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“Non sapevo fosse il Louvre”: dentro il colpo da 88 milioni ai Gioielli della Corona e la caccia ai mandanti

Due esecutori agli arresti, un “committente straniero” sullo sfondo e otto capolavori ancora scomparsi: come è maturato e dove porta il furto lampo nella Galerie d’Apollon

“Non sapevo fosse il Louvre”: dentro il colpo da 88 milioni ai Gioielli della Corona e la caccia ai mandanti

“Non sapevo fosse il Louvre”: dentro il colpo da 88 milioni ai Gioielli della Corona e la caccia ai mandanti

All’alba di una domenica d’autunno, un cestello elevatore brilla come un attrezzo di routine davanti alla facciata del museo più famoso del mondo. Pochi minuti dopo, nell’aria resta l’odore acre di metallo fuso: una finestra forzata, due teche sventrate, la fuga sulla città che si sveglia. Nel cuore della Galerie d’Apollon del Louvre, i ladri hanno lasciato solo silenzio e una corona caduta nella concitazione. Il resto — una selezione di gioielli legati a imperatrici e regine dell’Ottocento — è svanito in meno di otto minuti. Valore stimato: 88 milioni di euro. Una settimana dopo, due uomini finiscono in manette. Uno di loro, Abdoulaye N., 39 anni, dice agli inquirenti: «Non sapevo fosse il Louvre». L’altro, Ayed G., 34 anni, si difende allo stesso modo: «Eseguivamo le istruzioni di un committente straniero». Gli oggetti — otto, dopo il ritrovamento della corona di Eugenia — non sono ancora tornati a casa. E la Francia, ferita nel suo simbolo più visitato, pretende risposte.

Il primo snodo arriva tra il 25 e il 26 ottobre 2025: gli investigatori fermano due sospetti con precedenti per reati contro il patrimonio. Ayed G. è bloccato all’aeroporto di Roissy–Charles de Gaulle mentre sta per imbarcarsi per l’Algeria; Abdoulaye N. è intercettato ad Aubervilliers, periferia nord di Parigi, e secondo la ricostruzione degli inquirenti non sembrava in procinto di lasciare il Paese. Entrambi finiscono in custodia con accuse pesanti: furto in banda organizzata e associazione per delinquere, oltre al sospetto di una rete criminale internazionale alle spalle. Agli interrogatori, i due rivendicano un ruolo d’esecutori e sostengono di aver ricevuto ordini da un “committente straniero”. In quelle ore, fa scalpore la frase attribuita ad Abdoulaye N.: «Non sapevo fosse il Louvre».

Gli atti investigativi suggeriscono che l’uomo avrebbe parzialmente ammesso il coinvolgimento, mentre elementi tecnici — DNA, tracce su attrezzi e indumenti abbandonati — legano i sospetti al teatro del colpo. Una centuria di investigatori viene mobilitata sotto la guida della Procura di Parigi.

La dinamica, a oggi, è definita in modo piuttosto coerente dalle fonti giudiziarie: quattro persone mascherate, travestite da manutentori, utilizzano un mezzo con piattaforma aerea per raggiungere una finestra al secondo piano della Galerie d’Apollon poco dopo le 09:30 del 19 ottobre 2025 (domenica). Una volta dentro, in meno di quattro minutiall’interno delle sale — sei-sette minuti complessivi di operazione — aprono o infrangono due teche e scappano. Niente armi da fuoco; allarmi che si attivano; agenti interni che accorrono, costringendo i malviventi alla ritirata rapida. Nel caos, una corona di Eugenia cade e viene recuperata nei pressi del museo. Il resto — otto pezzi tra diademi, collane, orecchini e spille legati a Maria Amalia, Ortensia di Beauharnais ed Eugenia — sparisce. L’iconico diamante del Reggente resta al suo posto.

Secondo l’Interpol, gli oggetti mancanti sono stati immediatamente inseriti nella banca dati globale dei Beni Culturali Rubati, con schede e immagini per aiutare l’identificazione e bloccare ogni tentativo di smercio. Una locandina speciale è stata diffusa a tutte le polizie aderenti.

La Procura di Parigi quantifica il danno a 88 milioni di euro, ma sottolinea che il valore storico e identitario supera qualsiasi stima di mercato. Fra gli elementi più noti: la tiara e la parure di zaffiri legate a Maria Amalia e Ortensia, un collier di smeraldi attribuito a Maria Luisa, una spilla-reliquiario, oltre a una grande spilla e alla tiara di Eugenia. La corona di Eugenia, come detto, è stata recuperata subito. Nel complesso, gli oggetti rubati sono otto.

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La stessa procuratrice, Laure Beccuau, lancia anche un appello indiretto ai ladri: smontare i gioielli sarebbe una scelta “sciagurata” e non garantirebbe il rendimento atteso sul mercato clandestino. L’auspicio — dice — è che nessuno osi distruggere un patrimonio di tale portata.

Sul piano tecnico, gli inquirenti hanno scandagliato un ampio ventaglio di tracce biologiche e indizi materiali: guanti, caschi, giubbotti, persino attrezzi da taglio compatibili con l’apertura dei vetri e delle cornici. Si lavora su centinaia di campioni e sulle riprese di un circuito di videosorveglianza che, secondo alcune fonti, avrebbe presentato lacune di angolazione in punti cruciali. A sostenere la linea della Procura è anche il ritmo degli arresti: ai primi due fermati ne sarebbero seguiti altri, con quattro persone complessivamente inquisite nelle settimane successive (una donna di 38 anni come presunta fiancheggiatrice e un uomo di 37 per ruolo operativo), mentre tre sono state sentite e poi rilasciate.

