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Agricoltura sacrificata sull’altare del Mercosur? Trattori, scontri e paura di un’Europa che taglia chi produce cibo

Scontri davanti al Parlamento europeo, migliaia di agricoltori in piazza e un’accusa diretta alle istituzioni Ue: meno soldi alla Politica agricola comune, più importazioni da Paesi con regole diverse. Il 18 dicembre a Bruxelles non è solo cronaca, ma un segnale politico che interroga il futuro dell’agricoltura europea

Agricoltura sacrificata sull’altare del Mercosur? Trattori, scontri e paura di un’Europa che taglia chi produce cibo

Una patata colpisce l’asfalto di Place du Luxembourg e rotola fino ai cordoni della polizia belga. A pochi metri, una fila compatta di circa mille trattori resta al minimo, cofano contro cofano, come una barriera improvvisata. In mezzo, circa ottomila persone scandiscono lo stesso ritornello contro i tagli e contro Mercosur. È mezzogiorno del 18 dicembre 2025 e Bruxelles, davanti al Parlamento europeo, assume l’aspetto di uno scontro a bassa intensità: idrantie lacrimogeni da una parte, patate e barbabietole dall’altra. A poche centinaia di metri, nello stesso momento, i leader dell’Unione europea (Ue) discutono di politica economica e commerciale. La protesta non è una scena isolata, ma un passaggio politico preciso: una contestazione pubblica della futura Politica agricola comune (PAC) e dell’accordo commerciale Ue–Mercosur, negoziato da oltre venticinque anni e arrivato a una fase che molti definiscono decisiva.

Mentre le sirene lampeggiano e l’acqua degli idranti riempie l’aria, il calendario istituzionale non si ferma. Il Consiglio europeo riunito lo stesso giorno affronta due dossier strettamente intrecciati: l’intesa con Argentina, Brasile, Paraguay e Uruguay, che compongono il blocco Mercosur, e la riforma della PAC oltre il 2027. Sulla carta, il trattato promette l’accesso a un mercato di circa 780 milioni di consumatori e la riduzione progressiva dei dazi nell’arco di quindici anni. Per molti agricoltori europei, però, il rischio è l’ingresso sul mercato di prodotti agricoli a prezzi più bassi, realizzati con norme su pesticidi, benessere animale e tracciabilità diverse da quelle vigenti nell’Unione europea. Questo è il punto centrale della contrapposizione.

Le cifre della giornata aiutano a capire la portata della mobilitazione. I trattori, inizialmente stimati in poche decine, diventano circa mille già a metà mattinata. I manifestanti oscillano tra le 7.000 e le 10.000 persone secondo le stime di autorità e cronisti. La polizia di Bruxelles interviene con cannoni ad acqua e gas lacrimogeni dopo il lancio di ortaggi, uova e l’accensione di copertoni. In alcuni punti vengono danneggiati arredi urbani e vetrate, con la chiusura temporanea di tunnel e assi viari verso il Quartiere europeo. Tra i bersagli della protesta compaiono cartelli contro la Commissione europea e contro la presidente Ursula von der Leyen, indicata come una delle principali sostenitrici della chiusura dell’accordo commerciale. Nel caos delle cariche e dei riposizionamenti, diversi giornalisti segnalano intimidazioni e colpi accidentali.

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La tensione esplode ora perché due percorsi politici si incontrano. Da un lato, l’accordo Ue–Mercosur, il più ampio mai negoziato da Bruxelles dopo quello con il Canada, considerato strategico sul piano commerciale ma contestato da anni da agricoltori e ambientalisti. Dall’altro, la revisione della PAC, che nel quadro finanziario pluriennale 2028–2034prevede una dotazione di almeno 300 miliardi di euro per i pagamenti agricoli, in un bilancio complessivo in cui l’agricoltura scende al 16–17% della spesa Ue, rispetto a oltre il 32% del periodo 2021–2027. Per molti agricoltori, quei 300 miliardi rappresentano un arretramento rispetto ai 386 miliardi attuali. La Commissione europea replica sostenendo che gli aiuti saranno più mirati e che i redditi resteranno invariati grazie a nuovi strumenti, come il fondo di sicurezza da 6,3 miliardi di euro, denominato Unity Safety Net, e la possibilità di attingere al nuovo Fondo nazionale e regionale da 865 miliardi di euro. In piazza, però, prevale la convinzione che il peso politico dell’agricoltura stia diminuendo a favore di difesa e competitività, mentre aumentano i costi di energia, mangimi e credito e il clima rende più incerti raccolti e redditi.

Nelle conversazioni raccolte tra i manifestanti emerge un messaggio ricorrente: non si tratta di rifiutare il commercio, ma di denunciare regole diverse. Molti agricoltori sostengono di non poter competere con produzioni realizzate usando sostanze vietate in Europa o con standard ambientali meno rigorosi. Su questa linea si collocano governi come quello della Francia e dell’Italia. Il presidente Emmanuel Macron ribadisce che Parigi non è pronta a firmare senza garanzie di reciprocità e controlli stringenti. Roma, insieme a Belgio, Austria, Polonia e Irlanda, spinge per un rinvio. Al contrario, Germania e Spagna sottolineano il valore strategico dell’accordo come risposta alle restrizioni commerciali della Cina e ai dazi degli Stati Uniti, oltre al potenziale beneficio per le esportazioni europee di macchinari, automobili, vini e bevande.

