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“Il centro vive solo se vivono i negozi. La Ztl ci soffoca”: parlano i commercianti di Chivasso. Messaggio al sindaco Castello & co.

Sicurezza, eventi e comunicazione: i punti chiave per rilanciare il commercio di vicinato

“Il centro vive solo se vivono i negozi. La Ztl ci soffoca”: parlano i commercianti di Chivasso. Messaggio al sindaco Castello & co.

“Il centro vive solo se vivono i negozi. La Ztl ci soffoca”: parlano i commercianti di Chivasso. Messaggio al sindaco Castello & co.

I rapporti fra i commercianti chivassesi e l’amministrazione comunale non sono idillici. Lo scontro più clamoroso è avvenuto in consiglio comunale. La sala era gremita di commercianti venuti ad assistere alla discussione sulla TARI. I commercianti rumoreggiavano, e ad un certo punto hanno manifestato il loro scontento abbandonando la sala in massa, mentre il presidente del consiglio comunale, con poco tatto, li inseguiva con parole non proprio gentili: “Qui non siamo al Colosseo”. Una frase che proprio ci azzeccava come i cavoli a merenda. Mentre Comune e ASCOM sembrano andare d’amore e d’accordo, i commercianti continuano a lamentarsi sui social. Abbiamo così deciso di dedicare al commercio alcune interviste.

“Il commercio di Chivasso?
Ha bisogno di fatti, non di passerelle”

Claudia Cambursano

Claudia Cambursano, commerciante a Chivasso da 15 anni, è titolare della ditta Artè Cucine Arredamenti. In breve, si occupa della progettazione e vendita di arredamenti su misura per tutti gli spazi abitativi, e di Home Staging: una nuova strategia di marketing che fa leva sulla componente emozionale dell'acquisto attraverso l'allestimento temporaneo di arredi all'interno dell’immobile in vendita. Le abbiamo posto alcune domande sulla situazione del commercio a Chivasso, e su cosa può fare il Comune per sostenerlo.

Quali sono, in generale, le difficoltà che oggi incontra un commerciante?

Seppur sia una questione nazionale e non solo locale, è ovvio che allo stato attuale il sistema del commercio di vicinato versi in pessime condizioni e non è tutta colpa del cambiamento delle abitudini del consumatore. I piccoli negozi devono affrontare tasse elevate, affitti, normative rigide, mentre i giganti dell’e-commerce beneficiano di regimi fiscali più vantaggiosi, anche stabilendo la loro sede legale in paesi con tassazione agevolata. Questo crea uno squilibrio evidente e mina la leale concorrenza. A livello regionale il Piemonte è al quinto posto nella classifica delle tassazioni più alte per l'Irpef, mentre a livello locale, una città che vuole essere attrattiva per il commercio deve intervenire sullo sgravio fiscale e agevolazioni rispetto, ad esempio, ai tributi comunali dovuti per la sede operativa nella quale è svolta l’attività commerciale o artigianale. Ma la difficoltà più grande è forse la mancanza di una visione condivisa: chi lavora sul territorio si sente spesso solo, senza una vera rete di sostegno e senza strategie comuni.

Perché si deve salvare il piccolo commercio? Quali sono le sue funzioni alle quali la grande distribuzione non può assolvere?

Il commercio di vicinato, se ben gestito, offre un servizio che non ha competitor nella grande distribuzione né sull'e-commerce, basti considerare che diminuito il piccolo commercio è diminuita la socializzazione. Un negozio tiene viva una città o un paesino, dà luce, ha un ruolo di presidio del territorio, è un pilastro contro il degrado, è socializzazione. La grande distribuzione può offrire prezzi competitivi, ma non potrà mai sostituire il valore umano. Salvando il piccolo commercio si salva la socialità e l’anima delle città e delle frazioni.

Che cosa dovrebbe fare il Governo nazionale per sostenere il commercio?

