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Il lavoro domestico cambia volto in Piemonte: meno datori, più fragilità sociali e un sommerso che sfiora numeri da allarme

Oltre 62 mila colf e badanti, 1,3 miliardi di impatto economico e un sistema che invecchia più rapidamente della rete di cura

Il lavoro domestico cambia volto in Piemonte: meno datori, più fragilità sociali e un sommerso che sfiora numeri da allarme

Il lavoro domestico cambia volto in Piemonte: meno datori, più fragilità sociali e un sommerso che sfiora numeri da allarme

Il nuovo rapporto dell’Osservatorio Domina mette a nudo un Piemonte diverso da quello raccontato dalle statistiche più note. Dietro le porte delle case, nelle famiglie mononucleari, nelle abitazioni dei grandi centri e nei paesi della provincia, prende forma un settore che non smette di crescere nel suo ruolo sociale ma si restringe nei numeri: il lavoro domestico cambia pelle, diventa sempre più indispensabile, ma fatica a trovare un equilibrio tra domanda, offerta e tutele.

Il dato complessivo parla chiaro: nel 2024 sono 62.013 le persone impiegate come colf e badanti. Il settore genera una spesa familiare pari a 609 mila euro e un impatto sul PIL regionale valutato in quasi 1,3 miliardi di euro. È una cifra che misura il peso reale del lavoro di cura, un lavoro che sostiene l’autonomia degli anziani, accompagna la fragilità, permette alle famiglie di conciliare tempi e responsabilità. Ma è un sistema che mostra crepe profonde.

In primo piano c’è l’età dei datori di lavoro: 70 anni di media. Una popolazione che invecchia e si affida a figure professionali sempre più specializzate, spesso straniere, quasi sempre donne. I datori in Piemonte sono 66.456, in calo del 15,7% rispetto al 2021. Non è un segnale di minor bisogno, bensì l’indicatore di un nodo strutturale: costi crescenti, burocrazia, difficoltà nel trovare personale stabile e qualificato, concorrenza del lavoro irregolare.

La contrazione riguarda anche gli addetti: negli ultimi tre anni la regione ha perso il 17,5% della forza lavoro domestica, con un calo più marcato tra le colf (–22,1%) rispetto alle badanti (–12,4%). Il settore resta femminile al 92%, e nel 40% dei casi è rappresentato da lavoratrici provenienti dall’Europa dell’Est. Gli italiani, pur in crescita rispetto al passato, non superano il 30%.

Ed è qui che si apre il capitolo più delicato del rapporto: l’irregolarità. Domina stima un tasso nazionale vicino al 48%. Quasi un lavoratore su due opera senza tutele reali, senza contributi adeguati, senza coperture previdenziali. Una “zona grigia” che riguarda anche gli straordinari non dichiarati, l’uso improprio di vitto e alloggio come forma retributiva e la distanza tra ciò che viene registrato e ciò che avviene nella pratica quotidiana.

Il segretario generale di Domina, Lorenzo Gasparrini, insiste su questo punto: serve “ridurre il divario tra regolarità percepita e quella effettivamente dichiarata, perché è lì che si annidano le maggiori criticità del settore”. Tradotto: il lavoro domestico regge pezzi interi del welfare familiare, ma lo fa spesso senza gli strumenti di protezione che dovrebbero tutelare chi cura e chi viene curato.

Alle famiglie, schiacciate tra esigenze di assistenza crescente e costi sostenuti, la Regione risponde con la misura Scelta Sociale, che mette a disposizione voucher per l’assistenza. L’assessore al Welfare Maurizio Marrone ricorda gli investimenti degli ultimi due anni: 90 milioni di euro, destinati a essere rafforzati con la riprogrammazione dei fondi FSE 2026-2027. “Una scelta di fiducia – sostiene – verso le famiglie che si fanno carico di un bisogno che la collettività non può ignorare”.

Il rapporto Domina apre però scenari che vanno oltre la cifra dei contributi. Il Piemonte si trova davanti a un bivio: diventare un laboratorio nazionale per un modello di cura più solido e strutturato, oppure lasciare che la rete di assistenza si pieghi sotto il peso dell’invecchiamento demografico, della carenza di personale e dell’irregolarità diffusa. Oggi, intanto, il quadro è quello di un settore che tiene, ma che scricchiola.

Dietro ogni numero ci sono storie di dipendenza, solitudine, sostegno reciproco, lavoro essenziale e spesso invisibile. E c’è un interrogativo che riguarda tutti: chi si prenderà cura della Regione più anziana del Paese quando perfino il lavoro domestico fatica a restare in piedi?

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