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16 Dicembre 2025 - 19:41
Federico Riboldi
C’è una parola che, in Piemonte, quando si parla di sanità, riesce a evocare più ansia di una diagnosi rimandata e più irritazione di una prenotazione impossibile: ricorso. Ed eccolo lì, puntuale come una visita fissata “tra otto mesi, se va bene”. Un altro ostacolo, l’ennesimo, sulla strada già dissestata che dovrebbe portare al Nuovo CUP della sanità piemontese, quello annunciato come la grande svolta, la rivoluzione digitale, la fine dell’odissea quotidiana dei cittadini alle prese con sportelli chiusi, call center occupati e agende misteriosamente sempre piene.
Il copione, ormai, è noto. La Regione Piemonte decide finalmente di mettere mano a uno dei nervi più scoperti del sistema sanitario: il Centro Unico di Prenotazione, da anni considerato inadeguato, farraginoso, incapace di reggere la domanda reale e spesso utilizzato come comodo paravento dietro cui nascondere ritardi e inefficienze. Parte la gara, valore 7,2 milioni di euro, regia affidata ad Azienda Sanitaria Zero, con l’obiettivo dichiarato di rifare tutto: piattaforma nuova, tecnologia cloud, integrazione con l’intelligenza artificiale, gestione “intelligente” delle agende, riduzione dei tempi di attesa. Insomma, il CUP come non lo si era mai visto. O almeno così viene raccontato.

Lo scorso ottobre arriva l’aggiudicazione: vince il raggruppamento di imprese guidato da GPI S.p.A.. Parte la narrazione istituzionale, quella delle “risposte concrete” e dei “passaggi necessari”. Federico Riboldi, assessore regionale alla Sanità, ci mette la faccia e le parole giuste al momento giusto.
«Con questo intervento affrontiamo in modo determinato una delle criticità più avvertite dai cittadini. La nuova piattaforma ci fornirà gli strumenti operativi per ottimizzare la gestione delle agende e rendere tangibile il nostro impegno per la riduzione dei tempi di attesa».
Tangibile, appunto. Almeno nelle intenzioni.
Peccato che, come spesso accade, tra le intenzioni e la realtà ci sia di mezzo un’aula di tribunale. Engineering, la società che attualmente gestisce il sistema tecnologico del CUP piemontese, decide di fare ciò che ormai è diventato quasi un passaggio rituale nei grandi appalti pubblici: presenta ricorso al TAR contro l’aggiudicazione. Tutto legittimo, per carità. Il diritto di difendersi non si nega a nessuno. Ma il problema, ancora una volta, non è il diritto. Il problema sono i tempi. E, soprattutto, chi quei tempi li paga.
Ora la partita è congelata. O meglio, sospesa in attesa che il Tribunale Amministrativo Regionale fissi l’udienza cautelare e decida se concedere o meno la sospensiva. Se la sospensiva arriva, il nuovo CUP finisce in freezer. Tutto fermo. Se non arriva, si va avanti, ma con il fiato sospeso e il freno a mano tirato. In ogni caso, non esattamente il modo migliore per avviare quella “rivoluzione” tanto sbandierata.
Adriano Leli, direttore di Azienda Sanitaria Zero, prova a spiegare la situazione con linguaggio tecnico, ma il succo è chiarissimo. Dopo la notifica arrivata dalla seconda in graduatoria, ora si dovrà attendere che il Tribunale Amministrativo Regionale fissi la relativa udienza cautelare, per esprimersi sulla richiesta di sospensione degli effetti dell’aggiudicazione. Traduzione per i cittadini: aspettate. Ancora.
E così anche Riboldi, archiviati i toni entusiastici di ottobre, oggi è costretto a sperare.
«Prendiamo atto del ricorso, è un diritto delle ditte partecipanti, ma siamo rammaricati di non poter procedere nei tempi previsti, per cause completamente indipendenti dalla nostra volontà», dice l’assessore, sottolineando come «il nuovo CUP integrato con l’intelligenza artificiale rappresenti un tassello fondamentale del rinnovamento della sanità piemontese».
Tassello fondamentale, sì. Ma al momento ancora chiuso nella scatola.
Nel frattempo, fuori dai comunicati stampa, il CUP reale continua a essere quello di sempre. Liste d’attesa che sembrano calendari perpetui, prenotazioni che si trasformano in cacce al tesoro, agende chiuse “per indisponibilità”, rimbalzi infiniti tra Asl, farmacie e numeri verdi. Un sistema che, invece di garantire equità di accesso alle cure, finisce per alimentare frustrazione e sfiducia. E che spesso diventa l’alibi perfetto: “non dipende da noi, è il sistema”. Già. Sempre lui.
