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Ivrea in Azione

Ivrea scopre il salario minimo (dopo due anni di sonno)

Tra rinvii, commissioni e immobilismo politico, arriva finalmente in discussione la delibera sul salario minimo: una misura di civiltà ferma dal 2023. Meglio tardi che mai, ma il tempo perso pesa come un macigno

Ivrea scopre il salario minimo (dopo due anni di sonno)

Salario minimo

Due anni. Tanto ci è voluto, a Ivrea, per arrivare a discutere di nuovo una proposta di semplice buon senso: introdurre nei bandi pubblici un criterio di premialità per le aziende che riconoscono almeno 9 euro l’ora ai propri lavoratori. Una misura di civiltà, una scelta di dignità. Eppure, per portare il tema in commissione, ci sono voluti due anni di attese, rinvii, commissioni convocate e poi rimandate, discussioni infinite per un provvedimento che, in realtà, era già stato approvato in Consiglio comunale.

Già allora Ivrea avrebbe potuto essere tra i primi Comuni italiani ad applicare un principio tanto semplice quanto rivoluzionario: chi rispetta il lavoro deve essere premiato. Non una rivoluzione bolscevica, ma una questione di rispetto. Nove euro all’ora, una soglia minima che oggi, con l’inflazione galoppante e il costo della vita fuori controllo, andrebbe forse già ritoccata a dieci.

Nel frattempo, però, mentre tutto aumentava — bollette, affitti, spesa quotidiana — la politica è rimasta ferma. L’immobilismo ha fatto il resto. E così, ciò che poteva essere un segnale di attenzione alla dignità del lavoro è rimasto chiuso nei cassetti.

Gabriella Colosso

Gabriella Colosso, assessora con delega al "lavoro"

In qualità di presidente della commissione, ho dovuto insistere e insistere ancora, fino a costringere l’assessorato competente a riprendere in mano il dossier. Ora, finalmente, giovedì prossimo arriverà in commissione una bozza di delibera che traduce in atto amministrativo una decisione già presa due anni fa.

Meglio tardi che mai, si dice. Anche se il rammarico per il tempo perso resta tutto: due anni che avrebbero potuto essere usati per costruire un modello, per mostrare che la politica può essere anche strumento di equità e non solo di passerelle.

Ma va bene così. Prendiamola come una piccola conquista epocale, un primo passo verso una delibera sociale che riguarda non solo i lavoratori, ma l’intera comunità.
Speriamo che stavolta sia davvero la volta buona.
Perché la dignità del lavoro non può più aspettare.
Sempre dalla parte giusta.

Ciao!!

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