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Ombre su Torino
14 Dicembre 2025 - 18:28
Al 4 di via Nizza, a Rivoli, attualmente c’è un condominio. Di fronte il centro commerciale principale della città e poco più avanti “La fossa dei leoni”, il campo da rugby della squadra locale.
Il centro tranquillo e “noioso” di un grosso paesone in cui, praticamente, non succede mai niente. Nel 1979, però, il campo sportivo ha ancora le porte da calcio, il grande magazzino è ancora solo nei sogni del suo progettista e via Nizza è una strada anonima e buia.
Quando cala la nebbia, la notte, c’è da fare attenzione a non fare qualche brutto incontro.
Al 4 a quei tempi c’è una fabbrica che costruisce l’intelaiatura metallica dei sedili delle auto della FIAT, la ELCAT.
Alle 23 del 14 dicembre 1979, il guardiano dell’azienda ha finito il suo turno e sta uscendo per tornare a casa. Dà uno sguardo allo spioncino del portone e nota due giovani che stanno indossando il passamontagna. Non perde tempo, e, senza fare rumore e accendere luci, torna al piano di sopra e chiama i carabinieri.
I militi rispondono svogliatamente alla chiamata, pensando si tratti di un controllo come tanti. Passano pochi minuti e arrivano sul posto il brigadiere Asnaghi e il carabiniere Serra, il suo autista.
I due sospetti sono ancora lì che armeggiano all’ingresso dell’ELCAT quando si trovano il faretto dei carabinieri ad illuminargli il volto.
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È una questione di secondi. Da una parte un urlo: <<Fermi, Carabinieri!>>. Dall’altra il silenzio e due pistole che iniziano a sparare. Un colpo prende la spalla di Serra e uno Asnaghi nel basso costato. Quest’ultimo, però, ha in dotazione un mitra dal quale parte una raffica che prende in pieno uno dei due malviventi.
Il complice scappa e non verrà mai trovato mentre il giovane, ancora col passamontagna sul viso, riesce a correre per 100 metri, fino ad arrivare in corso Susa ed accasciarsi. Asnaghi e Serra finiscono alle Molinette e se la caveranno con una brutta ferita e un brutto spavento, mentre per Roberto Pautasso, 21 anni, un passamontagna e una pistola, non c’è niente da fare.
Probabilmente era lì col complice per un’azione dimostrativa, di sabotaggio, anche perché sulla 500 su cui arrivano i due non viene trovato né esplosivo né strumenti particolari. Forse l’obiettivo era sottrarre la pistola al guardiano.
La polizia lo bollerà come appartenente a Prima Linea anche se, alla data della sua morte, l’unica “azione” eversiva a suo carico si scoprirà essere quella di aver affisso manifesti inneggianti a due latitanti proprio della stessa organizzazione.
Era certamente un militante dei collettivi dell’autonomia, al cui funerale, a Condove, partecipano 700 persone. “Berto non è un terrorista” si legge su manifesti sparsi in tutta la valle e che invitano a partecipare alla funzione.
Forse non era un terrorista. Forse a 21 anni, in altri tempi, non si sarebbe trovato con una pistola in mano e un passamontagna sul viso.
Tanti “forse” in un periodo in cui a farsi domande e a porsi dubbi erano rimasti in pochissimi.
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