Servono politiche strutturali e non solo bonus temporanei. È necessario uno sgravio fiscale e incentivi che permettano di creare posti di lavoro che oggi un commerciante, senza un flusso di vendita costante, non può permettersi. È necessaria una stabilità e semplificazione fiscale, meno burocrazia, una tassazione più equa. Il commercio è parte dell’economia reale e se il governo vuole rilanciare il Paese, deve partire da chi tiene aperte le serrande ogni mattina.

Che cosa dovrebbe fare il Comune di Chivasso per sostenere il piccolo commercio?

Per sostenere il commercio innanzitutto bisogna essere attrattivi, se proliferano locali sfitti e online si vedono decine di annunci per cessione attività, è evidente che non si sia fatto abbastanza. Dovrebbe cambiare questa politica che si concentra sullo scontro: ci eviterebbe così di vedere una parte politica che è in cerca di buche sul manto stradale e che così presenta al mondo l’immagine di Chivasso come una città degradata, mentre l’altra parte politica, in risposta, va in estasi vantando la realizzazione di strisce pedonali, vecchie panchine e bidoni dei rifiuti riverniciati, quando queste sono opere di manutenzione ordinaria rientranti semplicemente nel contesto del decoro urbano. Alla politica serve confronto e collaborazione, dovrebbe pensare a strategie che possano essere utili a tutti i commercianti e non solo a tesserati di qualche associazione: è ovvio che un'associazione partner del Distretto Commerciale debba interessarsi solo dei suoi iscritti e paganti, ma il Comune credo debba occuparsi di tutto il tessuto commerciale. Si può fare tanto per il commercio, partendo anche da un sistema di comunicazione efficace e intuitivo, come potrebbe essere una pagina web del Comune di Chivasso che aiuti turismo e commercio, aggiungendo alle voci già esistenti anche quella del "Distretto del Commercio" nel quale per sezioni si trovino tutte le attività presenti sul territorio. Mi chiedo poi se basti una fiera, un carnevale, una festa del nocciolino e il mercato del mercoledì per attirare gente, forse bisognerebbe calendarizzare anche altri eventi, dislocandoli in tutto il territorio, rendendo l' intera città attrattiva. Infine, non meno importante, la sicurezza: quanto più una città è sicura, tanto più attrae più consumatori e investitori, migliorando così la reputazione della città.

Il Comune ha fatto cose per il “commercio” che in realtà non servono?

Il punto non è “fare qualcosa”, ma fare ciò che serve davvero a chi ogni giorno tiene in vita il commercio cittadino. Per Chivasso il Comune ha fatto sicuramente molto più rispetto agli anni passati, alcune iniziative però sembrano più pensate per fare immagine che per creare un reale beneficio economico.

Il Comune di Chivasso ha una “visione” del futuro del piccolo commercio oppure si muove di volta in volta senza un piano?

Con la nascita del distretto del commercio spero che possa cambiare la visione del futuro che per anni è rimasta dormiente; non darei troppi meriti alla politica per questo salto di qualità, il cambiamento verso un futuro l'ho notato dall'ingresso di un nuovo Responsabile dell’Ufficio Tecnico e dal suo staff, basti guardare questo cambio di guardia e tutti i bandi che Chivasso si porta a casa oggi e che si potranno trasformare in risultati per la città. Confido che gli altri membri del Distretto siano collaborativi e diano il loro valore aggiunto, il commercio non ha necessità di tante parole ma di fatti concreti e tangibili.

Fra i commercianti e il Comune esiste una seria interlocuzione oppure i rapporti sono insoddisfacenti? Il Comune dovrebbe interagire con i commercianti con più regolarità e assiduità?

Il Comune dovrebbe interagire, informare, comunicare e anche rendicontare gli investimenti che vengono fatti. Dovrebbe instaurare un dialogo stabile e costruttivo con i singoli commercianti e non solo con le associazioni di categoria, ascoltando chi vive ogni giorno la realtà del territorio. Le decisioni prese “dall’alto” senza confronto rischiano di non avere efficacia. Il commercio si sostiene solo se si costruisce una vera collaborazione istituzionale, la regolarità o l'assiduità sono concetti distinti e preferirei l'assiduità che implica di per sé un impegno più attivo e prolungato. Perché il Comune non predispone una mailing list o una chat, o entrambe, con la quale comunicare tempestivamente le proprie decisioni a tutti i commercianti, anche a quelli non membri di associazioni di categoria?

