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Lucilla Party. “Non era un concerto. Anche noi danneggiati”. Parlano gli organizzatori

Dopo la rabbia delle famiglie e il caos al Settimo Cielo, parla la società che gestisce l’artista: accordi, orari, voucher e comunicazione. Tutto quello che non aveva funzionato domenica 14 dicembre

Lucilla Party, il dietrofront dopo le polemiche: “Non era un concerto. Anche noi danneggiati”

Lucilla Party, il dietrofront dopo le polemiche: “Non era un concerto. Anche noi danneggiati”

SETTIMO TORINESE. Dopo la rabbia delle famiglie, le lunghe attese, le promesse percepite come tradite e un pomeriggio che a Settimo Cielo si è trasformato in un caso mediatico, arriva ora la versione degli organizzatori del Lucilla Party. Una versione che non cancella quanto accaduto domenica 14 dicembre, ma aggiunge nuovi elementi utili a ricostruire, passo dopo passo, come si sia potuti arrivare a un tale cortocircuito tra aspettative e realtà.

A intervenire è Gianluca C. Bani, amministratore della PROARTIST MANAGEMENT srl, la società che gestisce l’artista. Ed è proprio da qui che parte la prima, fondamentale precisazione: il Lucilla Party non è mai stato venduto come concerto.

Secondo quanto riferito da Bani, PROARTIST MANAGEMENT ha venduto l’evento a un’agenzia torinese, intermediaria tra la società e il centro commerciale Settimo Cielo. L’accordo, nero su bianco, prevedeva un format preciso: non uno spettacolo strutturato, ma una festa-incontro, un meet & greet allargato, pensato per consentire ai bambini di incontrare l’artista, scattare una foto e vivere un momento ravvicinato con lei.

Gli orari concordati erano altrettanto chiari. Dalle 12 alle 13 apertura delle postazioni gestite dalle assistenti di Lucilla, con una breve apparizione dell’artista per cantare una canzone e realizzare un video per i social. La presenza vera e propria di Lucilla era invece fissata tra le 14.30 e le 16.30, due ore complessive, come da accordo contrattuale. Nessun concerto, nessuna esibizione continuativa.

Altro punto centrale: i voucher per le fotografie. Secondo l’organizzazione, il numero massimo previsto era di 200 nuclei familiari, ciascuno composto da un massimo di cinque persone. Un limite fissato proprio per garantire tempi sostenibili e un minimo di ordine. Eppure, spiegano da PROARTIST, una volta arrivati al centro commerciale la situazione appare subito diversa.

“Ci siamo resi conto che dal centro commerciale erano stati distribuiti voucher oltre l’orario concordato e oltre i numeri stabiliti”, scrive Bani. Un elemento che, se confermato, sposterebbe una parte rilevante della responsabilità organizzativa sulla gestione locale dell’evento. Nonostante questo, l’artista e il suo staff decidono di andare oltre quanto pattuito: “Abbiamo fatto oltre trecento foto, ben più di quanto previsto, per non scontentare il pubblico presente, nonostante non fosse nostra responsabilità”.

Un tentativo di arginare il malcontento che però, come visto, non è bastato. Perché nel frattempo, all’esterno, la situazione degenerava. Famiglie arrivate fin dal mattino, orari che cambiavano in corsa, informazioni contraddittorie, attese interminabili. Bambini al freddo, genitori disorientati, personale spesso incapace di dare risposte chiare.

Ed è qui che si innesta il nodo più delicato: la comunicazione. Il volantino dell’evento parlava di Lucilla Party, di canto, ballo, festa, magia. Nessuna distinzione netta tra spettacolo e semplice incontro. Nessuna spiegazione preventiva sul fatto che non si trattasse di un concerto. Un’ambiguità che, per molte famiglie, ha fatto la differenza.

“Se qualcuno ha comunicato che si trattava di uno spettacolo o di un concerto, non è responsabilità nostra”, ribadisce Bani. E aggiunge: “Il manifesto è abbastanza chiaro nel non parlare di concerto”. Un’affermazione che però si scontra con la percezione diffusa tra il pubblico presente, convinto di assistere a qualcosa di più strutturato e continuativo.

Il risultato è stato un cortocircuito perfetto: da una parte un format promozionale rapido, dall’altra centinaia di famiglie convinte di partecipare a una vera festa natalizia per bambini. In mezzo, una gestione dei flussi che non ha retto l’impatto dei numeri, trasformando un evento pensato per essere leggero in un pomeriggio di frustrazione collettiva.

Il Settimo Cielo Retail Park ha parlato di disguidi organizzativi e ritardi imprevisti, l’artista ha chiesto scusa sui social. Ora anche la società che la rappresenta rivendica di aver rispettato gli accordi e di essersi trovata, a sua volta, parte lesadi una macchina organizzativa inceppata.

Resta però un dato ineludibile: quando si parla di eventi per bambini, l’asticella non può che essere altissima. Ogni parola stampata su un volantino pesa il doppio. Ogni promessa diventa un’aspettativa. E quando l’attesa riguarda i più piccoli, l’errore non resta mai solo tecnico o logistico, ma diventa emotivo.

Insomma, al netto delle responsabilità da chiarire e delle versioni da mettere in fila, una cosa è certa: domenica 14 dicembre, a Settimo Cielo, nessuno aveva davvero il controllo della situazione. E la magia del Natale, ancora una volta, si è fermata prima di arrivare ai bambini.

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