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BBC, due secondi di troppo: il montaggio che ha fatto saltare i vertici

Un taglio di due secondi, un discorso manipolato, una valanga di dimissioni: dentro la sala di montaggio dove lo speciale su Trump è diventato un caso di Stato e ha travolto Tim Davie e Deborah Turness

BBC, due secondi di troppo: il montaggio che ha fatto saltare i vertici

BBC, due secondi di troppo: il montaggio che ha fatto saltare i vertici

Una sala di montaggio, due secondi tagliati e un terremoto ai piani alti della BBC. Tutto inizia da una timeline di Avid affollata, clip sovrapposte, un audio “bridge” e una voce che cerca ritmo più che fedeltà. Un dettaglio tecnico, routine per chi confeziona documentari, che oggi molti vedono come l’innesco di una crisi istituzionale. Da quella timeline, infatti, è nato il passaggio incriminato di “Trump: A Second Chance?”, lo speciale di Panorama andato in onda a ridosso del voto americano del 2024. Dodici mesi dopo, la valanga: le dimissioni del direttore generale Tim Davie, il 9 novembre 2025, e poche ore più tardi quelle della responsabile di BBC News Deborah Turness. “Devo prendermi la responsabilità ultima”, ha scritto Davie. Turness ha aggiunto che la controversia “stava danneggiando la BBC”, pur respingendo l’idea di una “faziosità istituzionale”. Due uscite di scena che hanno sancito la natura profonda della crisi: non una semplice polemica, ma la resa dei conti di un processo editoriale inceppato.

Lo speciale “Trump: A Second Chance?” — 58 minuti, regia di Matthew Hill, produzione October Films — è stato trasmesso su BBC One il 28 e 29 ottobre 2024, a una settimana dal voto del 5 novembre. Nel montaggio, un passaggio del discorso di Donald Trump del 6 gennaio 2021 a Washington è stato confezionato unendo segmenti pronunciati in momenti diversi e lasciando fuori, secondo le contestazioni, il riferimento a una protesta “pacifica e patriottica”. Una scelta che avrebbe dato l’impressione di un incitamento diretto all’assalto al Campidoglio. Il caso è esploso a inizio novembre 2025, quando il Telegraph ha pubblicato una nota di Michael Prescott, ex consulente esterno del comitato Editorial Guidelines & Standards della BBC. Prescott, in carica fino a giugno 2025, ha parlato di pubblico “materialmente indotto in errore”, segnalando anche l’uso di immagini dei Proud Boys anteriori al discorso, montate come se fossero conseguenza delle parole del presidente. Il 10 novembre il presidente del CdA Samir Shah è atteso a scuse formali e chiarimenti davanti al Culture, Media and Sport Committee.

In Italia, la sintesi del sisma è arrivata con titoli inequivocabili: “Bufera per un documentario su Trump, si dimettono i vertici BBC”. Nome dopo nome, la sequenza è stata ricostruita con chiarezza: Davie, Turness e, al centro, quello speciale di Panorama. Eppure tutto nasce come un’operazione di routine: una puntata “calda” per un anno elettorale. Il 10 ottobre 2024 la società Blue Ant Studios annuncia che “President Trump: A Second Chance?” è “fresh from the edit”, appena chiuso, e che sbarcherà a Mipcom con October Films ai comandi e messa in onda il 29 ottobre su BBC One. Tradotto dal gergo dell’industria: post-produzione compressa, notti insonni, filiera tirata al millimetro. In palinsesto, lo speciale compare come episodio 33 della stagione 2024 di Panorama, in fascia prime time. Sono dettagli tecnici, ma raccontano bene il contesto: un titolo d’attualità chiuso all’ultimo minuto per restare “caldo”, ma forse troppo caldo per essere controllato davvero.

La sequenza incriminata nasce dall’inserto dedicato al 6 gennaio. In un documentario d’attualità, l’uso dell’archivio è una scelta di equilibrio: tra completezza e leggibilità. L’obiettivo è restituire il contesto senza azzerare il ritmo. Ed è lì che la catena si spezza. Secondo la nota di Michael Prescott, il team avrebbe “ricucito” due estratti del discorso di Trump, eliminando il passaggio sulla protesta pacifica e accostando frasi pronunciate in momenti diversi — “we’re going to walk down to the Capitol… we fight like hell” — creando un senso di progressione causale assente nella versione integrale. A completare il quadro, immagini dei Proud Boys che marciavano prima dell’inizio dell’intervento, montate come se rispondessero alle parole di Trump. Un editing selettivo, una compressione narrativa, una ricostruzione non fedele dell’ordine degli eventi. La distinzione è cruciale: la BBC consente il montaggio dei discorsi in forma ridotta per ragioni di tempo, ma non se questo altera il significato o l’ordine percepito.