Il profilo di Abdoulaye N. — conosciuto sui social per acrobazie in motocross — alimenta l’attenzione pubblica anche per un dettaglio processuale: un suo procedimento distinto per danneggiamento in ambito penitenziario (2019) è stato rinviato da un tribunale della regione parigina per l’eccezionale pressione mediatica legata al caso Louvre, a tutela della presunzione di innocenza.

Sul fronte istituzionale, la ministra della Cultura ha dichiarato che il sistema di sicurezza del Louvre avrebbe funzionato — allarmi, tempi di intervento interni, misure di evacuazione — pur rilevando la necessità di rafforzamenti e di una revisione profonda. La Procura e il Ministero hanno avviato un’inchiesta amministrativacon l’Inspection générale des affaires culturelles (IGAC), per esaminare evoluzione dei dispositivi, organici e procedure negli ultimi anni. Le organizzazioni sindacali di settore reclamano risorse, assunzioni e un piano di sicurezza “globale”, sottolineando che nessun apparato sostituisce la presenza umana qualificata.

Tra i punti emersi nel dibattito, anche un tema tecnico: l’adeguamento delle vetrine nella Galerie d’Apollon negli anni scorsi — in parte tramite mecenatismo — e il confronto tra i sistemi antintrusione preesistenti e quelli attuali. Il Parlamento ha convocato la direttrice del Louvre, Laurence des Cars, per riferire alle commissioni cultura: una mossa che segnala la portata nazionale del caso.

Sulle destinazioni possibili di bottini così esposti, gli esperti di traffico d’arte ricordano che parure reali e gioielli di corte sono tra gli oggetti più difficili da riciclare: sono unici, iper‑documentati e riconoscibili, con fotografie ufficialie una memoria visiva consolidata. La tentazione dello smontaggio per vendere pietre sciolte comporta una perdita di valore e, soprattutto, accende sospetti sul mercato dei gem dealers. La pubblicazione su scala mondiale, tramite Interpol, delle schede dei pezzi rubati e la circolazione di alert fra le case d’asta e gli operatori professionali riduce ulteriormente lo spazio di manovra. In parallelo, le autorità francesi non escludono che il furto sia “su commissione”, ipotesi ventilata anche dai due arrestati.

La narrazione dei fermati — ordine da un soggetto estero — è al vaglio. Gli investigatori mappano le relazioni dei sospetti e analizzano spostamenti e comunicazioni a ridosso del colpo, alla ricerca di finanziatori, logistica e canalidi smercio. La Procura mantiene un profilo prudente: lo scenario di una struttura organizzata transnazionale è compatibile con la professionalità dell’azione, ma resta da comprovare. Del resto, parte della banda potrebbe aver agito per denaro a breve termine, confidando nella frammentazione del bottino. Sono tuttavia proprio le dimensioni pubbliche del caso, la risonanza mediatica e la mobilitazione internazionale a ridurre la finestra di opportunità per chi volesse monetizzare rapidamente.

Una cronologia essenziale

  • 19 ottobre 2025: furto alla Galerie d’Apollon del Louvre tra le 09:30 e le 09:38 circa; portati via nove oggetti, di cui uno (la corona di Eugenia) perso dai ladri e recuperato nell’immediato.
  • 21 ottobre 2025: la Procura di Parigi stima il danno a 88 milioni di euro e annuncia circa 100 investigatoriimpegnati; il museo riapre al pubblico.
  • 25–26 ottobre 2025: arrestati Abdoulaye N. (39) e Ayed G. (34); uno fermato a CDG su un volo per Algeri, l’altro ad Aubervilliers.
  • Fine ottobre 2025: ulteriori fermi e incolpazioni; in totale quattro persone sotto accusa formale, tre rilasciate dopo l’audizione.
  • 21 ottobre–inizio novembre 2025: inserimento degli oggetti nella banca dati Interpol; avvio dell’inchiesta amministrativa del Ministero della Cultura.

Le fragilità di un colosso: il Louvre tra simbolo e bersaglio

Il furto poggia su un paradosso: la forza del Louvre — la fruibilità, l’apertura, la vivacità museale — è la stessa dimensione che lo rende un obiettivo. La Galerie d’Apollon è, per storia e allestimento, un luogo‑icona: ospita la memoria materiale della Francia imperiale. Colpire lì produce un effetto simbolico amplificato e un shock identitario che supera i confini nazionali. Non sorprende, dunque, la scelta politica di legare l’episodio a un rafforzamento strutturale dei presìdi nei luoghi della cultura: dal telegramma congiunto Interno–Cultura ai prefetti per verifiche in tutti i dipartimenti, fino al confronto serrato su organici e budget 2026.

Cosa sappiamo dei due arrestati

Di Abdoulaye N. le fonti descrivono un profilo mediatico sui social — acrobazie in motocross, nickname circolato nei media — e pregresse condanne per furto. Ha riconosciuto una partecipazione, pur con versioni che gli inquirenti definiscono talvolta “sconcertanti” (come il passaggio sul “non sapevo fosse il Louvre”). Ayed G., 34 anni, è indicato come figura logistica e già noto per reati minori; il suo fermo all’aeroporto è maturato grazie a intercettazioni e monitoraggi incrociati con i dati della polizia di frontiera. Entrambi riferiscono la catena di comando che porta a un mandante estero.

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