Il Comune di Chivasso ha partecipato a due bandi regionali per i Distretti del Commercio, nel 2020 e nel 2024, e ha fruito di un consistente contributo finanziario: come ha speso questi soldi? Bene o male? Utilmente per il commercio o non tanto?

Come si siano spesi questi soldi in dettaglio bisognerebbe chiederlo a chi li gestisce, non ho trovato una pubblica rendicontazione. I contributi dovrebbero servire a creare un valore duraturo, come riqualificare le vie commerciali, migliorare la segnaletica, potenziare la promozione del territorio, non solo a finanziare eventi temporanei.

I distretti del commercio sono utili se i finanziamenti sono spesi bene?

La nascita dei distretti credo nasca da un’idea di unire le forze per rilanciare le attività locali. La ricostruzione del tessuto commerciale è certamente utile e necessario e se si percepisce un finanziamento va speso interamente per raggiungere gli obiettivi prefissati, con investimenti in infrastrutture, innovazione, formazione e comunicazione, ma non in sole iniziative spot che fanno invece perdere la sua funzione.

Fra un anno e mezzo a Chivasso si vota. Che cosa dovrebbero inserire, riguardo al commercio, nel proprio programma le liste che si contenderanno la guida della città?

I programmi elettorali delle varie liste sono sempre gli stessi, con tante promesse e poi pochi fatti. Al commercio serve sostegno, come misure per promuovere l'acquisto di prodotti locali, incentivi e agevolazioni per le imprese che operano anche nelle zone meno servite, creazione di spazi attrattivi, miglioramento degli arredi urbani in tutto il Distretto e meno burocrazia per chi vorrà portare nuova luce alla città. Ma soprattutto serve una mentalità nuova: vedere i commercianti non come contribuenti, ma come alleati per la crescita e la vivibilità della città. Il commercio locale è un patrimonio e chi governa deve proteggerlo e valorizzarlo con continuità e rispetto.

“Non bastano panchine e teatri:
il commercio chivassese è in agonia”

Cristina Cerato

Cristina Cerato è titolare di un negozio di tabaccheria e giornali nella piazza della frazione Castelrosso.

Quali sono, in generale, le difficoltà che oggi incontra un commerciante? (Bollette, affitti, tasse nazionali, imposte comunali, e altro…)

Partiamo dall’utopistico commerciante, sognatore, che vorrebbe aprire un’attività.
Questo sognatore deve prima di tutto combattere a denti stretti contro la burocrazia. La burocrazia spegne ogni entusiasmo, ogni sogno, tutto quello che c’è di buono nella volontà e nel desiderio di essere parte attiva di una comunità.
Il commerciante che invece sopravvive, che continua tutti i giorni in trincea, con il coltello in mezzo ai denti, a cercare di attirare in qualsiasi modo la clientela, si trova a dover combattere con le bollette, col caro affitti, e con le banche. Perché parliamoci chiaro: le banche non sostengono il piccolo commercio, le banche ostacolano il piccolo commercio, le banche se possono mettono affondano mettendo il bastone tra le gambe al piccolo commerciante.
Io penso che in una piccola comunità o in un piccolo centro storico o in un piccolo centro commerciale a cielo aperto, come può essere il centro storico di una città o in un quartiere è necessaria una condivisione fra le parti, che possono essere le parti politiche, le parti amministrative e i commercianti ed artigiani stessi con le loro stesse attività. Senza condivisione di programmi secondo me è difficile far sopravvivere, far galleggiare il commercio locale.

Perché si deve salvare il piccolo commercio? Quali sono le sue funzioni alle quali la grande distribuzione non può assolvere?

