, ha lasciato che ogni parola trovasse il suo spazio. La sua interpretazione è stata trattenuta, profonda, mai gridata. Ha cantato come se stesse parlando a qualcuno, non come se stesse gareggiando contro qualcuno.
In studio si è avvertito chiaramente quel cambio di atmosfera che solo alcune esibizioni riescono a creare. Il pubblico ha ascoltato in silenzio, i coach sono rimasti immobili. Loredana Bertè, che per tutto il percorso l’aveva sostenuta con convinzione, l’aveva definita più volte “un’aliena”, non per stranezza, ma per quella intensità artistica che non si lascia incasellare.
Al termine della prima fase, il televoto ha decretato i quattro super finalisti: Francesco De Siena, Giovanna Russo, Pierluigi Lunedei e Carmelo Sciplino. Gabriella Vai non ha superato questo passaggio, ma la sua uscita di scena è stata tutt’altro che anonima. È stata accompagnata da un applauso lungo e sincero, da quella sensazione diffusa che la sua esibizione avesse già lasciato il segno.
La manche conclusiva ha poi incoronato Francesco De Siena come vincitore della sesta edizione di The Voice Senior, regalando a Nek la sua prima vittoria da coach. Il rito televisivo si è compiuto tra abbracci, lacrime e applausi. La gara si è chiusa, il programma ha trovato il suo vincitore.
Ma la serata non si è esaurita nel verdetto. Perché The Voice Senior, ancora una volta, ha dimostrato che non tutte le storie hanno bisogno di una coppa per restare. Alcune restano perché parlano piano, perché non cercano consenso, perché arrivano dritte. La storia di Gabriella Vai, partita da Sciolze e arrivata sul palco di Rai 1, è stata una di queste.
Ha portato in televisione un’idea diversa di canto, più vicina all’ascolto che alla prestazione, più legata al senso che al risultato. Ha ricordato che la voce non serve solo a farsi sentire, ma anche a farsi capire. Insomma, The Voice Senior ha scelto un vincitore, ma ha regalato al pubblico qualcosa di più raro: una voce che non ha chiesto applausi e proprio per questo è rimasta.
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