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I migliori panettoni artigianali piemontesi 2025: Torino domina e anche il Chivassese entra tra le eccellenze

Dal panettone basso piemontese ai lievitati creativi, la guida per il Natale 2025

I migliori panettoni artigianali piemontesi 2025

I migliori panettoni artigianali piemontesi 2025: Torino domina e anche il Chivassese entra tra le eccellenze

A Torino il panettone artigianale non è mai stato una semplice questione stagionale. È una sfida culturale, tecnica e identitaria che ogni anno, puntuale, rimette al centro il valore del tempo, della manualità e delle materie prime. Nel Natale 2025 la città si presenta con un’offerta ampia e stratificata, dove convivono la memoria del panettone piemontese basso e glassato e le sperimentazioni più spinte, capaci di trasformare un grande lievitato in un racconto contemporaneo fatto di cioccolati selezionati, frutta candita d’autore, impasti complessi e persino versioni salate e gastronomiche.

Negli ultimi anni Torino ha consolidato una scena artigianale solida, composta da pasticceri, panificatori e lievitisti che lavorano tutto l’anno su fermentazioni naturali e che, durante le feste, alzano ulteriormente l’asticella. È il caso di Cerea Artisan Bakery, dove Francesco Gaetano ha trasformato una scelta di vita in un laboratorio di ricerca sui lievitati. I suoi panettoni nascono da impasti curati, con versioni che vanno dal classico fino al cacao con tre cioccolati, passando per caramello e nocciole o frutti rossi e fondente. Pezzature calibrate e un prezzo che riflette una produzione completamente manuale, senza scorciatoie.

Il pane come punto di partenza, il panettone come banco di prova. È la filosofia di Cibrario Forno Contemporaneo, dove Jacopo Pistone porta la stessa precisione del pane ai grandi lievitati. Qui il Natale non cancella l’identità del forno, ma la amplifica, con panettoni a lievito madre che affiancano il tradizionale a versioni al cioccolato belga fondente e a una rilettura delle persi pien, dolce domestico piemontese che diventa ingrediente narrativo dentro un impasto soffice e controllato.

C’è poi chi, come Enrico Murdocco, dimostra che il confine tra pizza, pane e pasticceria è sempre più sottile. Nel suo Tellia Lab il panettone diventa un terreno di sperimentazione colta, dove entrano in gioco materie prime come la vaniglia di Tahiti o l’arancia candita di Mauro Morandin. Le combinazioni sono pensate, mai decorative: dal gianduia al caramello salato con mela annurca, fino all’azzardo raffinato di lamponi, caffè e cioccolato. Un catalogo che parla a chi cerca qualcosa di diverso senza rinunciare all’equilibrio.

La dimensione cittadina trova invece una sintesi efficace in Farina & Club Bakery, dove Paolo D’Errico lavora su più punti vendita mantenendo una coerenza riconoscibile. Qui il panettone è un prodotto che deve parlare a pubblici diversi, dal tradizionale ai grandi classici al pistacchio o ai marron glacé, fino alla versione gastronomica con pomodori secchi e olive taggiasche, segnale di come il grande lievitato stia uscendo dal solo perimetro del dessert.

Poco fuori Torino, nel Chivassese, ma ormai parte integrante della sua geografia gastronomica, c’è Fabrizio Galla, che a San Sebastiano Po firma alcuni dei panettoni più ricercati della stagione. Qui la tecnica incontra una creatività che non teme di osare, come nel lievitato a base di olio d’oliva, mandarini, pesche e cioccolato fondente, oppure nel panettone Milano senza glassa. La lievitazione lunga e controllata è il filo conduttore di una proposta che si colloca dichiaratamente nella fascia alta del mercato.

Il legame con la storia torinese emerge con forza alla Farmacia Del Cambio, dove il panettone basso piemontese torna protagonista in una versione elegante, arricchita dai canditi siciliani di Corrado Assenza. Qui il Natale è anche una questione di atmosfera, di continuità con un passato che viene riletto senza nostalgia, ma con rigore e attenzione al dettaglio.

La scena si completa con realtà come Grano – Fornai in fermento, dove Sergio Scovazzo porta a Torino un’idea di panettone che dialoga con la memoria domestica e con la sperimentazione. Le persi pien diventano impasto, lo Schiaccianoci racconta l’inverno piemontese con mele, noci e cannella, mentre il Pan per Pistacchio e le versioni salate dimostrano quanto il grande lievitato possa essere trasversale.

Tra Collegno e Rivoli, I frutti del grano di Marco Voci spingono ancora più in là il concetto di varietà, con combinazioni che incrociano frutta fresca, spezie, vini e infusi come la camomilla. Qui il panettone diventa quasi un laboratorio sensoriale, capace di sorprendere senza perdere struttura e riconoscibilità.

Chiude idealmente il cerchio Luca Scarcella, che nei suoi forni cittadini affianca ai classici una serie di proposte curiose, come il panettone al malto d’orzo tostato e riso venere, arricchito da fragoline di bosco. Un esempio di come anche ingredienti apparentemente lontani dalla tradizione possano trovare spazio, se inseriti con intelligenza.

Nel Natale 2025, Torino dimostra così di non inseguire mode, ma di costruire una scuola del panettone fatta di identità, competenza e libertà creativa. Una città dove il grande lievitato non è mai solo un regalo, ma una scelta consapevole, che racconta chi lo produce e chi lo porta in tavola.

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