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L’ex amante incendia la casa: muoiono una donna e i suoi tre bambini

La ricostruzione dell’incendio del 21 agosto 2024: secondo l’accusa fu un attacco mirato contro Antonia Gawith, degenerato in un rogo che uccise Bryonie e i suoi tre bambini. Al processo di Doncaster immagini, audio e perizie ridisegnano una notte di violenza, gelosia e omissioni.

L’ex amante incendia la casa: muoiono una donna e i suoi tre bambini

L’ex amante incendia la casa: muoiono una donna e i suoi tre bambini

All’inizio si vede poco: sagome nella notte, un’ombra che avanza, una voce che impartisce un ordine secco — “sfonda la porta” — e una luce lattiginosa che cattura per un istante una tanica stretta tra due mani. Poi tutto accelera, come se qualcuno avesse premuto un interruttore: un’esplosione di fiamme, un bagliore arancione che ingoia una casa su Westbury Road, a Bradford, e con essa quattro vite. Bryonie Gawith, 29 anni, e i suoi tre bambini — Denisty, 9 anni, Oscar, 5, e la piccola Aubree, 22 mesi — restano intrappolati in un incendio che, per l’accusa, non è un incidente, ma l’esito tragico di una missione punitiva concepita male, eseguita peggio e alimentata da gelosia, rancore, alcol e droga. È la notte del 21 agosto 2024, una di quelle notti che una città non dimentica, e che il sistema giudiziario inglese cerca ora di ricostruire pezzo per pezzo davanti alla giuria della Doncaster Crown Court.

Secondo l’impianto accusatorio, il “motore” dell’azione è Sharaz Ali, 40 anni, spalleggiato da Calum Sunderland, 26, e da un terzo uomo, Mohammed Shabir, 45, indicato come l’autista. L’obiettivo — sempre secondo la procura — non era Bryonie, ma sua sorella Antonia Gawith, ex compagna di Ali, che quella notte si trovava in casa e che riesce a salvarsi per un soffio. La ricostruzione poggia su immagini e audio provenienti dal campanello di un’abitazione vicina: una telecamera domestica che, suo malgrado, diventa testimone chiave. Le figure di due uomini, il buio che si muove intorno alla porta, la voce attribuita ad Ali che ordina di sfondare l’ingresso, la tanica con circa sette litri di benzina acquistata poco prima lungo la strada tra Keighley e Bradford. Gli inquirenti sostengono che Sunderland colpisca la porta fino a forzarla, si allontani verso l’auto, e che Ali entri nella casa, sparga carburante e appicchi il fuoco con un accendino. Ne nasce un inferno immediato: le fiamme divorano la tromba delle scale, l’aria diventa irrespirabile in pochi istanti, e chi si trova al piano superiore non ha scampo. Antonia riesce a uscire, ferita; Bryonie e i tre bambini no. L’autopsia, riferita in aula, parla di inalazione di fumi, di pochi minuti in cui visibilità e ossigeno crollano insieme, di una trappola senza uscita.

incendio

Il paradosso, sempre secondo l’accusa, è che lo stesso Ali rimane vittima del rogo che avrebbe innescato: ustioni gravissime, condizioni talmente critiche che in un primo momento i medici ritengono improbabile che sopravviva. Saranno gli agenti a trascinarlo fuori dalla casa ormai in fiamme. Da qui prende avvio una sequenza processuale altrettanto drammatica. Nell’agosto 2024 Shabir e Sunderland vengono incriminati per omicidio plurimo; Ali giace in ospedale tra la vita e la morte. Nei mesi successivi, il suo quadro clinico oscilla, poi migliora in modo inatteso: tra febbraio e aprile 2025 viene dichiarato idoneo a comparire davanti ai giudici, prima in videocollegamento dal letto d’ospedale e poi, una volta trasferito, direttamente dal carcere. Il processo congiunto viene fissato per il 17 novembre 2025, ma poche settimane prima un imprevisto modifica ancora lo scenario: Shabir muore in carcere per un malore. In aula, il pubblico ministero comunica ufficialmente il decesso, precisando che il dibattimento prosegue soltanto per Ali e Sunderland. Una dinamica insolita, che aiuta anche a spiegare perché il procedimento sia stato assegnato alla Doncaster Crown Court e non a Bradford, una scelta organizzativa non infrequente nei casi complessi o di alto profilo.