Ed è qui che il ricorso pesa davvero. Perché ogni settimana di stallo non è un dettaglio tecnico, ma un disagio concreto per chi ha bisogno di una visita, di un esame, di una risposta. Il Nuovo CUP promette un’interfaccia unica per cittadini e operatori, procedure semplificate, integrazione dei sistemi informativi regionali, gestione coordinata delle disponibilità, intelligenza artificiale capace di ottimizzare i flussi. Tutto molto moderno. Tutto molto futuribile. Tutto, per ora, irrimediabilmente teorico.
La sensazione, sempre più diffusa, è quella di una sanità che annuncia grandi riforme ma poi resta impigliata nei meccanismi che dovrebbero renderle operative. Gare, ricorsi, sospensive, attese infinite. Un eterno ritorno che i cittadini piemontesi conoscono fin troppo bene. E mentre si discute di algoritmi e piattaforme cloud, c’è chi rinvia esami, chi paga di tasca propria il privato e chi, semplicemente, rinuncia alle cure.
Insomma, il Nuovo Centro Unico di Prenotazione rischia di trasformarsi nell’ennesimo capitolo di una sanità che promette di correre ma resta bloccata ai blocchi di partenza. Ora la palla passa al TAR. La speranza, dichiarata e ribadita, è che la decisione arrivi in fretta. Perché di intelligenza artificiale, forse, si può anche fare a meno ancora per un po’. Di pazienza, invece, i cittadini piemontesi ne hanno già sprecata fin troppa.
Quando passa Federico Riboldi, in sanità, qualcuno si tocca.
Non lui. Gli altri.
È una reazione spontanea, non coordinata. Non c’è una circolare. Nessuna disposizione regionale. Succede e basta.
All’inizio fu il bilancio. Un bilancio normale, finché Riboldi non lo guarda. Poi diventa un’opera aperta. Le cifre cominciano a muoversi. Le voci si moltiplicano. Le spiegazioni arrivano dopo, sempre dopo e qualcuno, passando davanti all’assessorato, si tocca. Per prudenza.
Poi arrivano i soldi dell’intramoenia. C’erano. Non ci sono più. Nessuno li ha presi, nessuno li ha persi. Semplicemente hanno capito che era il momento sbagliato per farsi trovare. Anche lì, verifiche. Tante. Meticolose. E intanto, negli uffici, ci si tocca.
Riboldi non fa nulla di strano. Parla. Spiega. Dice che si sta lavorando. Dice che verrà chiarito tutto. Fa i reel la domenica. Si impegna ma ogni frase produce un effetto collaterale. Come certi farmaci: curano una cosa e ne scatenano un’altra. Qualcuno sente pronunciare “sanità piemontese” e, istintivamente, fa un gesto rapido.
Poi arriva il Nuovo CUP. Doveva essere la svolta. La tecnologia. L’intelligenza artificiale. Le liste d’attesa accorciate. Il futuro che finalmente arriva senza chiedere permesso. E invece chiede permesso. Al TAR.
La gara si chiude. Il vincitore viene proclamato. I comunicati sono pronti. E in quel preciso istante, in un ufficio qualsiasi, qualcuno si tocca. Perché l’esperienza insegna. E infatti il ricorso arriva. Puntuale. Elegante. Inoppugnabile. Quasi educativo.
Riboldi prende atto. Sempre. È il suo ruolo. Prende atto del diritto. Prende atto del rammarico. Prende atto dei tempi che si allungano. Non prende atto di una data certa, perché in sanità le date sono materia sensibile. E intanto, intorno a lui, ci si continua a toccare.
Il CUP, che doveva ridurre le attese, entra in attesa. Il Centro Unico di Prenotazione diventa il centro unico dell’aspettativa. Non funziona, ma promette. Non parte, ma spiega. Perfettamente coerente con il momento.
I cittadini aspettano. Aspettano una visita. Aspettano un esame. Aspettano che il sistema smetta di essere un concetto e torni a essere un servizio. E quando sentono dire che “è in corso un ricorso”, si toccano anche loro. Ormai è contagioso.
Federico Riboldi va avanti così. Con calma. Con educazione istituzionale. Con la consapevolezza che non è colpa sua, ma che ogni volta che entra in scena succede qualcosa. Non perché faccia danni. Ma perché, evidentemente, porta sfortuna al calendario.
Bilanci che cedono quando passa. Soldi che spariscono quando vengono nominati. Piattaforme che si bloccano quando vengono annunciate.
Oramai funziona così. Occhio c'è Riboldi. E tutti si toccano... Un gesto rapido. Una palpatina... Cos', per scaramanzia. Non si sa mai...
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