Il piccolo commercio è il collante della società, il piccolo commercio è il midollo sociale ed economico di una nazione. Nel momento in cui non ci sono più attività commerciali la società muore, la società diventa arida, la società è allo sbando. Perché questo? Perché comunque ci sono ancora persone che hanno bisogno di socializzazione, hanno bisogno di un posto dove un sorriso li può accogliere, perché comunque a casa sono da sole, hanno bisogno di un posto dove trovare una persona con la quale chiacchierare, confidarsi, chi lo sa. In questo mondo dove tutti si conoscono (e tutti sono “amici”) ci dimentichiamo sempre di chi invece cerca una stretta di mano e uno sguardo rassicurante. La gente ha ancora bisogno del commercio locale perché non c’è nulla che può sostituire queste esigenze. La grande distribuzione non può sopperire a questa grande esigenza sociale, perché le cassiere, con tutto il rispetto per loro, sono “addestrate” ad essere dei robot, e le casse automatiche non daranno mai quello che diamo noi. Forse sui prezzi lo possono dare, ma forse è anche vero che secondo me è arrivato il momento in cui si dovrebbe comprare meno ma comprare meglio.

Che cosa dovrebbe fare il governo nazionale per sostenere il commercio?

Purtroppo il governo nazionale non è ancora nelle condizioni di capire perfettamente che il piccolo commercio ha un ruolo sociale ed economico fondamentale per la nazione. Solo adesso mi sembra di capire che si accorgano che effettivamente che ci sono tanti negozi che stanno chiudendo (con conseguente riduzione di entrate fiscali) e probabilmente per miopia da parte di questo governo o dei governi precedenti che ritengono che il commercio non sia importante, si accorgono solo ora che il commercio invece ha un ruolo socio-economico non indifferente. Che cosa dunque dovrebbe fare il governo nazionale? Prima di tutto dovrebbero smetterla con lo stanziamento di bonus ed incentivi che comunque non si capisce da che parte arrivino e come andarli a rintracciare. Il governo nazionale, che sia questo o quello precedente o quello ancora precedente, che si riempiono (e si sono sempre riempiti) la bocca di tante bolle di sapone, che attraverso slogan fanno campagna elettorale, dichiarano che stanno dalla nostra parte. Non è vero! Nessun governo è mai stato dalla parte dei commercianti, perché nessun governo ha mai capito l’importanza del commercio locale. Ho visto ieri una intervista al sindaco di Siena. Il sindaco di Siena e tutta la sua giunta si sono accorti che troppi negozi sono chiusi in centro e che, malgrado ci sia il turista mordi e fuggi, ci sono solo tanti B&B (neanche tutti a norma) che non pagano le tasse. La città di Siena ha deciso attraverso un consiglio comunale, o comunque una delibera, di erogare degli stanziamenti e finanziamenti per sostenere l’apertura di nuovi negozi. Io mi chiedo: non dico che Siena sia come Chivasso, perché (la cittadina toscana ha il panforte) noi abbiamo solo i nocciolini (e da quest’anno anche il pregevole francobollo!) …. Ma perché il Comune di Chivasso non fa questo tipo di intervento, con tutti i soldi che ha a disposizione? Mi viene da chiedere: ma le risorse che sono state erogate o comunque incassate relativamente alla creazione dell’area Bennet dove sono finite? Sono state spese per incentivare il commercio del centro storico e della Città di Chivasso o sono state spese diversamente? E qui bisognerebbe porre il quesito o iniziare a leggere un nuovo capitolo del grande libro della Città di Chivasso.

Che cosa dovrebbe fare il Comune di Chivasso per sostenere il piccolo commercio? Il Comune sostiene spese inutili che invece dovrebbe destinare al commercio?

