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Il prete manager e il culto di Bettazzi

Tra sacerdoti sempre più impegnati in riunioni, eventi e passerelle pubbliche e la crescente canonizzazione mediatica di Luigi Bettazzi, la Chiesa sembra aver smarrito il senso dell’essenziale: il silenzio, la preghiera e l’umiltà che un tempo parlavano più di mille progetti pastorali

Bettazzi

Monsignor Luigi Bettazzi

Nella Chiesa è il tempo dei «piani» o dei «progetti pastorali», dotti documenti, spesso assai corposi, che propongono infine una batteria di riunioni e di incontri mentre capita sempre più spesso di entrare in un chiesa e di trovarla vuota di una presenza che un tempo era scontata: quella del prete inginocchiato davanti al Santissimo Sacramento o seduto in confessionale silenzioso e disponibile.

Questo non era a detrimento dell'attenzione al sociale, alla carità organizzata, all'accompagnamento dei lontani ma parte integrante del mandato evangelico.

Oggi invece abbiamo i sacerdoti-manager, efficienti ed efficaci nell'organizzare, fare continue chiamate a riunioni, presenti ad ogni invito, banchetti in ristoranti e bar, inaugurazioni, kermesse e cerimonie, ma irreperibili nell'adorare, introvabili quando un'anima bussa alla canonica, magari fuori orario. La gente però, specialmente quella semplice, sa subito distinguere tra il pastore delle anime e l'animatore socio-culturale. Nostalgia di un passato che non tornerà più? O consapevolezza che la gente non cerca principalmente un prete «utile», ma un prete «santo», capace di non ridurre i poveri ad un progetto, ma di incontrarli come Cristo li incontrava e, se non dovessero conoscerlo, farglielo incontrare?

Ho conosciuto un vecchio prete che mi diceva: «Quando la gente entra in chiesa e mi vede lì, in ginocchio, spesso non chiede più nulla. Si mette anche lei in ginocchio. Basta quello». Sarebbe ora di tornare al «basta quello»: un uomo che, prima di ogni agenda pastorale, si dedica, come la Maria di Betania, all’«unica cosa necessaria» (Luca 10,42), perché è solo da quel fuoco che può nascere una carità che non sia filantropia. La gente non è stufa del prete che si spende. È stufa del prete che non si inginocchia più, che sfugge, che appare e scompare e salta da un posto all'altro.

Come avevamo previsto siamo arrivati già alla terza biografia del compianto monsignor Luigi Bettazzi. A poco più dalla sua morte è uscito il volume Cronografia del vescovo Bettazzi. Sabato scorso sono stati presentati ben due nuovi libri su di lui: il primo di Alberto Chiara, Luigi Bettazzi. Un vescovo alla sinistra di Dio (San Paolo) e il secondo di Marta Margotti: Bettazzi: un vescovo sul confine. E ne sono in programma altri. Di più c'è soltanto l'avvio del processo di beatificazione che non è detto le sue vedove e i suoi vedovi non abbiano in programma. Anzi, qualcuno dice che ci stanno già pensando.

Chissà cosa direbbe di tutto questo trionfalismo e culto della personalità il buon monsignor Luigi, lui che della sobrietà e della povertà ecclesiale – anche intellettuale – aveva fatto una bandiera. Noi vogliamo ricordarlo con una delle sue memorabili battute secondo cui, dopo il Concilio, al papa sono stati attribuiti i fastidi, ai vescovi il potere, ai preti le fatiche, ai diaconi gli onori e ai laici le chiacchiere.

* Frà Martino

Chi è Fra Martino? Un parroco? Un esperto di chiesa? Uno che origlia? Uno che si diverte è basta? Che si tratti di uno pseudonimo è chiaro, così com’è chiaro che ha deciso di fare suonare le campane tutte le domeniche... Ci racconta di vescovi, preti e cardinali fin dentro ai loro più reconditi segreti. E non è una santa messa ma di sicuro una gran bella messa, Amen

Tutti gli articoli di Fra' Martino qui

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