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10 Dicembre 2025 - 14:14
Marino Bertolino, 77 anni, ex commerciante e consigliere comunale di Chivasso
Marino Bertolino è morto, aveva 77 anni. A Chivasso il suo nome non aveva bisogno di presentazioni. Ex commerciante, ultimo consigliere comunale della Lega eletto in città, ma soprattutto per anni, in passato, voce libera e appuntita di una rubrica che i lettori de La Voce conoscevano bene: “Al cantùn dël barbùtun”. Da quel cantone ideale, mezzo reale e mezzo simbolico, osservava la città e la raccontava con quella franchezza che non tutti amavano, ma che nessuno poteva ignorare.
Rileggerlo oggi è quasi un esercizio di memoria civica. Non c’è pezzo in cui non emerga il suo chiodo fisso: Chivasso merita di più. Ogni volta ripartiva da lì, dal commercio che vedeva declinare, dalle vetrine spente che per lui non erano solo serrande abbassate ma segnali d’allarme ignorati. Scriveva che il centro storico stava perdendo anima e decoro, che tasse, affitti e spazi negati rendevano impossibile a un negozio resistere. Non era nostalgia: era diagnosi. E quel suo tono perentorio, quasi scorbutico, nascondeva l’amarezza di chi quel mestiere l’aveva fatto davvero.
Con la stessa testardaggine difendeva ciò che riteneva patrimonio collettivo. Come il Parco del Mauriziano, che ai suoi occhi veniva puntualmente sacrificato alla Fiera Patronale. In una delle sue lettere più note descriveva il giorno dopo come un campo calpestato, sporco, ferito. Non gli interessava la retorica della tradizione: gli interessava lo stato del prato, la dignità del luogo, il rispetto per lo spazio pubblico. E quando scriveva che «tutto si può fare quando lo si vuole», non era una frase fatta: era un dito puntato contro l’abitudine a scegliere la via più comoda, non la più sensata.

Marino Bertolino (foto facebook)
Persino i murales lungo il perimetro del campo sportivo Paolo Rava, realizzati durante l'amministrazione di Libero Ciuffreda, diventavano per lui un caso emblematico. Non ne contestava l’arte in sé, ma il principio: spendere soldi per colorare i muri mentre la città, diceva, aveva bisogno di ben altro. «I murales non riempiono la pancia», ribadiva, convinto che la politica si rifugiasse nel decoro estetico per non affrontare i nodi più profondi. È lì, fra quelle righe, che si coglie il suo tratto più autentico: un cittadino che non chiedeva bellezza di facciata, ma scelte concrete.
Eppure, malgrado il tono spesso ruvido, mai un rigo suonava distaccato. Bertolino criticava perché gli importava. Perché sentiva Chivasso come una casa che conosceva stanza per stanza, e non sopportava di vederla trascurata. Era un moralista civico, alla sua maniera: inflessibile, a volte eccessivo, sempre riconoscibile. Uno che non voleva convincere, voleva svegliare.
Oggi Chivasso lo saluta. Lo piangono la moglie Wanda, le figlie Laura con Marco e Paola con Enrico, i nipoti Diana, Vittoria e Giulio. Lo ricordano i lettori, quelli che lo seguivano con affetto e quelli che sbuffavano ma leggevano lo stesso. Perché una voce che punge, se onesta, lascia traccia.
I funerali si terranno giovedì 11 dicembre alle 10, nella chiesa parrocchiale di Santa Maria Assunta. Non sarà solo un momento di commiato. Sarà l’occasione per riconoscere che, nel bene e nel fastidio, Bertolino ha fatto quello che molti non hanno il coraggio di fare: guardare la città senza indulgenza. E ricordarle, ogni volta, che merita di essere all’altezza di sé stessa.
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