Per sostenere il piccolo commercio il Comune di Chivasso dovrebbe farsi prima di tutto una domanda… questa domanda dovrebbero farsela anche tutti coloro che si candideranno alle prossime amministrative. La domanda da farsi è: “Voglio sostenere il piccolo commercio o non voglio sostenere il piccolo commercio?”. Da quello che vedo, da quello a cui assisto, da quello che penso, non mi sembra che il Comune di Chivasso abbia tutte le intenzioni di sostenere il piccolo commercio. Facciamo un esempio: la grande distribuzione ha davanti a sé, davanti all’ubicazione del centro commerciale, tanti parcheggi. Il Comune di Chivasso che cosa è riuscito a fare? A togliere tanti parcheggi e questo la dice lunga. Che cosa dovrebbe fare inoltre il Comune di Chivasso sempre che sia nell’intenzione di sostenere il piccolo commercio? Interagire con le associazioni di categoria per cercare di capire quali possono essere le problematiche o per cercare di capire come fare a sostenere e a sviluppare ulteriormente il piccolo commercio. Le associazioni di categoria: a me sembra che ultimamente ci sia solo un’interazione fra l’ASSOCIAZIONE DI CATEGORIA: l’ASCOM. Non sento parlare di altre associazioni di categoria: perché le altre sono dormienti o perché l’Ascom si ritiene di essere l’unica sul territorio? Inoltre, la Città di Chivasso, per incentivare il commercio locale, dovrebbe essere una città più pulita, dovrebbe essere una città più sicura, e, per quanto possa diventare una città green, forse bisognerebbe anche ridistribuire le economie anche sulle frazioni e mettere in conto che, commercialmente parlando, Chivasso non è solo il tratto di via Torino che va dalla Chiesa a Bonfante, ma è tutto un indotto che deve essere rivalutato, deve essere assolutamente rivisitato, deve essere rivitalizzato. Faccio l’esempio: mi era sembrato di vedere che ripitturassero tutti i bidoni dell’immondizia del centro storico. Bene. Io non è che perché sono a Castelrosso vorrei che anche il bidone davanti alla mia attività fosse pitturato, ma vorrei vedere che tutti i bidoni dell’immondizia fossero pitturati.

Il Comune ha fatto cose per il commercio che in realtà non servono?

Sì, secondo me ha speso dei soldi, quali il teatro, Cinecittà, che non servivano. Lo dico proprio col cuore in mano: sono stati spesi tanti e tanti soldi per quel Cinecittà, che avrebbero potuto benissimo essere spesi diversamente. Che cosa porta un teatro al commercio? A mio parere, porta poco. Probabilmente gli amministratori locali la pensano diversamente, o probabilmente era necessario avere qualche progetto da presentare per ottenere i soldi del PNRR.

Il Comune di Chivasso ha una “visione” del futuro del piccolo commercio oppure si muove di volta in volta senza un piano?

A mio parere il Comune di Chivasso non ha una visione del futuro del piccolo commercio. E forse non si muove neanche. Io non credo che il DUC (Distretto Urbano del Commercio) sia la risposta ai problemi del commercio di Chivasso. Forse sono progetti che politicamente portano a qualcosa. Non so, portano lustro? Io non sono addentro alla materia politica, ma quello che vedo è un degrado, continuo, lento, un’agonia del commercio chivassese. Se il commercio chivassese continua su questa strada, andrà a morire. Io continuo a dire che coloro che hanno il coraggio di aprire delle attività a Chivasso, che hanno ancora la volontà, l’entusiasmo di portare avanti le proprie attività, sono veramente da premiare Nocciolino d’Oro (anche se non tesserati Ascom).

Fra i commercianti e il Comune esiste una seria interlocuzione oppure i rapporti sono insoddisfacenti? Il Comune dovrebbe interagire con i commercianti con più regolarità e assiduità?

