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Gli studenti tornano in piazza a Torino: cartelli contro la guerra durante il “No Meloni Day”

Fridays for Future e collettivi scolastici uniti nella mobilitazione, con oltre 1.300 partecipanti, attraversano il centro tra vetrine, portici e striscioni

Gli studenti tornano in piazza a Torino: cartelli contro la guerra durante il “No Meloni Day”

Gli studenti tornano in piazza a Torino: cartelli contro la guerra durante il “No Meloni Day”

Una giornata che si profila intensa e simbolica quella che si svolge oggi a Torino, dove dalle 9.30 centinaia di studenti si sono radunati in piazza XVIII Dicembre per il corteo organizzato sotto la sigla del “No Meloni Day”. Una mobilitazione che unisce, in un’unica manifestazione, il mondo della scuola resistente, i collettivi studenteschi universitari e i movimenti ambientalisti del tipo Fridays for Future, tutti convinti che la protesta di oggi vada ben oltre una singola rivendicazione: riguarda il diritto allo studio, la critica alle politiche di riarmo dell’Italia, la solidarietà al popolo palestinese, e l’urgenza della giustizia climatica. Le parole d’ordine presentano un ordine di priorità ben chiaro: accesso all’istruzione, borse di studio adeguate, alloggi universitari, investimenti nella sostenibilità ambientale.

Nel corso del corteo gli studenti si sono divisi in due spezzoni: da una parte i Fridays for Future, con il loro linguaggio e i simboli tipici della mobilitazione climatica, dall’altra i collettivi delle scuole superiori che portano in piazza le rivendicazioni più specifiche del mondo dell’istruzione. Insieme hanno attraversato le vie della città, da corso Castelfidardo, passando per corso Bolzano fino alla zona delle OG R — già teatro di contestazioni nel corso dell’Italian Tech Week — per poi imboccare corso Vittorio Emanuele II, via dell’Arsenale, via Pietro Micca, via Cernaia e tornare in piazza XVIII Dicembre per chiudere la cornice della mobilitazione davanti al grattacielo di Intesa Sanpaolo. Tra i momenti più forti: davanti alla sede territoriale del Ministero dell’Istruzione in corso Vittorio Emanuele, alcuni studenti hanno dato fuoco a cartelli contro la guerra, e in zona OGR sono comparse scritte contro la premier, a dimostrazione che anche la forma visiva della protesta si fa aggressiva e decisa.

Questo appuntamento non giunge in un vuoto politico o sociale: porta con sé l’eco e le tensioni accumulate dall’edizione 2024 del No Meloni Day. Allora, sempre a Torino, la manifestazione aveva visto scontri con la polizia davanti alla Prefettura, lanci di oggetti, la bruciatura di un fantoccio raffigurante il ministro Giuseppe Valditara, l’imbrattamento di immagini di leader politici (tra cui Giorgia Meloni, Elly Schlein, Matteo Salvini) con vernice rossa, e l’occupazione simbolica del Museo del Cinema alla Mole Antonelliana, con sostituzione della bandiera italiana con quella palestinese. Una parte dei partecipanti aveva persino attaccato simbolicamente i fast-food McDonald’s e Burger King, accusati di supportare Israele tramite partnership commerciali.

Video di Fridays for Future

Il contesto attuale è dunque molto carico: le forze dell’ordine, consapevoli dell’eredità conflittuale dell’anno scorso, hanno predisposto un piano di presidio particolare lungo il percorso, con maggiore attenzione alle zone sensibili come la Prefettura, le università, gli istituti scolastici, il campus del Politecnico di Torino e corso Duca degli Abruzzi. Anche gli studenti stessi riconoscono che si tratta di una mobilitazione “di sistema” e non solo di protesta spontanea, sottolineando che «possiamo voltare la testa dall’altra parte fingendo che tutto vada bene, oppure possiamo lottare. Lottare come ci ha insegnato il popolo palestinese». Il riferimento a conflitti lontani si intreccia con temi locali di crisi dell’università, tagli al Fondo di Finanziamento Ordinario, precarietà della ricerca e mancati interventi sull’edilizia scolastica.

Nel centro della città, il corteo ha provocato rallentamenti al traffico e potenziali disagi al trasporto pubblico: le stazioni di Torino Porta Susa e Torino Porta Nuova sono state indicate come punti critici, in vista della mobilità speculare degli studenti e partecipanti. Il servizio della GTT al momento rimane regolare, ma la situazione è costantemente monitorata da tutte le componenti cittadine.

Per Torino, città storicamente segnata da proteste studentesche e mobilitazioni sociali, questo momento rappresenta una conferma di quanto forte sia il legame tra politica, formazione, ambiente e diritti civili. Negli ultimi mesi si sono moltiplicati gli episodi di contestazione: manifestazioni contro i finanziamenti alla guerra, blocchi delle sedi di aziende come Leonardo Spa (accusata di fornire armamenti all’esercito israeliano), occupazioni universitarie, flash-mob sulle linee del trasporto pubblico. Tutto converge oggi nel grande corteo del 14 novembre, che vuole essere non solo un evento simbolico, ma un segnale di cambiamento.

Il vero nodo da sciogliere sarà capire se oggi sarà possibile mantenere una mobilitazione ampia ma ordinata, capace di dare peso alle rivendicazioni senza scivolare in nuove spirali di tensione. Le autorità cittadine e gli organizzatori sono consapevoli del delicato equilibrio tra diritto di protesta e ordine pubblico. Tuttavia, gli studenti non intendono arretrare: «Le scuole sanno da che parte stare», è il ritornello che accompagna la manifestazione.

Mentre la giornata procedeva, molti passanti, studenti e famiglie osservavano il corteo chiedendosi quanto può durare una protesta che si nutre di frustrazioni genuine, di rabbia accumulata, e di richieste strutturali mai esaudite. Il messaggio dei giovani è chiaro: non vogliono essere spettatori ma protagonisti. Nel paesaggio urbano di Torino, tra portici, musei e strade che portano alla Mole, oggi risuona una voce nuova e complessa: una voce che invoca scelte diverse, investimenti nella scuola e nel clima, politiche che non puntino solo alla guerra, ma alla vita.

Video di Cambiare Rotta Torino

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