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25 Novembre 2025 - 11:17
In foto l'assessore regionale Marco Gabusi
“Scendete e prendete un altro treno, siete in troppi.” Non un consiglio, non un invito, ma un ordine. Sono “in troppi”. Loro. I pendolari. Quelli che pagano l’abbonamento. Quelli che tengono in piedi un servizio che non funziona. Quelli che ogni mattina si alzano prima dell’alba per andare a lavorare, studiare, curarsi, vivere. In troppi! Come se il problema non fosse il treno inadeguato, la programmazione inesistente, il taglio delle carrozze, la Regione che da anni finge di non vedere numeri che gridano vendetta. No: per chi gestisce il servizio, il problema sono gli utenti. E a quel punto il paradosso non è più un dettaglio: è l’essenza stessa di una gestione fallimentare.
Succede a Chivasso. Succede perché c’è una linea ferroviaria che ogni mattina si trasforma nel teatro di una farsa indegna. Succede alle 7.42 con il Regionale Veloce 2012, l’ennesima conferma — vergognosa, ripetuta, ostinata — che il trasporto pubblico piemontese è precipitato a livelli da Terzo Mondo. Un treno Rock ridotto alla metà della sua capienza, perché qualcuno — da qualche stanza ben lontana dalle carrozze — ha stabilito che i pendolari possono pure viaggiare incastrati come sardine, stretti, compressi, con le braccia dove capita, pur di non pretendere ciò che altrove sarebbe la base: un treno intero, funzionante, adeguato all’ora di punta. Già a Santhià il quadro era disastroso; a Chivasso, come sempre, il disastro diventa catastrofe annunciata.
Dentro il convoglio, la scena è una sola e non ha bisogno di filtri: gente in piedi ovunque, appoggiata come può, schiacciata contro le porte, ammassata sugli scalini in condizioni che nessun ispettorato serio potrebbe definire “sicure”. E appena si scende, non va meglio: alla stazione di Chivasso non esiste nemmeno una sala d’aspetto, nessun luogo in cui ripararsi dal freddo pungente del mattino. Gli anziani, costretti a rimanere in piedi sulla banchina gelida sono la cifra di un sistema che ha smesso di avere rispetto per le persone che dovrebbe servire. Una scena che basterebbe da sola per definire il livello di abbandono in cui versa il trasporto pubblico locale.
Le testimonianze si sommano: Danilo Alberto, Silvia Sgrignuoli, Barbara Biglino, Roberto Morra, e molti altri viaggiatori talmente esasperati da voler quasi assalire il capotreno. Non per rabbia gratuita: per disperazione. Perché quando vieni trattato come un intralcio, come un peso morto, come un elemento disturbante, cerchi un volto a cui chiedere spiegazioni. E quel volto — purtroppo — è quello di chi sta in servizio, non di chi ha deciso di mandare in giro un treno dimezzato.
E mentre la gente ansima, mentre chi è bloccato sulle scale fatica a respirare, mentre l’aria si fa sempre più irrespirabile, arriva puntuale come una messa domenicale la bugia ufficiale delle Ferrovie.
Il treno — dice l'altoparlante — viaggia con 19 minuti di ritardo per “inconveniente sulla linea”.
Una formula vuota, che non informa e non chiarisce, ma serve solo a nascondere la verità: che il treno non partiva perché era troppo pieno, perché qualcuno ha pensato bene di ridurre la composizione nell’ora di punta, perché la gestione del servizio, ormai, è solo un gigantesco gioco dello scaricabarile. E così, mentre i passeggeri restano fermi come bestie in un carro, devono pure ingoiare la beffa di sentirsi dire che la colpa è della “linea”. Una presa in giro che non regge più.

A rendere il tutto ancora più insopportabile, i soliti viaggiatori dall’aria superiore, quelli che ti guardano come se fossi colpevole perfino di occupare spazio vitale. “Ma a Chivasso ci sono cento treni… proprio questo dovevate prendere?”
Eh certo. Perché è risaputo che i pendolari amano scegliere il treno più affollato, quello dimezzato, quello che non parte, quello che rischia di soffocarti. È noto: i pendolari sono masochisti. È noto: se la programmazione fa acqua dappertutto, la colpa è di chi viaggia. È noto: per alcuni, il problema non è mai il servizio pubblico, ma l’utente che osa usarlo.
“E poi ci chiediamo — commenta Danilo Alberto — perché la gente perda la pazienza. Oggi, su quel treno, c’erano decine di persone dirette al lavoro, agli ospedali, agli studi medici, agli esami universitari. Tutti stipati oltre ogni limite. E quello che è successo viola apertamente — e senza alcuna vergogna — i diritti sanciti dal Regolamento (UE) 782/2021 e dal Regolamento (CE) 1371/2007, che la stessa azienda ferroviaria dovrebbe conoscere e rispettare. Il Piemonte si riempie la bocca parlando di mobilità sostenibile, di modernizzazione, di innovazione, mentre la realtà è questa: treni che non possono partire perché troppo pieni, carrozze dimezzate senza preavviso, passeggeri trattati come fastidio, non come esseri umani. Altro che Europa: questa è roba che non si vede neppure in certe tratte del Sud del mondo.”
