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19 Dicembre 2025 - 13:25
Influenza, 816 mila casi in una settimana: il ceppo K accelera i contagi
C’è un corridoio d’ospedale, in una mattina feriale di dicembre, in cui i numeri smettono di essere astratti e diventano pressione concreta: posti letto saturi, pediatrie al limite, ambulatori intasati, pronto soccorso che rallentano. Poi il dato arriva e mette ordine nel rumore. In Italia, in soli sette giorni, si contano oltre 816.000 nuovi casi di sindromi respiratorie acute. Sono più di 100.000 in più rispetto alla settimana precedente. Quasi la metà è attribuibile all’influenza. E dentro l’influenza emerge un protagonista che ha cambiato l’equilibrio della stagione: il ceppo K del virus A/H3N2, oggi diventato dominante. A certificarlo è il sistema di sorveglianza RespiVirNet dell’Istituto Superiore di Sanità, che aggiunge un punto chiave: questo ceppo mostra un vantaggio evolutivo che ne aumenta la capacità di diffusione, ma non presenta – almeno per ora – segnali di maggiore severità clinica. Tradotto: più contagi, non necessariamente più gravi. Ma concentrati nello stesso momento. Ed è sufficiente a mettere sotto stress il sistema sanitario.
Secondo RespiVirNet-ISS, nell’ultima settimana monitorata i casi di ARI superano quota 816.000, con oltre il 40% riconducibile ai virus influenzali e più della metà di questi legata proprio al ceppo K di A/H3N2. L’impatto più evidente si registra tra i più piccoli. I bambini sotto i 4 anni mostrano un’incidenza tripla rispetto alla popolazione generale: 42 casi per mille contro 14,7. In Sardegna e Campania, nel giro di pochi giorni, l’intensità è salita a livelli definiti “molto alti”, con valori rispettivamente di 23,61 e 21,07 per mille. In Sicilia l’intensità è classificata “alta”, con 17,61. Sono numeri che spiegano la pressione crescente sui pronto soccorso pediatrici e sugli studi dei medici di famiglia.
L’ISS ribadisce che, nonostante il vantaggio evolutivo del ceppo K, non emergono segnali di maggiore virulenza. Le stime preliminari indicano inoltre che i vaccini stagionali continuano a offrire protezione contro l’ospedalizzazione, pur con margini di incertezza sulla capacità di prevenire le forme cliniche più lievi. Il quadro italiano si inserisce in una dinamica più ampia. L’OMS Regione Europa segnala una stagione influenzale partita con circa quattro settimane di anticipo, con almeno 27 Paesi su 38 già in attività influenzale alta o molto alta. Anche qui il protagonista è lo stesso: il sottoclade K dell’A(H3N2), noto anche come J.2.4.1, che in alcune aree arriva a rappresentare fino al 90% delle conferme. Il direttore regionale dell’OMS Europa, Hans Kluge, lo dice senza giri di parole: aumentano i casi e la pressione sui servizi, ma non c’è evidenza di una maggiore gravità intrinseca rispetto ai ceppi precedenti.
Nel Regno Unito, i report settimanali dell’UK Health Security Agency confermano che la maggior parte dei virus A(H3N2) sequenziati appartiene al clade J.2.4.1 / subclade K, con segnali di bassa reattività antigenica rispetto alla componente H3N2 del vaccino attuale nei test su sieri animali. Nonostante questo, le prime analisi di efficacia vaccinale indicano che i vaccini continuano a fornire protezione contro la malattia clinica, soprattutto contro gli esiti più severi. Sul fronte americano, la PAHO/OMS richiama a rafforzare vaccinazioni e sorveglianza alla luce della diffusione globale del subclade K, mentre i CDC statunitensi descrivono una co-circolazione di cladi A(H3N2) geneticamente diversificati, con mutazioni sulla proteina HA associate a una ridotta riconoscibilità antigenica, ma con una performance vaccinale ancora significativa contro le forme gravi. Da qui la raccomandazione a non ritardare l’uso di antivirali nei pazienti a rischio.
