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08 Dicembre 2025 - 09:49
Strambino, stazione modello… di disservizio: bagni chiusi “a tempo indeterminato” e pendolari lasciati a incrociare le dita
La scena è sempre la stessa: bacheca ingiallita, treni che sfrecciano come se nulla fosse, pendolari allineati lungo il marciapiede. Solo un dettaglio è cambiato, ma di quelli che fanno davvero la differenza: a Strambino, i servizi igienici della stazione sono stati chiusi. Non provvisoriamente, non per qualche intervento urgente. Chiusura “definitiva”. Che tradotto vuol dire: arrangiatevi.
Fino a poco tempo fa esisteva un trucco tutto italiano, quasi pittoresco nella sua assurdità: andare dall’edicola e chiedere la chiave. Una soluzione al limite dell’artigianale, con orari variabili e disponibilità non garantita, ma pur sempre una soluzione. Ora non più. Chi si ritrova a dover aspettare un treno, una coincidenza o semplicemente a convivere con la normalissima condizione umana di avere bisogno di un bagno, può tranquillamente sperare in un miracolo. Oppure correre altrove.
La versione ufficiale parla di “rifunzionalizzazione della stazione”, un termine elegante che però non dice nulla su quanto il disagio durerà. Si sa solo che i lavori sono in corso, non si sa da quando, non si sa come, non si sa fino a quando. E soprattutto: non si sa perché nel 2025 sia considerato normale chiudere gli unici servizi igienici senza predisporre un’alternativa minima. Che poi, chiamarla alternativa sarebbe già un regalo: basterebbe persino un bagno chimico messo in piedi alla buona. Invece, il vuoto.
A rimetterci sono tutti: famiglie con bambini, anziani, persone con difficoltà, pendolari che fanno i salti mortali tra un cambio e l’altro. E però, nelle piccole stazioni, il livello di servizio sembra diventato materia opzionale. Si richiama l’intervento di Trenitalia, certo. Ma nel frattempo tutto resta così com’è: porte sbarrate, nessun avviso preciso, nessun riferimento su tempi e fasi del cantiere.
Il paradosso è che la chiusura dei bagni è trattata come un dettaglio, un fastidio di poco conto. Peccato che per chi viaggia non sia affatto un capriccio: è parte integrante della qualità del servizio, tanto quanto l’orario dei treni o la sicurezza dei binari. È una questione di decoro e di rispetto. E non serve un piano industriale per capirlo.
Altre stazioni, in situazioni simili, hanno adottato soluzioni temporanee semplici e a basso costo. Qui invece si preferisce lasciare i cittadini nell’incertezza, come se l’accesso ai servizi fosse un lusso inadatto a un centro periferico. E così Strambino diventa una sorta di metafora perfetta del trasporto pubblico quando smette di occuparsi delle persone e si limita a gestire strutture.
Il punto non è il bagno in sé. È il messaggio che passa: il pendolare può aspettare, può adattarsi, può far finta di niente. È sempre l’utente a doversi far carico dell’inefficienza, mai il contrario. E alla fine resta una domanda di fondo, più amara che polemica: davvero nel 2025 bisogna ancora lottare per ottenere ciò che dovrebbe essere elementare?
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