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Corgiat lancia una petizione per salvare l'ospedale: “Fuori i responsabili"

Maltrattamenti, conti in rovina, gestione SAAPA “opaca e dannosa”. “Regione e Comune smettano di prenderci in giro. Ora basta”

Corgiat lancia una petizione per salvare l'ospedale: “Fuori i responsabili"

Corgiat lancia una petizione per salvare l'ospedale: “Fuori i responsabili"

C’è un momento, nella vita di una città, in cui la misura è colma. A Settimo Torinese quel momento sembra essere arrivato ora, grazie — o per colpa, vedete voi — della nuova petizione lanciata da Aldo Corgiat Loia, ex sindaco, ex presidente dell’Anci regionale, ex tutto tranne che ex cittadino. Uno che Settimo l’ha sempre vissuta in faccia, senza filtri. E quando decide di alzare la voce, lo fa perché vede che la nave sta imbarcando acqua da tutte le parti mentre a bordo si continua a ballare.

La petizione è un pugno nello stomaco della politica locale e regionale. Non è un garbato invito alla riflessione. No, è un atto d’accusa frontale, costruito immaginando quei maltrattamenti ai pazienti, quei buchi di bilancio che gridano vendetta, quell’assenza totale di controlli sulla gestione affidata a SAAPA, definita dai magistrati eporediesi che stanno indagando “opaca, dannosa, irresponsabile”. Non un sospetto, non una sfumatura: un verdetto.

E mentre le notizie si inseguono — servizi televisivi, carte che spuntano, denunce, testimonianze — Regione Piemonte e Comune di Settimo, secondo Corgiat, si starebbero impegnando più a minimizzare che a risolvere. Si parla di rassicurazioni, tavoli, promesse, ma nella realtà dei fatti tutto rimane immobile, e la sensazione è sempre la stessa: che qualcuno stia tirando a campare in attesa che passi la buriana.

Corgiat questa volta non ci sta. E la mette giù pesante: “Chiediamo che liquidatori, amministratori e soci di SAAPA si facciano da parte e rispondano davanti al tribunale delle loro responsabilità”. Un passaggio che pesa come un macigno: non una critica politica, ma un richiamo diretto a responsabilità amministrative e gestionali. Chi ha sbagliato — dice l’ex sindaco — risponda.

L’altro punto, altrettanto esplosivo, riguarda l’ASL. Basta gestioni a metà, fusioni a tre quarti, responsabilità distribuite come coriandoli. Per Corgiat la soluzione è semplice: l’ASL TO4 deve assumere la gestione piena, senza vincoli, senza lacci, senza quella “zona grigia” che da anni inghiotte tutto e non restituisce niente. E deve farlo reintegrando le funzioni che l’ospedale aveva: post-acuzie, diagnostica rafforzata, primo intervento, un presidio territoriale che sia degno di questo nome.

la petizione

Poi c’è la questione del personale, che in questa storia rischia di essere la vittima silenziosa. L’ex sindaco lo dice chiaro: nelle future gare gestite dall’ASL ci deve essere l’obbligo di riassorbire tutti i lavoratori e assumere le figure necessarie. Quegli stessi lavoratori che hanno tenuto in piedi la baracca mentre la politica faceva finta di niente, tra un comunicato ottimista e l’altro.

La petizione è anche un appello alla dignità collettiva. Corgiat parla di “presa in giro” verso pazienti, famiglie e comunità. Non usa perifrasi: presa in giro. Perché quando il servizio sanitario viene svuotato, quando si gioca sulla pelle dei fragili, quando si racconta che va tutto bene mentre non va bene niente, la fiducia evapora. E quando evapora la fiducia, crolla tutto.

E allora eccola, la frase che riassume il senso di tutto: “Salvare l’ospedale è ancora possibile, ma solo riconoscendo il fallimento di chi avrebbe dovuto garantire una gestione corretta.”
Non un attacco fine a sé stesso, ma una fotografia impietosa della realtà.

La conclusione è un invito ai cittadini, ma suona più come una chiamata alle armi popolari: firmare, sostenere, partecipare. Perché di fronte a un ospedale che rischia di diventare un guscio vuoto, non basta scrollare le spalle. Settimo, dice Corgiat, deve alzare la testa. E farlo adesso.

Insomma, la petizione è appena partita, ma la miccia è già accesa. Ora resta solo da vedere chi avrà il coraggio di prendere posizione.
Perché, a questo punto, il silenzio sarebbe più assordante delle parole.

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