Io rispetto a questa domanda vorrei fare un passo indietro. Secondo me bisognerebbe che fra i commercianti ci fosse un’interazione più proficua. Ovvero, si parte sempre dalla presunzione che se tu non ci sei più (commercialmente parlando) il motto è “morte tua, vita mia! – io ci guadagno di più. È un ragionamento che secondo me è medievale, arcaico, un ragionamento che non sta in piedi, perché è vero che tutti insieme l’unione fa la forza ma la forza non deve essere solo numerica a livello di associati (che portano solo forza politica ad alti livelli), la forza deve venire da un insieme di idee portate avanti a vantaggio di tutti …basta con gli eventi con i “PROTAGONISTI DA PALCOSCENICO!” … sempre tutti a lodarsi a vicenda con il microfono in mano!!! Ripeto, secondo me c’è proprio un’anomalia nell’essere amici commercianti. I commercianti non devono considerarsi concorrenti - i concorrenti li lasciamo alla ruota della fortuna - i commercianti si devono considerare colleghi, che è ben diverso: un collega aiuta l’altro nel momento in cui ha bisogno. I colleghi lavorano tutti per lo stesso obiettivo, sempre che ci sia, come imprenditore, colui che trascina i colleghi a raggiungere lo stesso obiettivo. Ecco, secondo me manca proprio un’interazione fra commercianti che a sua volta può portare benefici. Inoltre non mi è sembrato di vedere ultimamente che ci fosse una programmazione semestrale di quelle che potevano essere le manifestazioni… il Comune ha dato autorizzazioni a più eventi contemporaneamente, senza preavviso agli operatori commerciali, a volte sovrapponendo persino due manifestazioni contemporaneamente: i commercianti non ne erano a conoscenza, le attività commerciali non erano aperte… e tutto si è svolto nel più totale anonimato. Questa è stata una mancanza di interazione? No, io la chiamerei semplicemente superficialità e mancanza di rispetto nei confronti delle attività commerciali che tutti i giorni tirano su la serranda e cercano di far entrare i clienti.

Il Comune di Chivasso ha partecipato a due bandi regionali per i Distretti del Commercio, nel 2020 e nel 2024, e ha fruito di un consistente contributo finanziario (330.000 euro per il bando 2020 e non so ancora per quello 2024): come ha speso questi soldi? Bene o male? Utilmente per il commercio o non tanto?

Come si siano spesi questi soldi purtroppo non siamo tenuti a saperlo. Perlomeno, sembra che chi li gestisce non abbia dato pubblica rendicontazione. I contributi dovrebbero servire ad incentivare le attività, dovrebbero servire ad incentivare il turismo? Perché, parliamoci chiaro, Chivasso è strategicamente importante dal punto di vista della viabilità e strategicamente importante perché è vicina a Torino, dove ci sono diversi musei, dove c’è il Politecnico e le diverse università. Chivasso è alle porte del Monferrato. Già solo Chivasso ha la possibilità di attirare il turismo con aspetti enogastronomici invidiabili (facciamo solo conoscere la nostra città ai “gemellati“?). Mi vien da pensare: Alba che si è candidata ed ha vinto come capitale nazionale dell’arte contemporanea. Ma come ha fatto? Solo perché ha il vino buono? O perché ha degli amministratori buoni, che credono nella realtà cittadina e credono che al di là del Bennet c’è altro? Che al di là del Burgy, al posto dell’ex consorzio agrario, c’è altro?

Fra un anno e mezzo a Chivasso si vota. Che cosa dovrebbero inserire, riguardo al commercio, nel proprio programma le liste che si contenderanno la guida della città?

Probabilmente per farsi votare dai commercianti, la capolista o il capolista della lista che si candida per le amministrative di Chivasso, che si terranno fra un anno e mezzo, dovrà far credere, ed essere convincente, sul fatto che le attività commerciali del centro, della periferia e delle frazioni, sono delle risorse da rispettare. Il commercio locale è un patrimonio, e chi governa deve essere in grado di far capire e di sostenere con reciproco rispetto questa risorsa. Non so se ci sarà qualcuno che avrà nel programma elettorale la voglia di sostenere questa cosa. Io mi auguro che ci sia, perché altrimenti l’agonia sarà finita e Chivasso morirà.

