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18 Dicembre 2025 - 19:43
Riforma condomini, cosa cambia davvero: chi paga regolarmente rischia di coprire anche i morosi
La riforma dei condomìni torna in Parlamento dopo tredici anni e non è una semplice manutenzione normativa. Con il disegno di legge AC 2692, presentato il 17 dicembre e sostenuto da Fratelli d’Italia, la politica decide di intervenire su uno degli spazi più quotidiani e conflittuali della vita italiana: il condominio. Un luogo dove si incrociano soldi, lavori, morosità, potere e responsabilità, e dove le regole – secondo i promotori – non reggono più il peso di una realtà sempre più complessa.
La riforma del 2012 aveva provato a mettere ordine, ma oggi il Parlamento parla apertamente di crepe strutturali: poca trasparenza, controlli deboli, professionalità disomogenee. Da qui l’ambizione di riscrivere l’architettura della gestione condominiale, incidendo non solo sugli amministratori, ma direttamente sulle famiglie, sui loro conti e sui rapporti di forza tra vicini.
Il punto più divisivo è quello che riguarda chi comanda davvero nei condomìni. Il disegno di legge impone una svolta netta: per fare l’amministratore servirà una laurea, anche triennale, in ambito economico, giuridico o tecnico-scientifico. Una barriera d’ingresso che cancella di fatto la figura “artigianale” dell’amministratore e ridisegna il profilo professionale del ruolo.
Chi è già in attività non viene colpito in modo uniforme. Sono previste deroghe per chi è iscritto a ordini o albi professionali dell’area tecnica o giuridica, come geometri e periti. Restano invece scoperti molti amministratori storici senza titolo universitario, che temono una progressiva espulsione dal mercato.
A rafforzare il controllo arriva anche un elenco ufficiale presso il Ministero delle Imprese e del Made in Italy, obbligatorio non solo per gli amministratori ma anche per i revisori condominiali. Chi lavora senza iscrizione rischia sanzioni. Confermati, e rivisti, anche gli obblighi di formazione e aggiornamento continuo.
Tra le novità meno controverse c’è il rinnovo automatico dell’incarico annuale dell’amministratore, salvo decisione contraria dell’assemblea. Una risposta pratica a un problema cronico: assemblee che non raggiungono il quorum e condomìni lasciati senza guida, con poteri ridotti e responsabilità sospese.
La norma punta a garantire continuità gestionale, ma rafforza anche la posizione dell’amministratore, rendendo più difficile il cambio se non c’è una maggioranza chiara.
Il cuore della riforma è la stretta sulla gestione del denaro. La regola è semplice e drastica: niente più contanti. Ogni pagamento dovrà transitare esclusivamente dal conto corrente condominiale, bancario o postale. L’obiettivo dichiarato è eliminare zone grigie, sospetti e contenziosi.
Cambiano anche i rendiconti, che diventano documenti strutturati e uniformi: situazione patrimoniale aggiornata, ripartizione chiara delle spese, conguagli, arretrati. Non più elenchi confusi, ma una fotografia fedele dei conti.
Nei condomìni con oltre venti condòmini scatta l’obbligo del revisore, con mandato biennale non rinnovabile. Nei più piccoli l’obbligo non c’è, ma gli standard contabili si alzano comunque. La direzione è chiara: meno discrezionalità, più controlli.
La riforma interviene su uno dei nodi più esplosivi: chi paga e chi no. Le azioni di recupero nei confronti dei morosi non scatteranno più automaticamente entro sei mesi, ma solo dopo l’approvazione del rendiconto, che può arrivare fino a 180 giorni. Un allungamento che alleggerisce il lavoro dell’amministratore, ma concede più tempo a chi è in ritardo.
Molto più forte è invece il segnale ai fornitori. Se il condominio non paga, imprese e professionisti potranno rivalersi direttamente sul conto corrente condominiale e, se necessario, anche sui condòmini in regola. Cade il principio per cui il peso dell’insolvenza resta confinato ai morosi certificati.
È una tutela per chi lavora, ma introduce una responsabilità collettiva che rischia di scaricare le inefficienze su tutti, alimentando nuove tensioni tra vicini.
Sul fronte della sicurezza, il disegno di legge riduce gli spazi di inerzia. Le parti comuni dovranno essere verificate da società specializzate e, in caso di rischi, l’amministratore potrà intervenire anche senza l’ok dell’assemblea, ordinando i lavori necessari. Una norma pensata per evitare ritardi pericolosi e scarichi di responsabilità.
Per i lavori straordinari cambia anche la gestione finanziaria: il fondo spese dovrà essere costituito integralmente fin dall’inizio, senza rate legate allo stato di avanzamento. Più garanzie per le imprese, meno margini di manovra per i condomìni in difficoltà di liquidità.
Infine, arriva una nuova figura obbligatoria: il responsabile della protezione dei dati personali, nominato dall’assemblea. La privacy entra ufficialmente nella governance condominiale, riconoscendo che anche scale e cortili sono ormai luoghi di circolazione di dati sensibili.
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