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26 Novembre 2025 - 08:00
Il liceo Newton di Chivasso
Alla fine, dopo mesi di tira e molla, il grande gioco dell’oca del dimensionamento scolastico arriva al suo traguardo: gli accorpamenti si faranno. E pazienza se insegnanti, famiglie e dirigenti speravano nel miracolo dell’ultimo minuto. Dal prossimo anno scolastico, sette istituti torinesi finiranno dentro questo gigantesco frullatore burocratico che li mescolerà, li uniformerà e li consegnerà a un’unica regia, come se fossero rami di un’unica, enorme azienda di istruzione.
Così la primaria Allievo si ritroverà incollata al comprensivo Frassati; il comprensivo Collodi verrà “sommerso” dal Calamandrei; il Beccari, scuola simbolo dell’enogastronomia, finirà in padella insieme allo Steiner, mentre il Galilei Ferrari verrà smontato pezzo per pezzo e distribuito tra il Majorana e il Giolitti, come se fosse un mobile Ikea e non un istituto superiore.
Intanto, mentre si taglia e s’incolla, si festeggia il “salvataggio” delle scuole considerate più fragili, quelle che, a detta della commissione, sarebbe stato meglio non toccare. E quindi il Birago, unico a formare manutentori meccanici (ma forse unico soprattutto perché qualcuno si è ricordato della sua utilità), resta in piedi. E restano anche lo Zerboni e il Peano, definiti “di frontiera”, che è un modo elegante per dire che hanno abbastanza problemi senza aggiungerne altri.
Nella provincia, lo scenario non è più roseo. A Leinì l’istituto Anna Frank verrà fuso con il comprensivo locale; tra Chivasso e Caluso, l’Ubertini verrà avvitato al liceo Newton; ad Airasca, il comprensivo finirà dentro il Pinerolo III e IV. Sette fusioni nel Torinese, due nel Cuneese, ed ecco raggiunto il magico numero: 515 autonomie scolastiche. Obiettivo centrato. E pazienza se nel frattempo scuole e territori dovranno riorganizzare identità, percorsi e servizi.

A decidere il tutto è stata una commissione tecnica composta da due membri della Regione e due dell’Ufficio scolastico regionale, che ha messo mano alla mappa delle scuole come chi aggiusta un puzzle con pezzi che non combaciano del tutto, ma tant’è: entro questa settimana la Giunta regionale ratificherà tutto, e da settembre si parte.
Ufficialmente, questi accorpamenti sarebbero soltanto una raffinata operazione amministrativa pensata per risparmiare e “razionalizzare”. Il personale Ata, ci assicurano, non verrà toccato. Ma le scuole guardano il futuro con quella diffidenza tipica di chi ha già capito come funziona: poli più grandi, più complicati, più ingestibili. E un’identità didattica che, inevitabilmente, rischia di diluirsi.
Del resto, il percorso era già scritto. La Regione, grazie agli obblighi collegati al Pnrr, deve completare 27 accorpamenti entro il 2027. Mancarne anche solo uno significherebbe restituire fondi che i Comuni hanno già messo in conto. E allora, nonostante la Città metropolitana avesse detto di voler congelare tutto, la Regione ha pigiato sull’acceleratore. Perché quando c’è il rischio di perdere soldi, le perplessità educative diventano improvvisamente un dettaglio.
Nel frattempo, mentre i tecnici sistemano le ultime carte, studenti, famiglie e docenti si preparano alla protesta di oggi davanti al Consiglio regionale. Perché a quanto pare, la scuola del futuro sarà più “snella”. Ma solo sulla carta. Nella realtà, rischia di diventare semplicemente più lontana, più affollata e, soprattutto, più complicata da governare.
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