“Tasse, Ztl e scelte miopi: così si indebolisce
il commercio di vicinato”

Giovanni Campanino

Con la moglie Orietta, Giovanni Campanino ha aperto "GiocarpensandO" nel 2011, un negozio di giochi per la prima infanzia, di giochi educativi e creativi e di giochi da tavolo: "la nostra proposta vuole essere alternativa ai prodotti della grande distribuzione. Selezioniamo giochi innovativi e non pubblicizzati per tutte le età — da 0 a 99 anni — perché crediamo che il gioco sia per tutti", dice.

Signor Campanino, quali sono, in generale, le difficoltà che oggi incontra un commerciante?

Oggi è difficilissimo restare sul mercato con un negozio fisico per moltissime ragioni: gli alti costi fissi (affitto e utenze), la pressione fiscale che non favorisce il negozio in contrapposizione con i giganti delle vendite online, la drastica diminuzione di presenze in città di visitatori/clienti a causa spesso di politiche locali che non incentivano gli ingressi (parcheggi a pagamento, ztl scolastica e assenza di manifestazioni di richiamo).

Perché si deve salvare il piccolo commercio? Quali sono le sue funzioni alle quali la grande distribuzione non può assolvere?

Il commercio di prossimità va salvato perché svolge funzioni che la grande distribuzione e l’online non possono sostituire. Mantiene viva la vita di quartiere, crea relazioni e senso di comunità: il negozio non è solo un luogo di acquisto ma un punto d’incontro. Le vetrine illuminate e i negozi aperti contrastano la desertificazione delle nostre vie e contribuiscono alla sicurezza: sono una presenza che sorveglia e protegge il tessuto urbano. Il commerciante conosce i prodotti, ti consiglia personalmente e ti spiega caratteristiche e funzionamento, un servizio che spesso manca nei supermercati e negli acquisti online. Inoltre il piccolo commercio sostiene l’economia locale e conserva l’identità delle nostre strade. Per tutto questo è importante che i negozi di prossimità possano restare e prosperare nelle città.

Che cosa dovrebbero fare il Governo nazionale e la Regione Piemonte per sostenere il piccolo commercio?

Il Governo e la Regione dovrebbero mettere in campo politiche concrete a favore del negozio fisico di vicinato, non solo generiche parole di sostegno al commercio. Occorre una strategia economica mirata — simile alle politiche dedicate all’agricoltura — con interventi coordinati a livello europeo, nazionale e regionale. La concorrenza dell’online, la multicanalità e la pressione fiscale hanno messo in difficoltà le attività di prossimità: per questo servono aiuti economici, incentivi fiscali e misure specifiche per mantenere i punti vendita nelle città grandi e piccole, nei paesi, nelle zone collinari e montane, dove la scomparsa dei negozi significa isolamento e perdita di servizi per i cittadini.

Il Comune di Chivasso ha una “visione” del futuro del piccolo commercio oppure si muove di volta in volta senza un piano?

Non mi pare che il Comune di Chivasso abbia una visione per il futuro del piccolo commercio. Non solo la giunta ma anche il consiglio comunale, spesso non mostrano empatia verso il commercio: sembrano ancorati a logiche e ideologie del passato, invece di confrontarsi con le difficili problematiche attuali. Questa mancanza di comprensione e di ascolto non produce progetti e azioni di sostegno adeguati; anzi, frequentemente si adottano iniziative che minano le basi del commercio. Esempi concreti sono la mancanza di ascolto sulla rimodulazione della Tari, che grava pesantemente sulle attività economiche, e l’introduzione di ZTL scolastiche decise senza considerare le esigenze dei negozi nelle aree interessate dalle telecamere. Non si tiene conto del fatto che per il sistema economico della città è fondamentale che i potenziali clienti possano entrare e muoversi in città e parcheggiare liberamente, in particolare in punti strategici come piazza d’Armi. Troppe decisioni vengono prese senza un reale confronto con gli operatori e così il tessuto commerciale finisce per subirne le conseguenze.

Fra i commercianti e il Comune esiste una seria interlocuzione oppure i rapporti sono insoddisfacenti? Il Comune dovrebbe interagire con i commercianti con più regolarità e assiduità? Le associazioni di categoria svolgono una efficace azione di sostegno al commercio? Potrebbero fare di più?