Il ceppo K non è un virus nuovo in senso assoluto, ma un ramo evolutivo del virus influenzale A/H3N2. Nel linguaggio della filogenetica, si tratta di un sottoclade che ha accumulato mutazioni nelle proteine di superficie, in particolare emoagglutinina (HA) e neuraminidasi (NA), influenzando la capacità del virus di essere riconosciuto dagli anticorpi. Le evidenze attuali indicano che queste modifiche conferiscono un vantaggio nella trasmissione e una parziale capacità di eludere le difese indotte dal vaccino nel prevenire l’infezione. Quello che non emerge, ed è un dato centrale, è un aumento intrinseco della gravità clinica. Gli ospedali si riempiono perché i casi sono molti e ravvicinati, non perché il virus sia più aggressivo sul singolo individuo.
La domanda che circola con insistenza è sempre la stessa: se il vaccino combacia meno con H3N2-K, ha ancora senso farlo? Le risposte delle agenzie pubbliche convergono. Sì. Anche in presenza di un mismatch parziale, la vaccinazione riduce il rischio di ospedalizzazione, complicanze e decessi, soprattutto nei soggetti fragili. L’OMS Europa, l’UKHSA e l’ISS parlano di una protezione che continua sugli esiti severi. Inoltre, i vaccini quadrivalenti coprono anche altri ceppi in circolazione, come A/H1N1pdm09 e B/Victoria, ampliando il beneficio complessivo. In Italia, dove le coperture restano storicamente basse tra bambini, anziani, donne in gravidanza e persone con patologie croniche, ogni punto percentuale in più di adesione si traduce in meno ricoveri tra dicembre e gennaio.
Dal fronte antivirali arrivano segnali incoraggianti. I dati dell’ECDC indicano che la quota di virus A(H3N2) con ridotta sensibilità agli inibitori della neuraminidasi, come oseltamivir e zanamivir, o agli inibitori dell’endonucleasi come baloxavir, resta molto bassa. In pratica, per anziani, soggetti con comorbilità, donne in gravidanza, residenti in RSA e bambini molto piccoli con quadri clinici impegnativi, l’avvio tempestivo della terapia antivirale può essere considerato anche senza attendere l’esito del tampone, soprattutto nelle fasi di alta circolazione influenzale. Il tempo, in questi casi, è una variabile decisiva.
I bambini sono il principale motore della diffusione. L’incidenza tripla nella fascia 0-4 anni riflette una immunità recente più debole contro H3N2 e dinamiche di contatto tipiche di nidi e scuole dell’infanzia. Da qui parte una trasmissione che si estende alle famiglie e agli anziani. Il balzo osservato in Sardegna e Campania in una sola settimana indica un fronte d’onda che si accende rapidamente, favorito da mobilità pre-natalizia, eventi al chiuso, condizioni meteo e coperture vaccinali non ottimali. Non è un’anomalia locale, ma la fotografia di una stagione eterogenea, capace di esplodere a macchia di leopardo. L’OMS Europa colloca il picco atteso tra fine dicembre e inizio gennaio. La finestra per ridurre l’impatto è adesso.
Distinguere clinicamente tra influenza, RSV e COVID-19 resta complesso, soprattutto nei casi lievi. Nei soggetti a rischio, nei contesti come le RSA o quando il risultato può cambiare la gestione terapeutica, il test mantiene un valore concreto. Per i casi lievi in persone sane, conta di più l’isolamento responsabile durante la fase contagiosa, l’idratazione e l’attenzione ai segnali di peggioramento. La co-infezione è possibile, e la protezione con vaccini distinti resta complementare.
Il quadro che emerge è quello di una stagione guidata da un virus più abile a diffondersi, non più “cattivo” in senso clinico. Il resto lo fanno la densità sociale delle feste, gli ambienti chiusi e una copertura vaccinale insufficiente. L’immagine finale è quella dei cerchi nell’acqua: un bambino che porta il virus a casa, un nonno che si ammala, un accesso in più in pronto soccorso. Interrompere uno di quei cerchi, oggi, con una vaccinazione, una mascherina quando serve o una giornata di riposo in più, è un gesto piccolo che ha un peso collettivo enorme.
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