In una riunione citata da ABC News, un dirigente — identificato come Jonathan Munro — avrebbe rivendicato che “è pratica normale accorciare i discorsi”. Ma il problema non è l’accorciamento: è la ricomposizione. In un flusso standard di Panorama, dopo il rough cut ci sono almeno tre passaggi di controllo — il montaggio fine, la revisione editoriale, il sign-off finale. In questo caso, però, qualcosa si è inceppato. Lo speciale, annunciato “fresh from the edit” il 10 ottobre e andato in onda meno di tre settimane dopo, suggerisce una catena compressa fino all’estremo. È plausibile che il tempo per revisioni e controlli si sia ridotto al minimo, lasciando in timeline un errore di consistenza. Il meccanismo appare coerente con la prassi di un’industria che vive sull’urgenza: chiusure all’ultimo, verifiche saltate, tagli che sfuggono perché il broadcast incombe.

Il film, per mesi, resta confinato nella dialettica pro o contro Trump. Poi, a inizio novembre 2025, il dossier di Michael Prescott — 19 pagine, secondo diverse ricostruzioni — trapela alla stampa. Il 3 novembre The Guardian parla di “editing selettivo”; il 4 novembre un gruppo trasversale di parlamentari chiede spiegazioni formali alla BBC; il caso attraversa l’Atlantico e scatena reazioni nell’Amministrazione americana e nei media conservatori. È in quel momento che la diga cede: non è più un dibattito televisivo, ma una questione di imparzialità sistemica.

Il 9 novembre 2025 Tim Davie lascia, parlando di “errori” e responsabilità ultima. Deborah Turness si dimette poche ore dopo, spiegando che la controversia su Panorama ha raggiunto “un punto di danno all’istituzione”, pur negando ogni bias strutturale. Il 10 novembre il presidente Samir Shah è atteso davanti al Parlamento con un passo ufficiale di scuse e chiarimenti. Una crisi non isolata: arriva dopo settimane di pressione anche su altri fronti, da Gaza a BBC Arabic, fino alle controversie sui temi identitari. Ma è il montaggio, apparentemente un dettaglio tecnico, a trasformarsi nella miccia di una crisi di fiducia.

Tim Davie

 Tim Davie

Dietro l’errore c’è la tensione di un intero sistema. Il ritmo ha superato la verità. In un’epoca in cui parole come pacing, narrative drive e emotional arc dominano le riunioni editoriali più del fact-checking, la tentazione di “far sentire” un momento più che “mostrarl(o)” integralmente è fortissima. È successo anche qui: l’urgenza di emozionare ha piegato la fedeltà dei fatti. Tagliare non è neutro. Ricomporre è riscrivere. E la lezione che arriva dal caso Panorama è brutale: nella grammatica della BBC, dove la soglia di tolleranza è bassissima, anche due secondi possono rovinare un patto di fiducia costruito in un secolo.

Le responsabilità si distribuiscono lungo la filiera. C’è quella autoriale, del regista Matthew Hill e del montatore Laurence Williamson, che decidono “come” costruire la sequenza. C’è quella produttiva, di October Films e del team Panorama, che dovevano garantire un cut conforme alle regole. E c’è quella di brand: la BBC, in un’epoca di polarizzazione politica, ha un obbligo più alto di accuratezza e imparzialità rispetto a qualsiasi altra emittente. Non si tratta di provare un’intenzionalità manipolativa, ma di accertare una non conformità: un montaggio che, nel risultato, cambia il senso di un discorso. È questo che ha reso difendibile la linea di Turness — nessun bias istituzionale — ma inevitabile la caduta di Davie, simbolo della responsabilità ultima.

Le date raccontano più di qualsiasi interpretazione. Il 10 ottobre 2024 l’annuncio “fresh from the edit”, il 28-29 ottobre la messa in onda, il 3-4 novembre 2025 la fuga di notizie e le prime interrogazioni parlamentari, il 9 novembre le dimissioni di Davie e Turness, il 10 novembre le attese scuse ufficiali di Shah. In un anno, la traiettoria di una catena produttiva si trasforma in una lezione di etica del montaggio.

Oggi la BBC si muove su tre binari: scuse pubbliche e rettifiche, audit interno sui passaggi di compliance saltati e gestione del danno reputazionale in un clima politico infuocato. L’uscita di Davie e Turness è insieme sacrificio simbolico e gesto operativo. Per Panorama, la sfida è doppia: difendere la sua tradizione d’inchiesta e ricostruire la fiducia nella sua “cucina” editoriale. Non basterà un comunicato: serviranno procedure nuove, esempi concreti, forse un director’s cut che ripristini, su quel minuto conteso, la verità dei fatti.

In fondo, la vicenda Panorama non riguarda solo Londra. Riguarda anche noi. In un’epoca in cui i nostri telegiornali importano immagini e narrazioni da contesti anglosassoni, questo caso è un promemoria: il montaggio è una responsabilità editoriale, non solo artigianato tecnico. Accuratezza, contesto e ordine degli eventi non sono orpelli deontologici, ma il fondamento del patto con chi guarda. E non c’è corsa al “pezzo caldo” che tenga, se quel patto si incrina.

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