AGGIORNAMENTI
Cerca
Esteri
18 Dicembre 2025 - 06:14
Chi paga il prezzo delle frontiere europee? I bambini morti lungo le rotte migratorie nel 2025
Alla vigilia della Giornata internazionale del migrante, mentre a Bruxelles si discutono patti, regolamenti e liste di Paesi “sicuri”, c’è una realtà che non entra nei comunicati ufficiali. È fatta di numeri secchi, raccolti sul campo, che raccontano altro. Nel 2025, lungo le rotte migratorie del mondo, sono morte quasi 9.000 persone. Tra loro almeno 278 erano minori. Non “migranti” in senso astratto, ma bambini, bambine e adolescenti. Di questi, 136 sono morti annegati. Il mare continua a essere la principale causa di morte. A certificare questi dati è Save the Children, non un gruppo politico, ma un’Organizzazione che da oltre cento anni lavora dove le politiche diventano effetti concreti.

Il primo elemento che colpisce è che questi numeri non sono completi. Riguardano solo chi è stato ritrovato, identificato, contato. Tutti gli altri restano fuori. Dispersi anche nelle statistiche. Save the Children parla apertamente del 2025 come dell’anno più letale mai registrato per la migrazione globale. Non perché le persone si muovano di più, ma perché muoversi è diventato più pericoloso. L’inasprimento dei controlli alle frontiere, sostenuto dall’Unione europea, non ha fermato le partenze. Le ha rese più rischiose, più opache, più dipendenti da reti criminali. E come spesso accade, l’impatto maggiore ricade sui minori.
Il Mediterraneo centrale resta la rotta più mortale al mondo per i bambini in movimento. Lo è dal 2016. Chi parte dal Nord Africa verso l’Europa affronta un percorso che non è solo una traversata in mare, ma una catena di violenze che inizia molto prima dell’imbarco e spesso continua anche dopo l’arrivo. Subito dopo vengono la rotta atlantica e il Mediterraneo orientale, mentre la rotta balcanica continua a funzionare come una trappola a cielo aperto per migliaia di persone, comprese molte che non hanno ancora compiuto diciotto anni.
Il rapporto “Traversing Danger” di Save the Children non descrive eccezioni, ma un sistema. Tutti i minori intervistati raccontano di aver subito violazioni dei propri diritti. Estorsioni, violenze fisiche, abusi sessuali. Succede nei Paesi di origine, durante il viaggio e anche alle frontiere europee. Dalla fuga da conflitti e povertà in Paesi come il Sudan, fino ai respingimenti e alla detenzione in Europa. Non esiste una fase del percorso che possa essere definita davvero sicura.
Le conseguenze non sono solo visibili sul corpo. Gli operatori segnalano un aumento costante di disturbi legati a traumi complessi, ansia, depressione e isolamento sociale. Molti minori hanno visto morire familiari, altri si sono separati dai genitori lungo il viaggio. E mentre i bisogni crescono, le risorse diminuiscono. Save the Children denuncia tagli globali ai programmi di protezione dei minori migranti, soprattutto nelle aree di frontiera. È un arretramento che lascia spazio a violenze, sparizioni e sfruttamento.
La rotta dalla Libia alla Grecia è uno degli esempi più chiari. Nel 2025 il 42 per cento degli arrivi via mare verso Creta è passato da qui, con un aumento del 350 per cento rispetto al 2024. I principali Paesi di origine sono Egitto, Sudan e Bangladesh, seguiti da Eritrea, Sud Sudan e Yemen. Oltre un quinto degli arrivi è composto da minori. Il 30 per cento viaggia senza familiari. Tutti i minori intervistati riferiscono di aver subito violenze o sfruttamento in Libia. Molti sono stati detenuti per mesi in container. Alcuni sono stati costretti a guidare le imbarcazioni durante la traversata. All’arrivo in Grecia, per qualcuno il viaggio si trasforma in un’accusa di traffico di esseri umani.
Dal 2023, con l’esplosione del conflitto in Sudan, circa 1,5 milioni di persone sono arrivate in Egitto. Fino a settembre 2025, quasi il 74 per cento era composto da donne e bambini. Molti minori non si fermano. Proseguono verso la Libiao si imbarcano direttamente per la Grecia. Tra i 50 minori sudanesi intervistati, più della metà ha perso familiari durante il viaggio. Venti si sono separati dai genitori. Trentaquattro hanno dovuto affidarsi ai trafficanti per attraversare i confini. Le violenze subite, anche di genere, restano in larga parte senza risposta per la carenza di servizi di salute mentale.
