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Settemila agricoltori sotto il grattacielo della Regione: il Piemonte rurale chiede scelte immediate e una svolta politica

Trattori in corteo a Torino, cartelli e slogan davanti alla sede della Giunta: “L’agricoltura non può più aspettare”. Incontro con Cirio e gli assessori, ma la protesta segna un punto di rottura

Settemila agricoltori sotto il grattacielo della Regione: il Piemonte rurale chiede scelte immediate e una svolta politica

Settemila agricoltori sotto il grattacielo della Regione: il Piemonte rurale chiede scelte immediate e una svolta politica

Settemila persone, trattori arrivati da ogni angolo del Piemonte, un lungo corteo che si ferma ai piedi del grattacielo della Regione Piemonte. Non è una manifestazione simbolica, né una passerella. È la fotografia di un settore che si sente messo all’angolo e che ha deciso di tornare visibile, rumoroso, determinato. Il messaggio è chiaro fin dallo slogan scelto per la mobilitazione: “Forsa Piemunt – date n’andi”. Forza Piemonte, dateci una strada. Perché, dicono gli agricoltori, il tempo delle attese è finito.

Il presidio davanti alla sede della Giunta regionale nasce da un malessere che da mesi attraversa le campagne piemontesi. A pesare sono i costi in aumento, le incertezze legate al clima, una burocrazia percepita come soffocante e la sensazione diffusa che l’agricoltura venga chiamata a pagare il prezzo di scelte decise altrove. I cartelli lo raccontano senza giri di parole: “+ atti concreti – selfie”, “non affossate l’agricoltura”, “non dobbiamo pagare il prezzo per tutti”, “intervenire subito per garantire un futuro al Piemonte”.

Il cuore della protesta è politico e strutturale. Gli agricoltori chiedono alla Regione un cambio di passo, non promesse. Durante la mobilitazione c’è stato un confronto diretto con il presidente Alberto Cirio e con gli assessori Paolo Bongioanni (Agricoltura) e Matteo Marnati (Ambiente). Un incontro che segna un primo passaggio istituzionale, ma che per le organizzazioni agricole non può restare un episodio isolato.

A parlare a nome della mobilitazione sono i vertici di Coldiretti Piemonte, la presidente Cristina Brizzolari e il delegato confederale Bruno Rivarossa, che mettono sul tavolo il peso reale del comparto agricolo regionale. Il Piemonte, ricordano, non è solo una regione industriale: è anche una terra che conta 14 Dop, 10 Igp, 4 Stg, 19 Docg, 42 Doc e oltre 40 Sigilli di Campagna Amica. Un patrimonio che non è solo economico, ma ambientale e sociale. Gli agricoltori presidiano territori che altrimenti rischierebbero l’abbandono, contribuiscono a ridurre il dissesto idrogeologico, affrontano in prima linea gli effetti dei cambiamenti climatici e garantiscono produzioni sottoposte a controlli tra i più stringenti d’Europa.

Il punto, però, è la sostenibilità di questo modello. “Per continuare a fare tutto ciò – spiegano Brizzolari e Rivarossa – garantendo occupazione ed economia territoriale, serve un impegno concreto della Regione”. Non basta riconoscere il valore dell’agricoltura: occorre programmare, finanziare, semplificare. A fronte di eventi climatici sempre più estremi, il settore chiede una nuova linea di indirizzo politico capace di integrare i fondi disponibili e distribuirli in modo più efficace.

Le richieste non restano generiche. Durante il presidio viene consegnato un documento che elenca le priorità ritenute non più rinviabili. Al centro c’è la semplificazione amministrativa, considerata essenziale per liberare tempo e risorse oggi assorbite da procedure complesse. C’è poi il sostegno al cibo locale, insieme alla richiesta di abolire la regola dell’origine nel codice doganale, vista come un ostacolo alla competitività delle produzioni piemontesi. Gli agricoltori chiedono anche un fondo regionale per le filiere in crisi, più risorse per le polizze assicurative agevolate, investimenti sugli invasi e sulla subirrigazione, oltre a uno stop ai pannelli solari a terra indiscriminati, percepiti come una minaccia al suolo agricolo.

Non manca, infine, il tema della montagna. La valorizzazione del prodotto di montagna è indicata come una leva fondamentale per contrastare lo spopolamento e mantenere viva un’agricoltura che, in quei contesti, svolge una funzione di presidio territoriale insostituibile.

La giornata di Torino non chiude la partita. Al contrario, la apre. Il presidio davanti al grattacielo regionale segna un punto di non ritorno nel rapporto tra istituzioni e mondo agricolo. Il messaggio che sale dalle campagne è netto: l’agricoltura piemontese non chiede protezioni ideologiche, ma condizioni per continuare a esistere. Ora la risposta passa dalle scelte politiche. E il tempo, dicono gli agricoltori, non è più una variabile neutra.

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