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Ponti piemontesi nel caos: graduatoria sparita, cantieri fermi e Roma che dorme. Avetta interroga

Domani la Giunta dovrà spiegare perché, a sei anni dai fondi statali, i ponti sono ancora al palo: zero graduatoria, lavori bloccati e scadenze impossibili. Avetta sbatte in faccia alla Regione l’ennesimo fallimento della politica nazionale

Ponti piemontesi nel caos: graduatoria sparita, cantieri fermi e Roma che dorme. Avetta interroga

Domani, durante il Question Time, la Giunta regionale sarà chiamata a rispondere a una delle questioni più imbarazzanti e più lunghe della politica piemontese recente: il destino dei ponti che avrebbero dovuto essere messi in sicurezza già da anni. A sollevare il caso è il consigliere Alberto Avetta, che con un’interrogazione dettagliata rimette in scena tutta la storia – e tutte le contraddizioni – del maxi-intervento finanziato dallo Stato nel 2019.

Parliamo di 135 milioni di euro per 32 ponti piemontesi, di cui 66,1 destinati alla Città Metropolitana di Torino. Un piano ambizioso che coinvolge alcuni snodi cruciali del territorio: Alpignano, Carignano, Ciriè, Robassomero, Settimo Castiglione, Villafranca, Villanova, Verolengo, Verrua Savoia. E soprattutto lui, l’intramontabile protagonista di ogni discussione infrastrutturale canavesana: il Ponte Preti.

Su quel viadotto del 1920 si è detto di tutto: strategico, urgente, indispensabile, vitale per l’area industriale del Canavese occidentale ed orientale. È vero. Ma oggi la domanda è un’altra: come mai, dopo sei anni, non si è mosso praticamente nulla?

Avetta ricostruisce una sequenza che, a leggerla, sembra un manuale della burocrazia paralizzata. La Città Metropolitana ha fatto ciò che le competeva: progetti, documenti, manifestazione di interesse alla proroga. Tutto pronto. Ma tutto fermo in attesa della famosa graduatoria dei progetti che i Ministeri – MIT e MEF – avrebbero dovuto pubblicare ad aprile 2025 e che invece, a fine novembre, non esiste. Un fantasma amministrativo che blocca progettazioni, cantieri e ogni decisione operativa.

Nel frattempo, la scadenza per l’aggiudicazione dei lavori – già slittata una volta con il milleproroghe – resta fissata al 31 dicembre 2025. Un termine che, come scrive Avetta, “appare ormai improbabile da rispettare”.
Improbabile? Diciamo pure impossibile, se Roma continua a fingere che pubblicare una graduatoria sia un’impresa titanica.

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Ed è qui che il pezzo si fa politico. Abbiamo visto i sindaci del Canavese più volte salire sul Ponte Preti, trasformandolo nel teatro visibile della loro esasperazione. Non più simboli, non più foto di rito: frustrazione, vera e tangibile, davanti a un’infrastruttura che rischia di restare sospesa per un altro anno – o più. Sui parapetti del viadotto, in questi mesi, non si misurano più le promesse: si misura la distanza siderale tra i territori e i palazzi romani.

E ai presidi si sono presentati anche il presidente Alberto Cirio, l’assessore Marco Gabusi, deputati e senatori. Tutti pronti a ribadire l’importanza dell’opera, tutti pronti a dire che "il Canavese non può restare isolato, che i ponti vanno messi in sicurezza, che nessuno sarà lasciato indietro". Parole, impegni, abbracci, pacche sulle spalle. Ma senza la graduatoria, tutto resta fermo.

E allora Avetta chiede alla Giunta l’unica cosa che oggi ha senso chiedere: "la Regione si sta muovendo con Roma per ottenere una nuova proroga, l’ennesima, ma probabilmente l’unica che può evitare che l’intero piano da 135 milioni finisca divorato dalla burocrazia?"

Domani, al Question Time, la Giunta dovrà rispondere. E dovrà farlo chiarendo se stia intervenendo, se abbia preso posizione, se stia facendo la guerra ai Ministeri per difendere i ponti del Piemonte.

Perché il rischio è assurdo ma concreto: avere i soldi, avere i progetti, avere gli enti pronti… e perdere tutto perché un documento ministeriale non viene pubblicato. Sarebbe davvero l’ennesima, gigantesca, imperdonabile beffa.

Insomma: domani non si parla solo di ponti.
Si parla della capacità – o dell’incapacità – dello Stato di mantenere ciò che promette.

Ponti su ponti

C’è un momento, nella vita di un ponte, in cui capisce che non è più un’infrastruttura: è una metafora.
Il Ponte Preti, per esempio, ormai non collega più due sponde del Canavese, ma due universi paralleli: da una parte i sindaci che chiedono, dall’altra Roma che risponde “un attimo, arriviamo”. Da sei anni.

La famosa graduatoria dei finanziamenti – quella attesa ad aprile – si è talmente persa per strada che dev’essere caduta da un ponte anche lei. Forse proprio da uno di quelli da mettere in sicurezza. La città Metropolitana presenta carte, fascicoli, progetti, relazioni… ma il Ministero deve averli presi troppo alla lettera: mettiamo tutto in sicurezza, hanno detto, e hanno messo in sicurezza pure i documenti, talmente in sicurezza che non li trova più nessuno.

E così in Piemonte c’è questo strano fenomeno naturale: i ponti stanno fermi, ma i termini di legge scorrono. Un po’ come quelle sabbie mobili in cui più ti muovi, più sprofondi: qui invece più aspetti, più arriva una proroga. È la burocrazia quantistica: i lavori non partono, ma le scadenze si spostano da sole, come gli orologi delle stazioni quando il treno è in ritardo ma “sta per arrivare”.

Il Canavese industriale nel frattempo guarda il Ponte Preti con la stessa fiducia con cui si guarda un marito che da vent’anni promette che aggiusterà la tapparella: lo fa domani. Anzi dopo. Anzi quando pubblicano la graduatoria.

Si fanno presidi, la Regione promette, i parlamentari giurano (Alessandro Giglio Vigna spergiura), i cittadini sperano. È tutto un brulicare di entusiasmo. Mancano solo gli operai, i lavori, le ruspe e la graduatoria: dettagli.

Il Governo aveva stanziato i fondi nel 2019. C’era ancora il Conte uno, forse il Conte due, comunque c’era ancora qualcuno che contava. Ora i ponti piemontesi sono entrati ufficialmente nella categoria delle opere di lunga durata, insieme alle piramidi, al Colosseo e alla Salerno-Reggio Calabria.

E la domanda che Avetta porterà domani al Question Time è semplice: “A che punto siamo?”
La risposta non potrà che essere coerente con tutta la vicenda: siamo a metà del ponte.
Il problema è che non c’è ancora il ponte.

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