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Casello fantasma, ospedale reale: ora il castello politico scricchiola

Dopo la smentita ufficiale sullo svincolo di San Bernardo, esplode la polemica. Davide Pieruccini accusa l’amministrazione di Cuorgnè e chiede la convocazione urgente dei sindaci: «Se il casello non esiste, va rivista anche la scelta del sito del nuovo ospedale del Canavese»

Casello fantasma, ospedale reale: ora il castello politico scricchiola

Davide Pieruccini

E adesso arriva anche Davide Pieruccini. E non arriva con i toni felpati di chi “prende atto”, ma con quelli – decisamente più rumorosi – di chi sente di essere stato preso in giro.

Dopo la pubblicazione della notizia, ormai certificata in sede istituzionale, secondo cui il nuovo casello autostradale di Ivrea San Bernardo non è previsto, non è programmato e non esiste, il capogruppo di Cuorgnè C’è, una delle due formazioni di opposizione presenti in Consiglio comunale a Cuorgnè, rompe gli indugi e punta il dito contro la propria amministrazione comunale. E, soprattutto, contro un silenzio che giudica politicamente inaccettabile.

Pieruccini non usa giri di parole. Legge, ascolta, collega i puntini e arriva a una conclusione che suona come un atto d’accusa: se il casello di San Bernardo era una “balla colossale” – per usare le parole che circolano ormai apertamente – e se i sindaci dell’Alto Canavese sono stati presi in giro, anche a causa di costi mai valutati con serietà, allora c’è qualcuno che deve spiegare perché non ha ancora detto una parola.

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Quel qualcuno, per Pieruccini, ha un nome e un ruolo ben preciso: la sindaca di Cuorgnè, che ricopre anche l’incarico di portavoce dell’Area Omogenea 8 “Canavese Ovest”. Un ruolo politico, non simbolico. Un ruolo che dovrebbe prevedere prese di posizione chiare, soprattutto quando una scelta infrastrutturale tanto rilevante rischia di rivelarsi, semplicemente, un castello di carte.

A far scattare l’indignazione del capogruppo non è solo la scoperta che il casello non esiste nei piani ufficiali. È il fatto che quella promessa era stata utilizzata come argomento decisivo – l’ago della bilancia – per orientare la scelta sul sito del nuovo ospedale del Canavese. Una scelta che oggi, alla luce dei fatti, appare quanto meno fragile.

Pieruccini lo dice apertamente: se il presupposto cade, cade tutto il ragionamento che ne è derivato. E a quel punto non si può far finta di niente.

Da qui la richiesta, netta e senza ambiguità: convocare immediatamente tutti i 46 sindaci del territorio. Non una riunione informale, non un tavolo tecnico che si perde nei corridoi, ma un confronto politico vero, pubblico, trasparente. Perché, sostiene Pieruccini, il nuovo ospedale deve tornare a essere previsto nell’area Ribes, l’unica che risponde a criteri di logica, accessibilità e possibilità di espansione futura.

Un’area che – ironia della sorte – si trova davvero vicino a un casello che esiste per davvero. Non a uno evocato nei comunicati, nei corridoi o nelle promesse a voce bassa, ma a un’infrastruttura reale, utilizzabile, verificabile.

La presa di posizione di Pieruccini non arriva nel vuoto. Si inserisce in un contesto che, nelle ultime settimane, ha iniziato a scricchiolare sempre più rumorosamente.

Tutto comincia con l’audizione in Commissione regionale Trasporti, quando Davide Finello, direttore di ITP Spa, mette fine alle ambiguità: il nodo idraulico di Ivrea prevede una circonvallazione per collegare la A26 in caso di chiusura della A5, ma non prevede e non ha mai previsto lo svincolo di San Bernardo. Non oggi, non ieri, non nella concessione precedente. Punto.

A rafforzare il concetto arriva anche Pasquale Dolgetta, che chiarisce come l’ipotesi del casello sia una richiesta dei territori e che, semmai, dovrebbe essere il Ministero dei Trasporti a farsene carico. Ma poi Finello affonda definitivamente il colpo: due caselli in sette chilometri sono già più che sufficienti. Gli standard tecnici parlano chiaro: un casello ogni dieci chilometri. Qui siamo ben al di sotto. Fine delle illusioni.

Ed è proprio su quell’illusione che si era retta la “vittoria” dell’area ex Montefibre sull’area Ribes. Un’illusione che oggi evapora, lasciando sul tavolo una scelta strategica che appare sempre più difficile da difendere.

Lo ha capito anche Endro Bevolo, sindaco di Pavone, che dopo giorni di silenzio ha rotto gli indugi con una dichiarazione sorprendentemente diretta. Se il casello non c’è – dice in sostanza – allora Regione e sindaci devono tornare a valutare l’allocazione del nuovo ospedale alla luce dei nuovi elementi. Perché non basta dire che l’ospedale serve: bisogna anche costruirlo nel posto giusto, raggiungibile in tempi rapidi, espandibile, bonificato, non allagabile.

E qui il cerchio si chiude. Perché la storia del nuovo ospedale di Ivrea è una storia lunga, fatta di studi, controstudi, delibere, ripensamenti e, soprattutto, di tempo perso. Dal 2009 in avanti, tra Politecnico di Torino, commissioni di sindaci, studi Ires, rivalutazioni “chieste” dalla Regione e punteggi magicamente ribaltati, l’unica costante è stata l’assenza di una decisione fondata su dati solidi e infrastrutture reali.

Nel frattempo, mentre i territori litigavano, le concessioni autostradali cambiavano mano, i miliardi scorrevano, i cantieri venivano programmati altrove. E il casello di San Bernardo rimaneva lì, sospeso tra i rendering e le chiacchiere.

Oggi quella favola è finita. E le reazioni, come quella di Davide Pieruccini, raccontano che il tempo delle mezze parole è probabilmente scaduto.

Insomma: se il casello non c’è, qualcuno dovrà spiegare perché ci hanno costruito sopra un ospedale. E, soprattutto, chi ha deciso di far finta che fosse vero.

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