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12 Novembre 2025 - 09:39
Monica Canalis
Dovevano arrivare 18 milioni di euro per sostenere le RSA e le strutture residenziali piemontesi. Dovevano, appunto. Sei mesi dopo l’annuncio trionfale, il “bonus Protezione Sociale” è scomparso come neve al sole. Nessun bando, nessuna erogazione, nessun atto operativo. Solo parole. Il copione è sempre lo stesso: la Giunta Cirio promette, i titoli dei giornali rilanciano, poi cala il silenzio. A maggio l’annuncio era stato roboante — 18 milioni di Fondo Sociale Europeo per aiutare le strutture schiacciate dai costi e dai rinnovi contrattuali. A novembre, di quei fondi non si è visto nemmeno un centesimo.
Monica Canalis, consigliera regionale del Partito Democratico, lo dice chiaro e tondo: “Da sei mesi la Giunta Cirio si riempie la bocca con il bonus Protezione Sociale. Doveva essere una misura urgente e strategica. Invece è diventata l’ennesima promessa mancata. L’atto di indirizzo che doveva rendere operativa la delibera è sparito, e le strutture restano senza ossigeno.”

Alberto Cirio
Eppure tutto era stato messo nero su bianco nella Deliberazione della Giunta Regionale n. 1-1416 del 28 luglio 2025, adottata — ironia della sorte — in una seduta in cui lo stesso presidente Alberto Cirio risultava assente, “per giustificati motivi”. Nel testo si legge che la misura “Protezione Sociale” avrebbe dovuto introdurre i Piani di assistenza personalizzata (PAP) per le persone fragili inserite in percorsi di residenzialità e semiresidenzialità. Un progetto finanziato con 18 milioni di euro europei, da spalmare nel bilancio 2025–2027.
Tutto perfetto, sulla carta. Sulla carta, appunto. Perché la stessa delibera rimandava l’attuazione a un “successivo Atto di indirizzo” che le direzioni regionali — Welfare, Sanità, Istruzione e Lavoro — avrebbero dovuto adottare dopo aver consultato gli stakeholder e verificato la compatibilità con PNRR e altri fondi nazionali. Quel passaggio è rimasto lì, sospeso tra i corridoi del palazzo e i faldoni della burocrazia. Nessuna ASL ha ancora nominato i referenti, il bando è fermo alla fase di “pre-informazione” sul sito della Regione, con tanto di beffarda scritta: “Data presunta di apertura: settembre 2025.” Peccato che siamo a novembre, e che nessuno sappia più dove cercare quei soldi.
Nel frattempo, il sistema delle strutture residenziali — che in Piemonte assiste oltre 50.000 persone e dà lavoro a più di 35.000 operatori — è allo stremo. I contratti dei lavoratori sono stati finalmente rinnovati, ma le tariffe regionali sono rimaste ferme. Le spese aumentano, le convenzioni con il Servizio Sanitario Regionale non coprono i costi, e le famiglie devono pagare sempre di più per avere sempre di meno. “Questo bonus non è strutturale, non risolve nulla — afferma Canalis —. Copre solo una parte delle spese, e per un periodo limitato. È una toppa momentanea spacciata per riforma del welfare. E, per giunta, nemmeno attiva.”
Il documento regionale, a leggerlo bene, conferma tutto. La delibera precisa che la misura “si sostanzia nella predisposizione e applicazione sperimentale di un modello di intervento” da realizzare “nell’annualità 2025/2026” e che le risorse, i famosi 18 milioni, troveranno copertura solo nel 2026, suddivise in tre capitoli di bilancio: 7,2 milioni, 7,56 milioni e 3,24 milioni. In sostanza: i soldi non esistono ancora, se non come cifra virtuale in un documento contabile.
E allora ecco il paradosso: la Regione usa i fondi europei non per creare nuovi posti o migliorare i servizi, ma per tamponare i rincari delle strutture già in difficoltà. Un’operazione di facciata, utile solo a guadagnare tempo. Come se bastasse una spruzzata di Fondo Sociale Europeo per mascherare le crepe di un sistema socio-sanitario ormai in frantumi.
Canalis, che già a luglio aveva interrogato la Giunta ricevendo in risposta promesse e rinvii, oggi attacca senza mezzi termini: “Cirio governa a colpi di bonus usa e getta: Vita Nascente, Scelta Sociale, PieMove, Vesta, Protezione Sociale… Ogni volta un nome diverso, lo stesso schema. Annunci in pompa magna e risultati pari a zero. È la politica delle slide e dei titoli, non dei fatti.”