Ma questa volta, finalmente, sembra esserci un limite. I pendolari hanno deciso di non tacere più. E non si parla di sfoghi estemporanei sui social: parliamo di un gruppo compatto, stanco, esausto, arrabbiato, deciso a rivolgersi formalmente all’assessore ai trasporti Marco Gabusi e al Ministro dei Trasporti Matteo Salvini a Roma, con una denuncia dettagliata, accompagnata da foto, testimonianze, riferimenti normativi, domande precise e richieste perentorie. Non una lamentela, ma una denuncia vera, circostanziata, documentata. Perché se questo è un servizio pubblico, allora è ora di spiegare pubblicamente perché migliaia di persone devono subire ogni mattina umiliazioni che in qualsiasi altro settore verrebbero considerate inaccettabili.
E mentre i pendolari preparano la loro denuncia, resta impressa l’immagine di questa mattina: uno stuolo di cittadini appesi alle maniglie, compressi, stremati, fermi per un quarto d’ora in un treno che non poteva partire perché progettato — o programmato — da qualcuno che non ha mai messo piede su un regionale alle 7 del mattino. Un Paese civile avrebbe già chiesto scusa. Qui, invece, si continua a ripetere che era “un inconveniente sulla linea”.
Il Piemonte merita molto di più. I pendolari meritano molto di più. E il trasporto ferroviario, così com’è, non è solo inefficiente: è un’umiliazione quotidiana. E oggi, finalmente, qualcuno lo metterà nero su bianco davanti a chi dovrebbe vergognarsi.
Il Regionale Veloce 2012, questa mattina, ha compiuto un gesto rivoluzionario: ha dichiarato guerra aperta ai passeggeri. Una scelta coraggiosa, finalmente un treno che dice la verità: i pendolari sono troppi, troppo esigenti, troppo presenti. Una vera persecuzione.
Perché non c’è niente di più irritante, per un convoglio, che avere gente a bordo.
“Scendete e prendete un altro treno, siete in troppi”, è stato l’annuncio ufficiale. Una frase che, detta così, suona più come un’ammonizione all’umanità: smettetela di essere così numerosa.
Un rimprovero metafisico, quasi biblico.
Ma almeno stavolta l’azienda ferroviaria ha avuto un lampo di sincerità: il problema non sono i treni che non funzionano, sono le persone che si ostinano a usarli.
Il convoglio era talmente pieno da non poter ripartire.
Non pieno di tecnologia, innovazione o infrastrutture: pieno di gente. Una sciagura.
E allora l’ordine: giù tutti, lasciate respirare il treno, lasciate che si ossigeni la linea.
È il trionfo del minimalismo: meno passeggeri, più efficienza.
Un po’ come gli ospedali, che funzionerebbero divinamente se non arrivassero più malati.
È il nuovo che avanza. Le ferrovie moderne, in un impeto di design funzionale, stanno eliminando tutto ciò che è superfluo: prima le carrozze, poi le sedute, ora gli utenti. Il futuro è chiaro: un treno completamente vuoto che parte puntuale. La perfezione assoluta.
Ora, pare che i pendolari vogliano addirittura scrivere all’assessore regionale Marco Gabusi e al Ministro dei Trasporti Matteo Salvini.
Un atto di audacia, quasi temerario: in Italia scrivere alle istituzioni equivale a spedire una cartolina a Babbo Natale, con la differenza che Babbo Natale, almeno, una volta l’anno risponde.
IL COMUNICATO DI TRENITALIA
Il treno RV 2012 Milano-Torino di questa mattina, effettuato con un treno elettrico doppio piano a 5 elementi, si è fermato nella stazione di Chivasso per un guasto al segnale di partenza e non per sovraffollamento in quanto, come registrato dal Capotreno in servizio, il picco massimo di passeggeri è stato di 805 presenze rispetto a 1410 posti totali, compresi quelli in piedi (tecnicamente, la condizione di affollamento si ha tra 950 e 1410).
Il Capotreno ha invitato i passeggeri a distribuirsi lungo tutto il convoglio, anziché fermarsi nei primi elementi dove erano presenti troppe persone non “Scendete e prendete un altro treno, siete in troppi” come riportato nell’articolo.
Nella stazione di Chivasso, infatti, erano ancora disponibili spazi nelle vetture di coda ma, in autonomia, a seguito dell’annuncio sonoro diramato in stazione per un inconveniente alla linea (guasto del segnale di partenza) circa 150 viaggiatori hanno deciso di portarsi al binario 1 credendo che il R 26324 diretto a Pinerolo partisse prima del 2012.
Il treno 2012 è partito prima del 26324 con 18 minuti di ritardo da Chivasso ed è giunto a Torino Porta Nuova con 15 minuti.
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