Cerca

Attualità

Calenda punta il dito contro John Elkann e riapre il conflitto tra industria, politica ed editoria

Il leader di Azione critica la vendita di Gedi e prefigura chiusure Stellantis dopo il 2027, citando Juve e Ferrari

Calenda punta il dito contro John Elkann e riapre il conflitto tra industria, politica ed editoria

Calenda punta il dito contro John Elkann e riapre il conflitto tra industria, politica ed editoria

L’attacco arriva in poche righe, affilato e diretto, e si concentra su John Elkann, indicato come interlocutore – e bersaglio – delle parole di Carlo Calenda. Un post su X diventa la miccia che riapre un dibattito antico e mai del tutto sopito: il ruolo dell’editoria nel sistema italiano di potere, il legame con l’industria e la politica, la capacità di influenzare o contenere conflitti con sindacati e istituzioni. L’innesco immediato è la vendita del gruppo Gedi, ma il raggio dell'attacco supera l’editoria e si allunga su Stellantis, fino a sfiorare due simboli globali come Juventus e Ferrari.

Calenda rivendica la coerenza delle sue previsioni. «Lo avevo previsto e dichiarato anni fa», scrive, sostenendo che «una volta venduti tutti gli asset industriali, i giornali non avrebbero avuto più valore per tenere buona la politica e il sindacato». Il riferimento è diretto alla cessione del gruppo editoriale che controlla la Repubblica, La Stampa e Radio Deejay, un’operazione che, nella lettura dell’esponente di Azione, rappresenterebbe la fine di un patto implicito: l’editoria come leva d’influenza per chi guida un grande conglomerato industriale.

La tesi, però, è un’interpretazione politica e non un dato: dal testo a disposizione non emergono elementi sulle motivazioni industriali o sulle strategie economiche che hanno guidato la vendita di Gedi. Restano quindi aperti gli interrogativi sulla logica dell’operazione e sui piani futuri del gruppo.

La parte più delicata del post riguarda la previsione sul destino delle fabbriche italiane di Stellantis. «Dopo le elezioni del 2027 chiuderanno anche le fabbriche (semivuote) di Stellantis», scrive Calenda, indicando una tempistica e un rischio che tocca temi sensibili come occupazione, politica industriale e rapporti sindacali. Anche in questo caso si tratta di una valutazione politica, priva nel testo di riscontri ufficiali o piani aziendali che la confermino. È però il segnale di un allarme che attraversa la discussione pubblica, soprattutto in territori dove l’automotive rappresenta ancora un asse produttivo decisivo.

L’affondo più duro arriva quando Calenda allarga il discorso al patrimonio simbolico e industriale della famiglia Agnelli-Elkann: «Distrutta in una generazione ciò che era stato costruito in 125 anni con un robusto contributo dello Stato italiano». Una frase che segna un giudizio complessivo, e senza appello, sul percorso industriale e sull’eredità del gruppo. Il riferimento finale, «Mancano Juve e Ferrari, ma è abbastanza a buon punto anche lì», non riguarda solo aziende, ma identità culturali e sportive profondamente radicate nel Paese. È il passaggio che più di tutti richiama l’impatto pubblico delle sue parole.

Nella ricostruzione complessiva, il cuore della critica lega tre dimensioni inscindibili: il ruolo dell’editoria come strumento di influenza, la ridefinizione del perimetro industriale italiano dopo cessioni e riorganizzazioni, e l’incertezza sul futuro della manifattura. Calenda sostiene che, con la vendita di asset strategici, la capacità dei media di incidere nel campo politico si indebolisca, mentre la sua previsione sul destino degli stabilimenti Stellantis porta la discussione su un piano economico e occupazionale ben più concreto.

Restano tuttavia aperte molte domande. Non è chiaro, dal materiale disponibile, quali strategie industriali abbiano guidato la cessione di Gedi né quali siano i piani ufficiali del gruppo automobilistico in vista dei prossimi anni. Manca la reazione dei diretti interessati, così come dati, documenti o elementi oggettivi che confermino o smentiscano le previsioni di Calenda. Quel che emerge è una discussione che tocca il baricentro del potere economico e culturale italiano, destinata a intrecciarsi con la politica che verrà.

Commenti scrivi/Scopri i commenti

Condividi le tue opinioni su Giornale La Voce

Caratteri rimanenti: 400

Resta aggiornato, iscriviti alla nostra newsletter

Edicola digitale

Logo Federazione Italiana Liberi Editori