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13 Novembre 2025 - 13:01
Conte sotto pressione? Cinque giorni di permesso diventano un boomerang
Da questa mattina circola – in modo insistente e spesso distorto – il racconto di un Antonio Conte “stanco”, “provato”, “disilluso”, quasi sull’orlo della fuga da Castel Volturno. Una narrazione che fa presa perché alimenta tensioni, ma che tradisce un dato fondamentale: il Napoli è quarto, a 2 punti dalla vetta, con una classifica cortissima, e ancora pienamente dentro ogni obiettivo stagionale. Parlare di squadra “dissolta” o allo sbando serve più a nutrire titoli drammatici che a fotografare la realtà.
Il tecnico azzurro è semplicemente in permesso concordato con il club, come comunicato pubblicamente dalla società. Un permesso programmato, non improvviso, non figlio di un cedimento emotivo. Conte sta lavorando a distanza, è in costante contatto con il suo staff – Stellini, Oriali, il gruppo dei collaboratori – e la sua assenza dal campo non equivale affatto a un abbandono. Eppure, parte della stampa ha scelto di trasformare cinque giorni di stop concordato in un romanzo a puntate: crisi, solitudine, stanchezza, incompatibilità, addirittura presagi di rotture imminenti.
La verità è meno teatrale e molto più sportiva.

Nonostante le ultime lamentele interne, inevitabili in ogni spogliatoio competitivo, il Napoli resta una delle squadre più solide del campionato. Il percorso è fatto di intoppi, certo, ma i numeri reali raccontano ben altro rispetto alla cornice drammatica che alcuni vogliono dipingere. La squadra è lì, attaccata al vertice, con un distacco che può essere colmato in una singola giornata. Parlare di “morto”, di stagione finita o di ambiente irrecuperabile, significa ignorare la realtà della classifica.
La metafora di Conte dopo Bologna – «Non accompagno un morto» – è diventata un’arma narrativa perfetta da riutilizzare per enfatizzare un presunto tracollo psicologico. Ma il calcio vive di momenti, e quel momento era figlio di una delusione. Non di una resa. Non di un addio. Il club continua a blindare il proprio allenatore: De Laurentiis ha parlato chiaro, definendo “favole” ogni ipotesi di dimissioni e ribadendo che Conte «è la garanzia per squadra, club e tifosi». Il contratto fino al 2027 non è una formalità, ma il segnale di un progetto.
L’assenza del tecnico è stata definita come una pausa per “tirare il fiato”. Ma un riposo programmato non è un crollo. Non è una frattura insanabile. E soprattutto non ha nulla a che vedere con le narrazioni su stress irreversibile, fughe traumatiche dal passato, o paragoni con le sue esperienze all’Inter, alla Juventus o al Tottenham. Il Napoli non è in fibrillazione. È una squadra che deve correggere qualcosa – come tutte – ma che mantiene una struttura competitiva, un allenatore altamente esigente e una società che lavora in pieno allineamento con lui.
Non c’è nessuna frattura con lo spogliatoio, se non il normale attrito che nasce quando un tecnico alza l’asticella. Parlare di “soldati che gli hanno girato la faccia” è un artificio retorico che costruisce un film dove non c’è. In un periodo segnato da convocazioni per le Nazionali e da undici assenze, è normale che gli allenamenti assumano un ritmo diverso, che i collaboratori gestiscano il gruppo e che il tecnico si concentri anche su analisi e programmazione.
E intanto, mentre si alimenta l’idea di un Napoli fragile, sfugge un dettaglio: tra due settimane arriva la sfida con l’Atalanta, crocevia importante ma non definitivo. Il campionato è lungo, le distanze minime. Parlare oggi di una squadra “stanca” è una semplificazione che ignora i dati, le prestazioni e la condizione reale della rosa. Perfino la tegola dell’infortunio di Anguissa, rientrato dal Camerun, rientra nel normale ciclo delle stagioni con impegni internazionali e stop fisiologici.
Conte rientrerà lunedì 17, come previsto. Nessuno strappo, nessuna fuga, nessuna crisi di rigetto. Solo una pausa concordata. Il resto è rumore, costruzione narrativa, speculazione mediatica.
Il Napoli è vivo, competitivo, pienamente in corsa.
Il resto lo scriverà il campo, non i titoli drammatici.
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