La cronaca della protesta segue una geografia precisa. Il presidio si divide tra l’area del Consiglio europeo e Place du Luxembourg, davanti al Parlamento europeo, dove si concentrano i momenti più tesi. Bengala, petardi, pneumatici incendiati e lanci ripetuti di ortaggi si alternano alle avanzate degli idranti. In alcuni frangenti, i trattori tentano di avvicinarsi alle zone interdette. Le autorità avevano autorizzato una manifestazione di dimensioni contenute, ma l’afflusso cresce rapidamente con delegazioni provenienti da tutti i 27 Stati membri dell’Ue. In strada compaiono anche giovani agricoltori e cooperative, con cartelli che richiamano la sopravvivenza delle aziende familiari e una bara simbolica con la scritta Agricoltura. Tunnel e arterie di accesso al quartiere istituzionale vengono chiusi, con effetti immediati sul traffico cittadino, mentre alcune sedi aumentano la sorveglianza e limitano gli ingressi.

Parallelamente, nelle sedi istituzionali si tenta una risposta politica. Il Consiglio dell’Unione europea approva le misure di semplificazione della PAC, note come Omnibus III, con l’obiettivo di ridurre la burocrazia, aumentare i pagamenti ai piccoli agricoltori, alleggerire i controlli in azienda e accelerare gli aiuti in caso di crisi climatiche. Dopo l’accordo politico con il Parlamento europeo raggiunto a novembre, la presidenza di turno presenta queste misure come un modo per rendere più semplice fare agricoltura in Europa, stimando risparmi fino a 1,6 miliardi di eurol’anno in oneri amministrativi per gli agricoltori e oltre 200 milioni per le amministrazioni nazionali. Resta da capire se questo basterà a ridurre la tensione nelle campagne.

Il capitolo Mercosur rimane il più sensibile. La Commissione europea continua a indicare la fine dell’anno come obiettivo per la chiusura dell’accordo e lavora su clausole di salvaguardia per alcune filiere. La finestra politica, però, è stretta. Il presidente brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva chiede da mesi un via libera rapido, mentre in Europa cresce il fronte contrario. Anche nel Parlamento europeo la procedura di ratifica diventa terreno di scontro, dopo una recente bocciatura, per motivi procedurali, di un tentativo di bloccare il percorso attraverso un ricorso alla Corte di giustizia dell’Unione europea. Questo stallo alimenta la percezione di opacità denunciata dagli agricoltori.

Sul tavolo dei decisori si intrecciano tre livelli. C’è l’equilibrio economico tra filiere agricole e settori esportatori, con la concorrenza di carne bovina e zucchero sudamericani che pesa su Francia, Irlanda, Polonia e parte dell’Italia, mentre il manifatturiero europeo guarda con interesse ai mercati sudamericani. C’è la dimensione geopolitica, che vede nell’accordo un possibile contrappeso all’influenza di Cina e Stati Uniti, ma anche il rischio di indebolire gli obiettivi climatici senza controlli efficaci. C’è infine il piano sociale, segnato dalla riduzione della quota della PAC nel bilancio e dall’incertezza dei redditi agricoli, un fattore che da anni incide sul consenso politico nelle aree rurali.

Al di là degli slogan, le richieste che emergono tra i manifestanti riguardano l’equivalenza degli standard produttivi tra importazioni e produzioni europee, l’attivazione automatica di salvaguardie su volumi e prezzi in caso di squilibri, la stabilità dei pagamenti diretti e strumenti anticrisi finanziati in modo adeguato, oltre a una semplificazione burocratica concreta e verificabile. L’Omnibus III promette risposte su questo ultimo punto, ma molti attendono riscontri pratici.

Nelle prossime settimane, la Commissione europea dovrà chiarire come saranno distribuiti i 300 miliardi di eurodella futura PAC, con simulazioni per categorie e Stati membri, e come funzionerà il fondo di sicurezza nei diversi scenari di crisi. Sul fronte Mercosur, la decisione resta eminentemente politica: con Francia e Italia prudenti, una firma senza nuovi impegni su controlli e sostenibilità appare difficile. Intanto, Bruxelles si prepara a nuove mobilitazioni, consapevole che la protesta agricola ha dimostrato una capacità di coordinamento transnazionale già vista nel 2024 e confermata in questa giornata.

Quando gli idranti si spengono e i trattori iniziano a lasciare Place du Luxembourg, resta uno scarto evidente tra il linguaggio dei palazzi, fatto di competitività e mercati, e quello della piazza, che parla di tempo, clima, debito e lavoro. Colmare questa distanza richiederà numeri chiari, regole applicabili e un percorso trasparente su bilancio e semplificazione. In caso contrario, ogni gesto di protesta rischia di trasformarsi in un voto simbolico contro l’intera architettura economica europea. Del 18 dicembre resta l’immagine di migliaia di persone e centinaia di mezzi agricoli davanti alle istituzioni dell’Unione europea, e un’agenda che non può più essere rinviata.

Fonti: Commissione europea, Consiglio europeo, Consiglio dell’Unione europea, Parlamento europeo, Ministero dell’Agricoltura francese, Ministero dell’Agricoltura italiano, agenzie di stampa europee, cronisti accreditati a Bruxelles.

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