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Canavese, tra sacchi e foglie: davvero nel 2026 c’è ancora bisogno di spiegare come si usa la spazzatura?

L’episodio dell’8 dicembre riaccende il tema del rispetto delle regole: sacchi sbagliati, area sfalci chiusa e la solita scusa della “scomodità”. Ma il problema è la mancanza di senso civico

Canavese, tra sacchi e foglie

Canavese, tra sacchi e foglie: davvero nel 2026 c’è ancora bisogno di spiegare come si usa la spazzatura?

A Candia Canavese, l’8 dicembre — mentre il paese festeggiava l’Immacolata — qualcuno ha pensato bene di lasciare tre sacchi arancioni dell’indifferenziato, pieni di foglie, nel tratto di piazza Europa. Un gesto che potrebbe sembrare minimo, quasi innocuo, se non fosse che quei sacchi sono esclusivamente destinati al rifiuto indifferenziato e non certo agli sfalci, che richiedono un conferimento diverso e separato.

Il sindaco ha deciso di intervenire pubblicamente, con un messaggio che alterna ironia trattenuta e una punta evidente di esasperazione: «BENE! (si fa per dire… ma oggi è la festa dell’Immacolata e voglio essere gentile)». Ma sotto la gentilezza, la sostanza resta: l’episodio è l’ennesima dimostrazione che le regole, quando si parla di rifiuti, vengono rispettate solo da chi ha voglia di farlo.

Il primo cittadino ricorda l’ovvio. Punto uno: i sacchi arancioni servono esclusivamente per l’indifferenziato. Punto due: le foglie non appartengono a quella categoria, sono sfalci e devono essere conferiti come tali. Punto tre: se qualcuno ha ripulito aree pubbliche o di pertinenza, non può pensare di cavarsela scaricando il risultato della pulizia sotto la prima tettoia disponibile.

Certo, l’area sfalci era chiusa l’8 dicembre. E sì, andare fino a San Bernardo per tre sacchi di foglie non sarà l’attività più entusiasmante delle feste. Ma da qui a usare sacchi non idonei e abbandonarli in piazza ce ne passa. Lo ricorda lo stesso sindaco, suggerendo opzioni che definire ovvie è poco: svuotare i sacchi (non quelli arancioni) dall’esterno della recinzione dell’area sfalci, oppure conservare le foglie in un comune sacco nero, che non produce odori, e chiedere al cantoniere di ritirarle nei giorni successivi.

Possibilità semplici, praticabili, logiche. Eppure ignorate.

Il sindaco, nel ringraziare i cittadini più attenti, sottolinea un punto che dovrebbe essere ovvio ma che a quanto pare non lo è: il rispetto del territorio passa dai gesti quotidiani, non dalle prediche sui social. È la partecipazione attiva — non quella fatta di scuse — che permette di individuare, segnalare e risolvere problemi. Ma quando la stessa amministrazione deve ricordare ogni settimana l’ABC della raccolta differenziata, significa che il problema non è logistico: è culturale.

E in effetti, l’episodio dell’8 dicembre non è un caso isolato. In molti comuni del Canavese, l’errato conferimento degli sfalci (o l’abbandono tout court) è diventato una prassi diffusa, complice la scarsa attenzione e un senso civico che a volte si assottiglia più delle foglie cadute dagli alberi in autunno.

Candia non fa eccezione. E la reazione del sindaco è il tentativo di frenare una deriva che rischia di trasformare la gestione dei rifiuti in una continua rincorsa alle infrazioni. Perché non si tratta di una battaglia politica, ma di semplice convivenza civile. Non chiederebbe grandi sforzi: solo di rispettare ciò che è scritto nero su bianco, e di ricordare che il paese non è un parcheggio di comodo dove tutto può essere lasciato purché non dia fastidio al momento.

Se l’Immacolata ha suggerito al sindaco un tono più morbido, non per questo la critica è meno tagliente. E il messaggio è chiaro: Candia può funzionare bene solo se chi la abita decide di trattarla come una comunità, non come un deposito temporaneo dei propri problemi.

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