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Calderoli porta l’autonomia a Torino: mancano i LEP, ma c’è il fotografo. Padania libera

Autonomia firmata in pompa magna senza i LEP: rischio di servizi a macchia di leopardo e polemiche del PRC

Calderoli porta l’autonomia a Torino: mancano i LEP, ma c’è il fotografo.

Calderoli porta l’autonomia a Torino: mancano i LEP, ma c’è il fotografo.

Sono le 11.28 e al Grattacielo Piemonte si consuma una delle scene più ricorrenti della politica italiana: la firma di qualcosa che nessuno ha davvero capito fino in fondo, ma che va annunciata come epocale. In Sala Giunta, davanti ai fotografi chiamati a immortalare l’ennesimo “giorno storico”, il presidente Alberto Cirio e il ministro Roberto Calderoli stanno apponendo una firma grande così sulla pre-intesa sull’Autonomia Differenziata. Li affianca l’assessore Enrico Bussalino, che sembra proteggere il documento come se contenesse la soluzione definitiva a tutti i problemi del Piemonte.

La scena è di quelle curate, quasi teatrali. Calderoli arriva con l’aria di chi sta portando un dono prezioso, mentre Cirio posa con la solennità di chi sa che quel gesto finirà nei comunicati stampa della giornata. Peccato manchi solo un dettaglio: i LEP, i Livelli Essenziali delle Prestazioni. Quelli che, per legge, dovrebbero venire prima dell’autonomia, non dopo. Quelli che servirebbero a garantire che non esistano cittadini di Serie A e Serie B. Quelli che, al momento, sono un’idea, una promessa, un “ci stiamo lavorando” istituzionale. Eppure, nonostante questo vuoto normativo, oggi si firma. Perché quando c’è da fare campagna politica, i dettagli possono aspettare.

Non a caso, questa firma rientra in un mini-tour che sembra uscito direttamente dalle campagne degli anni ’90, quando la Lega Nord ancora sognava la “Padania libera” e Calderoli faceva agitare pupazzi gonfiabili per spiegare la riforma dello Stato. Oggi lo scenario è più sobrio, ma l’effetto è lo stesso: Liguria, Lombardia e Veneto firmano anche loro tra martedì e mercoledì. Tutti in fila, tutti composti, tutti pronti a dichiarare che l’autonomia è “una grande conquista”. Come nei giorni di saldi: si parte presto per accaparrarsi il pezzo più ambito.

Intanto, dall’altra parte del mondo reale, c’è chi non si beve questa liturgia. Alberto Deambrogio, segretario regionale del PRC Piemonte-VdA, non solo critica la firma, ma la smonta pezzo per pezzo. “È un tour dal sapore elettoralistico”, dice, mentre i flash illuminano Calderoli come una star in tournée. E non si ferma qui: “Il passaggio sulle pre-intese sulle materie non-LEP è un tributo alla Lega Nord”. Il riferimento non è casuale: la legge 26 giugno 2024 n. 86, quella che definisce le procedure dell’autonomia differenziata, è stata voluta e spinta proprio dalla forza politica che, da trent’anni, usa il tema per costruire identità, consenso e qualche bandierina da piantare sui tavoli del Governo.

Il punto centrale della critica di Deambrogio è chiaro: mentre i LEP seguono un iter definito “antidemocratico e lesivo delle prerogative del Parlamento”, ci si concentra sulle materie che non li prevedono. Le cosiddette “non-LEP”, quelle che sulla carta non toccano direttamente i diritti essenziali, ma che in pratica possono scardinare l’uniformità del sistema Paese. E qui la lista parla da sola: Protezione Civile, professioni, previdenza complementare, coordinamento della finanza pubblica in ambito sanitario. Temi che sembrano neutri solo a chi non li conosce.

Deambrogio fa un esempio lampante: “Le Regioni faranno ponti d’oro a fondi e assicurazioni pronti a inserirsi nella crisi del sistema pubblico. L’integrativo diventerà sostitutivo per chi potrà permetterselo”. Tradotto: più autonomia per la Regione, meno certezze per i cittadini. E un’Italia che, invece di unirsi, si sfilaccia. Un’Italia a macchia di leopardo, dove i servizi funzionano meglio a seconda della latitudine e del colore politico della giunta.

In Lombardia

Ha firmato anche la Lombardia ...

All’esterno del Grattacielo, mentre dentro si stringono mani e si stampano sorrisi, cresce la mobilitazione. Rifondazione Comunista è tra i promotori della petizione popolare regionale che chiede alla giunta Cirio di ritirare la richiesta di autonomia differenziata. Una richiesta che, oggi più che mai, sembra cadere nel vuoto. “Condanniamo senza appello l’iniziativa di Cirio e Calderoli”, afferma Deambrogio. È un’espressione forte, definitiva, quasi giudiziaria. Eppure, nella Sala Giunta, nessuno sembra sentirla. La politica, si sa, sviluppa presto una certa capacità di selettività uditiva.

Alle 11.28, dunque, il Piemonte imbocca ufficialmente la strada tracciata dalla legge 86/2024, una strada che però più che un’autostrada somiglia a un viottolo dissestato: mancano i ponti, mancano i cartelli, mancano le indicazioni su chi pagherà i lavori. Ma la firma c’è, e questo basta per dichiarare “missione compiuta”. Calderoli e Cirio si salutano, consapevoli che, almeno per oggi, l’effetto-annuncio è salvo. Il resto? Si vedrà. Magari quando i LEP saranno pronti. O quando qualcuno si accorgerà che i Livelli Essenziali non sono solo una formula tecnica, ma la differenza tra un Paese unito e un Paese a pezzi.

Fino a quel giorno, nel frattempo, resta la sensazione che l’autonomia differenziata sia l’ennesima grande riforma approvata con lo spirito del “intanto firmiamo, poi ci penseremo”. E come spesso accade in Italia, quando si firma senza sapere dove si sta andando, il rischio non è l’autonomia. È l’autogol.

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