Sulla rotta balcanica, che attraversa Serbia e Bosnia Erzegovina, i minori rappresentano il 15 per cento degli arrivi. Quasi uno su dieci è non accompagnato o separato. Molti raccontano di non aver avuto accesso sufficiente a cibo e acqua. Solo uno, tra quelli intervistati, ha potuto ricevere assistenza medica quando ne aveva bisogno. Tra agosto 2024 e settembre 2025, Save the Children ha documentato 258 respingimenti di minori dalla Croazia. I respingimenti non fermano i flussi. Spingono le persone nell’ombra, aumentando la dipendenza dai trafficanti e il rischio di rapimenti ed estorsioni.
In questo scenario si collocano le scelte politiche europee. Nel giugno 2025 Save the Children ha pubblicato il rapporto “Crossing Lines”, dedicato all’impatto del Patto europeo sulla Migrazione e l’Asilo. La riforma, nata per bilanciare sicurezza e protezione, secondo l’Organizzazione rischia di non garantire tutele adeguate ai minori, soprattutto a quelli non accompagnati. In diversi Stati membri si stanno ampliando misure restrittive come la detenzione e la riduzione dell’accesso all’asilo, spesso giustificate con argomenti di sicurezza nazionale.
Le preoccupazioni aumentano dopo l’accordo dell’8 dicembre tra i Ministri degli Interni dell’Unione europea su Paesi terzi sicuri, Paesi di origine sicuri e Regolamento Rimpatri. Procedure accelerate e criteri standardizzati rischiano di negare ai minori una valutazione individuale e il rispetto del loro superiore interesse. Anche sul fronte dei rimpatri, l’approccio del Consiglio europeo viene giudicato da Save the Children come un indebolimento delle garanzie, con il rischio di trasferimenti forzati e una riduzione dell’accesso a informazione e assistenza legale.
La richiesta dell’Organizzazione è chiara e non negoziabile: protezione prima del controllo. Vietare la detenzione dei minori, soli o con le famiglie. Garantire sistemi di accoglienza adeguati, strutture dedicate ai minori stranieri non accompagnati, valutazioni dell’età basate su metodi multidisciplinari e un rafforzamento del ruolo di tutori e tutrici. Non per buonismo, ma perché è diritto vigente.
Da cronista, quello che resta è una constatazione difficile da aggirare. La migrazione minorile del 2025 non è una fatalità né un’emergenza improvvisa. È il risultato prevedibile di politiche che chiudono canali legali e aprono spazi ai trafficanti. I dati di Save the Children non chiedono interpretazioni creative, ma risposte. E continuano a porre una domanda scomoda: quante morti servono ancora perché la protezione dei minori smetta di essere una nota a margine nei documenti europei?
Qui si può trovare il rapporto Traversing Danger in inglese: https://www.savethechildren.it/cosa-facciamo/pubblicazioni/traversing-danger
Fonti: Save the Children; Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM – Organizzazione Internazionale per le Migrazioni); UNHCR (Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati); Mixed Migration Centre; Commissione europea; rapporti “Traversing Danger” e “Crossing Lines”.
Edicola digitale
I più letti
LA VOCE DEL CANAVESE
Reg. Tribunale di Torino n. 57 del 22/05/2007. Direttore responsabile: Liborio La Mattina. Proprietà LA VOCE SOCIETA’ COOPERATIVA. P.IVA 09594480015. Redazione: via Torino, 47 – 10034 – Chivasso (To). Tel. 0115367550 Cell. 3474431187
La società percepisce i contributi di cui al decreto legislativo 15 maggio 2017, n. 70 e della Legge Regione Piemonte n. 18 del 25/06/2008. Indicazione resa ai sensi della lettera f) del comma 2 dell’articolo 5 del medesimo decreto legislativo
Testi e foto qui pubblicati sono proprietà de LA VOCE DEL CANAVESE tutti i diritti sono riservati. L’utilizzo dei testi e delle foto on line è, senza autorizzazione scritta, vietato (legge 633/1941).
LA VOCE DEL CANAVESE ha aderito tramite la File (Federazione Italiana Liberi Editori) allo IAP – Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria, accettando il Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale.