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I mobili di Giusy abbandonati in via Togliatti dopo il dissequestro della casa

Chi sta sgombrando l'alloggio della donna uccisa a colpi di pistola due anni fa, ha buttato tutti gli arredi in strada e i documenti tra i rifiuti. Intanto l'indagine della Procura di Ivrea è in stallo

La casa di Giusy Arena

La casa di Giusy Arena (foto d'archivio)

Una fila di vecchi mobili, scaricati accanto alle isole ecologiche di via Togliatti, racconta più di una semplice inciviltà. Quegli arredi, gettati come ingombranti qualsiasi, erano la vita domestica di Giuseppina “Giusy” Arena, uccisa il 12 ottobre 2022, nel giorno del suo 52esimo compleanno. Un’immagine che trasforma il dolore privato in questione pubblica, e che interroga una comunità già stremata da anni di discariche abusive, polemiche e indignazioni a giorni alterni.

Nei giorni scorsi è arrivato il dissequestro dell’appartamento di Giusy, disposto dopo mesi in cui la Procura della Repubblica di Ivrea ha esplorato ogni pista utile, senza finora imboccare un varco risolutivo. L’alloggio risultava stipato all’inverosimile, nonostante un primo intervento degli investigatori alla ricerca di elementi utili. A quel punto sarebbe stato possibile attivare i canali ordinari per lo smaltimento degli ingombranti — l’intervento di SETA o il conferimento all’ecocentro comunale — ma qualcuno, secondo quanto trapela, avrebbe preferito “svuotare” l’abitazione gettando tutto in strada. Una scelta tanto rapida quanto impropria, che di fatto ha trasformato il ricordo di una vittima in un nuovo episodio di degrado urbano.

Le indagini sulla morte di Giuseppina Arena, a due anni dal delitto, non registrano svolte decisive e appaiono in una fase di stallo. Davanti al suo palazzo, però, non sono mai mancati fiori e candele: una presenza discreta che restituisce dignità e misura al lutto, a fronte di gesti incivili che ne feriscono la memoria.



Per anni, parte dei residenti ha invocato di “punire chi viene da fuori per scaricare qui la propria immondizia”. Oggi l’evidenza racconta un’altra storia: quando l’origine dei rifiuti sembra interna al quartiere, l’indignazione pubblica si abbassa, quasi a sussurro. Nel frattempo, la bonifica dell’area ricadrà su “tutti” i chivassesi, a conferma di un principio fin troppo noto: l’illegalità ambientale, anche quando nasce a pochi metri da casa, presenta sempre il conto all’intera comunità.

-Chi ha deciso e attuato lo smaltimento in strada degli arredi dell’appartamento dissequestrato? - Perché non sono stati attivati i canali regolari di ritiro degli ingombranti? - Quali controlli presidiano le isole ecologiche di via Togliatti, storicamente percepite come ricettacolo di scarichi abusivi? - L’amministrazione e il gestore rifiuti intendono rafforzare prevenzione, videosorveglianza e sanzioni?

Al di là dei profili amministrativi e penali, la vicenda interroga il senso civico: non è solo una questione di decoro o di legge, ma di rispetto. Rispetto per una donna uccisa, di cui restano oggetti diventati rifiuti indebitamente; rispetto per i vicini che, da due anni, depositano fiori e non mobili; rispetto per chi pagherà la bonifica. In gioco non c’è un semplice “smaltimento”, ma la qualità del nostro patto comunitario.

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