Man mano che il dibattimento avanza, il quadro che emerge è quello di una relazione degenerata, di una miscela di gelosia, sostanze e frustrazione che avrebbe trasformato un conflitto privato in una spedizione punitiva. Ma la prudenza è d’obbligo: la difesa contesta alcune testimonianze, ridimensiona il movente, sgretola i passaggi considerati determinanti dall’accusa e tenta di indebolire il nesso tra volontà e conseguenze. Lo stato psico-fisico di Ali la notte del rogo diventa un campo di scontro: cosa beve, cosa assume, in che misura è in grado di intendere e volere, quanto comprende del rischio di morte per le persone all’interno della casa? E soprattutto: l’intenzione di colpire Antonia può essere estesa agli esiti fatali che ne derivano? È la differenza, cruciale nel diritto inglese, tra ciò che un imputato vuole e ciò che un imputato prevede.

La giuria dovrà valutare dettagli tecnici ma anche implicazioni morali. Le immagini del campanello vengono considerate un pilastro probatorio: collocano gli imputati sulla scena, mostrano la tanica, registrano l’ordine di sfondare la porta. L’acquisto della benzina lungo il tragitto viene interpretato come indizio di premeditazione. La dinamica del fuoco — il punto esatto d’innesco, la propagazione immediata, l’impossibilità di fuga — è ricostruita attraverso perizie e testimonianze. Il ruolo di Sunderland è osservato con particolare attenzione: quanto è esecutore, quanto complice, quanto necessario alla realizzazione dell’azione? Nel sistema inglese, la linea tra partecipazione e corresponsabilità non è sottile: è una lama che incide il perimetro della colpa.

Accanto al linguaggio della giustizia, però, resta quello della comunità. Bradford è una città abituata a convivere con contraddizioni profonde, e quando quattro vite svaniscono in una casa annerita tutto diventa più fragile: strade di case a schiera identiche tra loro, famiglie che dormono al piano di sopra senza immaginare che un rancore privato possa trasformare un ingresso in un’arma. Dopo l’incendio, veglie, fiori, biglietti, fotografie di Bryonie e dei suoi bambini circolano nei media locali: compleanni, merende, i primi giorni di scuola. È il repertorio della normalità che si sgretola.

La vicenda solleva anche interrogativi più grandi, che superano il recinto dell’aula. La violenza domestica, e ciò che la precede, resta un territorio in cui interventi e prevenzione arrivano spesso tardi. L’accusa parla di gelosia, frustrazioni, abusi; la difesa ribatte, ma la sostanza rimane: quali strumenti aveva davvero Antonia Gawith? Quanti segnali erano emersi? Chi avrebbe potuto coglierli? E la tecnologia — il campanello, il video, l’audio — che ruolo gioca? Sempre più spesso diventa il primo testimone, ma non basta. Al massimo registra ciò che nessuno è riuscito a evitare.

La domanda di fondo che la giuria dovrà sciogliere riguarda la prevedibilità della morte. Davanti a un incendio appiccato di notte, con benzina, con l’ingresso forzato, con persone all’interno, è possibile sostenere che l’esito — quattro vite spente in pochi minuti — non fosse almeno prevedibile? È qui che l’accusa costruisce la propria architettura: una concatenazione di gesti che, presi uno per uno, raccontano un’intenzione. La difesa, come sempre accade nei grandi processi, punta invece sulle zone grigie: l’assenza di un movente esplicito per colpire i bambini, l’imprevedibilità della propagazione delle fiamme, il ruolo delle sostanze, le circostanze confuse delle prime fasi della fuga.

Il dibattimento, aperto il 18 novembre 2025 con l’arringa del pubblico ministero David Brooke KC, prosegue con un calendario serrato, scandito da testimonianze, perizie su acceleranti, analisi dei tragitti veicolari e dei telefoni cellulari. La stampa britannica segue il caso con attenzione, oscillando tra cronaca giudiziaria e interrogativi sul sistema di protezione delle vittime. Ma l’unica certezza, al di là delle formule legali, è che finché la giuria non si pronuncerà vale la presunzione di innocenza: Sharaz Ali e Calum Sunderland negano ogni accusa, e il loro destino è nelle mani di dodici cittadini chiamati a distinguere ciò che appare plausibile da ciò che è provato oltre ogni ragionevole dubbio.

Rimane un’immagine, più delle altre: tre lettini di bambini rimasti intatti nelle loro forme, bianchi, quasi innocenti, mentre tutto il resto brucia. È un’immagine che inquieta perché dice la verità: anche in un Paese che discute di prevenzione, servizi sociali, dispositivi di protezione e misure restrittive, basta un adulto deciso a oltrepassare una soglia — reale o simbolica — per trasformare una casa in un’arma. Bradford continua a chiedersi come si sia arrivati fin lì e che cosa si sarebbe potuto fare prima. Perché dietro un ordine pronunciato davanti a una porta — “sfondala” — spesso c’è una storia intera che nessuno ha voluto ascoltare abbastanza presto.

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