Nel corso del mio mandato come presidente di Ascom Chivasso era stato istituito dall’allora assessore al commercio Pasquale Centin la cabina di regia sul commercio che veniva periodicamente convocata per discutere delle problematiche legate al mondo del commercio e per presentare proposte per supportare questa realtà. Oggi non mi risulta che questa cabina sia più utilizzata, forse si ritiene che il Distretto Urbano del Commercio sia uno strumento sufficiente per interloquire col commercio, ma non può essere così. Manca l’ascolto, soprattutto in periodi così difficili sia Comune che Ascom dovrebbero essere più “a piano strada” e meno dentro le logiche istituzionali. La partita che il commercio locale si sta giocando è troppo difficile per poterla seguire a distanza.

Il Comune di Chivasso ha partecipato a due bandi regionali per i Distretti del Commercio, nel 2020 e nel 2024, e ha fruito di un consistente contributo finanziario: come ha speso questi soldi? Bene o male? Utilmente per il commercio o non tanto? Quale è il suo giudizio sui Distretti del Commercio? Il Comune ha anche incassato 700.000 euro dal Bennett: sono stati almeno in parte spesi per il commercio chivassese?

Ho lavorato da presidente Ascom per la costituzione del Distretto Urbano del Commercio di Chivasso; lo ritengo uno strumento importantissimo, che era fondamentale avere a disposizione per poter attingere a fondi regionali destinati al commercio e per sviluppare politiche di sostegno al lavoro delle imprese locali.
Il DUC di Chivasso, ha ottenuto finanziamenti attraverso la partecipazione ai bandi regionali, principalmente per investimenti infrastrutturali. Sono state usate parte di queste risorse per migliorare strutture, sicurezza, insegne, illuminazione di negozi con erogazione di contributi diretti alle imprese, parte per completare l’impianto di filodiffusione nelle isole pedonali della città. Le norme che governano l’azione dei DUC non permettono di utilizzare i fondi per spese correnti, quindi non possono essere spesi per realizzazione di eventi e manifestazioni, nonostante questa rigidità di utilizzo credo che si debba avere una maggior visione sul come investire questo fondi, evitando di viaggiare “a vista”. Inoltre l’affidamento del ruolo di manager di distretto ad un funzionario comunale, seppur persona seria e professionale, lo espone al rischio di eccessiva pressione da parte del datore di lavoro (Comune) sulla scelte da effettuare (vedasi il Festival Canali, passato dal Duc, ma assolutamente inutile per il commercio): le parti che governano il distretto sono Comune ed Ascom, credo che il manager dovrebbe essere persona esterna alle parti, in grado di decidere in modo imparziale e valutato sulle prestazioni erogate.
I fondi compensativi legati alla realizzazione del Centro Commerciale di Chivasso sono stati spesi negli anni in parte bene e in qualche caso utilizzati per finalità non troppo congrue per il commercio in senso stretto: sicuramente, per fare degli esempi, sono serviti per rilanciare manifestazioni in difficoltà come la Festa dei Nocciolini e notti bianche estive o per realizzare corsi di formazione per gli imprenditori del commercio; sono serviti meno altri tipi di interventi, ricordo ad esempio che sono stati utilizzati anche per rinnovare le prese di corrente del mercato oppure per sostenere la stagione teatrale. D'altronde qualcuno una volta mi disse che i bilanci pubblici sono un fluido.

Fra un anno e mezzo a Chivasso si vota. Che cosa dovrebbero inserire, riguardo al commercio, nel proprio programma le liste che si contenderanno la guida della città?

Prima di scrivere cose sul commercio inviterei vari gruppi politici a capire cos’è, a farsi un giro nei negozi, a parlare con i commercianti e provare a capire cosa significa fare impresa a Chivasso, dopodiché potremo ascoltare le loro proposte, nella speranza che quanto dichiarato in campagna elettorale non venga di nuovo disatteso.

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