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Ombre su Torino
15 Dicembre 2025 - 14:54
All’alba, 65 colpi: Torino e l’esecuzione delle Brigate Rosse
«Qui le Brigate Rosse, abbiamo attentato con la logica dell’annientamento alla scorta delle "Nuove". Seguirà comunicato». Sono passati 40 minuti dall'attentato.
E poi, alle 9:21, una seconda telefonata: «Abbiamo giustiziato a Torino due servi del potere. Abbiamo usato cartucce Nato 7,62 e 9 Parabellum. Segue comunicato».
Le vittime sono Salvatore Lanza e Salvatore Porceddu, 21 e 20 anni. Di mestiere poliziotti da poco più di un anno, vengono da Catania e Oristano. Sono dislocati su un autofurgone Fiat 850 a guardia delle carceri "Nuove" di Corso Vittorio Emanuele II, all'angolo di quella che ora si chiama Via Paolo Borsellino.

Sono le 5.40 quando sbuca all’improvviso una Fiat 127 rossa a cui i brigatisti hanno staccato il lunotto posteriore. A bordo ci sono Piero Panciarelli, Raffaele Fiore, Nadia Ponti e Vincenzo Acella. L’azione è fulminea, nessuno può fare nulla. Lanza prima di accasciarsi riesce a sparare un solo colpo, Porceddu muore impugnando il mitra che si è inceppato. Sul luogo del duplice omicidio si conteranno 65 bossoli calibro 9, pallini di acciaio e frammenti di cartucce da caccia.
Nei giorni successivi si verrà a sapere che fino a poco tempo prima i poliziotti in servizio di guardia usavano i furgoni blindati e che questi sono stati dismessi perché consumano troppa benzina. A Torino, infatti, in inverno di notte fa freddo e l’interno del mezzo si può riscaldare solo col motore acceso.
Tre giorni dopo l’attentato in un volantino delle BR si leggerà che le due vittime sarebbero state inserite in “strutture speciali con compiti antiguerriglia e di controllo militare della città” proclamando inoltre la necessità di “un rapporto di annientamento degli uomini dell’apparato militare, dal più alto ufficiale all’ultimo milite”.
A entrambi verrà conferita la medaglia d’oro al valore civile il 12/5/2004 e sul luogo del duplice omicidio è presente una targa a ricordo.
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