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17 Dicembre 2025 - 22:26
Il Vangelo secondo l’Asina: quando la Natività si racconta dal basso
In un’atmosfera raccolta e intensamente natalizia, impreziosita da un albero di Natale preparato con cura da Maria e Nadia, mercoledì 17 dicembre il Salone della Trinità di Cuorgnè ha ospitato una presentazione fuori dagli schemi, capace di coniugare narrazione, tradizione e riflessione. Nella Sala Conferenze della Trinità è andato in scena Il Vangelo secondo l’Asina, un racconto che sceglie di avvicinarsi alla Natività da un punto di vista insolito e profondamente umano, quello di chi sta ai margini ma vede tutto.
Il Vangelo secondo l’Asina, noto anche come Il Vangelo secondo Geraldina, è un’opera narrativa originale e delicata che ripercorre la vita di Gesù dalla Natività alla Resurrezione, affidandone il racconto a una voce inattesa: Geraldina, l’asina di Giuseppe, compagna silenziosa del viaggio verso Betlemme e poi presenza discreta lungo il cammino di Gesù. Non si tratta di un vangelo canonico, ma di una riscrittura poetica e popolare che attinge ai vangeli apocrifi, alle tradizioni orali e a una libera, rispettosa immaginazione narrativa.
Geraldina non predica e non giudica. Osserva. È una testimone umile e fedele, capace di cogliere le emozioni più profonde con uno sguardo semplice e disarmante. Attraverso di lei, la Natività si spoglia della solennità iconografica e si fa più vicina, concreta, quotidiana. L’asina accompagna Maria e Giuseppe nel lungo e faticoso viaggio verso Betlemme, raccontando — spesso dialogando con Giuseppe — la stanchezza del cammino, i silenzi carichi di attesa, le paure che si insinuano nella notte e quella speranza ostinata che nonostante tutto continua a camminare.
La voce narrante, che dà corpo e parola all’asina, utilizza un gramelot in dialetto canavesano, immediato e di facile comprensione, capace di restituire colore, ironia e un forte radicamento territoriale al racconto. Una scelta linguistica che non è semplice ornamento, ma strumento per riportare la storia sacra dentro una dimensione popolare, condivisa, quasi domestica. Il racconto ricalca con rispetto e fantasia la celebre novella di Guido Gozzano: le porte chiuse degli albergatori, i rifiuti ripetuti, l’umiliazione silenziosa di chi chiede solo un riparo. Fino alla stalla, luogo povero e marginale, dove Maria e Giuseppe trovano accoglienza accanto a un grande bue. È lì, lontano dai palazzi e dalle luci, che avviene il miracolo.
Il docente Claudio Zanotto, attraverso la figura di Geraldina, ha guidato il pubblico in un viaggio fatto di memoria, tradizione e racconto orale, restituendo senso e valore a una narrazione antica che continua a parlare all’uomo contemporaneo. La sua conduzione ha saputo intrecciare competenza, passione e capacità divulgativa, trasformando la presentazione in un momento di ascolto autentico. Ne è nato un pomeriggio denso di significati, capace di offrire spunti di riflessione sul Natale come tempo di attesa, di cura e di attenzione verso ciò che spesso resta invisibile. Una chiusura particolarmente significativa dei corsi Unitre, alla vigilia delle imminenti vacanze natalizie.
A suggellare l’incontro sono arrivati gli auguri in musica del Coro Unitre, diretto dal Maestro Giovanni Usai, che ha proposto brani natalizi in grado di coinvolgere ed emozionare il pubblico. Parole e musica si sono intrecciate con naturalezza, come accadeva un tempo nelle veglie e nelle stalle, creando un clima di condivisione e autentico spirito di festa.
Geraldina, con le orecchie basse e il passo lento, diventa così simbolo di chi non compare nei grandi libri di storia, ma senza cui la storia non potrebbe accadere. Lei c’era: nella polvere delle strade, nel freddo della notte, accanto a Maria che partorisce in silenzio. Ed è forse per questo che la sua voce, ancora oggi, riesce a parlarci con tanta forza.
Il Natale, in fondo, nasce sempre in una stalla: nei luoghi scartati, ai margini, nelle vite semplici. È una luce che non acceca, ma scalda; che non impone, ma accompagna. Ascoltare il mondo dal punto di vista di un’asina ci ricorda che la speranza non ha bisogno di clamore: cresce piano, come un respiro condiviso. E riscoprendo tradizioni autentiche, racconti orali e canti antichi, impariamo forse di nuovo a guardare in basso per vedere più lontano. Perché la vera speranza natalizia, oggi come allora, passa anche da lì: dal passo umile che, senza far rumore, continua a camminare verso la luce.


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