Il bonus Protezione Sociale nasceva con l’obiettivo di finanziare l’introduzione di Piani di Assistenza Personalizzata per gli ospiti più fragili delle strutture convenzionate. Doveva garantire un livello qualitativo uniforme di assistenza, rafforzando la valutazione in situ e promuovendo la cosiddetta “deistituzionalizzazione” dell’assistenza. In pratica, però, non c’è nulla da valutare: mancano le linee guida, mancano i referenti delle ASL, mancano le istruzioni per la spesa. Le risorse, scrive la stessa delibera, saranno attivabili solo “a seguito dell’adozione dell’Atto di indirizzo”. Un atto che, a distanza di mesi, non è mai stato adottato.
Eppure la Giunta Cirio continua a ostentare un linguaggio da manuale di Bruxelles, infarcito di termini come inclusione sociale, innovazione del welfare e piani di lungoassistenza, mentre nei fatti lascia senza risposta la realtà quotidiana di migliaia di strutture che non riescono più a reggere. In molte RSA piemontesi si tagliano i servizi, si riducono le ore di assistenza, si sospendono le convenzioni. A Chieri, ad Asti, nel Canavese e nel Biellese i gestori denunciano che i nuovi contratti del personale, finalmente più equi, hanno fatto esplodere i costi senza che la Regione riconoscesse alcun adeguamento tariffario.
L’ultimo aumento risale al 2024, un misero 3,5% della sola quota sanitaria, mentre tutto il resto — la parte sociale, alberghiera e di cura — è rimasto invariato. “È come se il sistema avesse il freno a mano tirato — spiega un operatore del settore —. Tutti aspettano il famoso bonus, ma nessuno sa come e quando arriverà. Nel frattempo, i fornitori non vengono pagati e gli operatori sono allo stremo.”
Canalis sottolinea come l’uso dei fondi europei in questa forma sia un unicum in Italia: “Il Piemonte è l’unica regione che utilizza il Fondo Sociale Europeo per coprire i costi delle strutture, invece che per creare nuova occupazione o ampliare i servizi. È una distorsione politica, un espediente per dire che si è fatto qualcosa, ma in realtà non si è fatto nulla.”
Dalla lettura della delibera emergono anche altri dettagli surreali: il bonus viene incardinato nella missione 15 del bilancio, “Inclusione sociale e protezione delle persone vulnerabili”, ma non produce effetti immediati; le risorse sono infatti destinate a un esercizio successivo, e gli oneri vengono dichiarati “neutri”, cioè senza impatto reale sulla gestione finanziaria. In altre parole, una manovra puramente contabile, che permette di scrivere 18 milioni in un comunicato ma non di spenderli.
A completare il quadro, la risposta dell’assessore Federico Riboldi, che in aula ha assicurato che “i lavori proseguono”. Una formula che, tradotta dal burocratese, significa “non sappiamo quando finiranno”.
E così, mentre la Regione si compiace dei propri progetti “innovativi”, le strutture continuano a chiudere o a tagliare personale. Le famiglie, esasperate, si trovano costrette a scegliere tra debiti e rinunce. E il Piemonte, un tempo modello di assistenza, oggi si scopre prigioniero della propria retorica.
“Altro che Protezione Sociale — conclude Canalis —: questa è l’ennesima operazione di facciata. Si nasconde la crisi del sistema sociosanitario dietro il linguaggio dei fondi europei e la propaganda del presidente Cirio. Il risultato è che i più fragili restano soli, e le strutture che li accolgono muoiono di asfissia amministrativa.”
Insomma, più che un bonus, una farsa. Un gigantesco paravento burocratico dietro cui si nasconde un sistema allo sbando. Il tanto decantato “modello Piemonte”, quello del welfare moderno, oggi è solo una formula buona per i convegni e i tweet di Palazzo Lascaris. Nella realtà, resta l’ennesima promessa non mantenuta, un’altra pagina di carta firmata in pompa magna e poi dimenticata nei cassetti della Regione. E mentre i dirigenti parlano di “deistituzionalizzazione” e “Piani di Assistenza Personalizzata”, nelle RSA piemontesi si contano gli euro per arrivare a fine mese.
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