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30 Ottobre 2025 - 10:34
Vicolo Ospedale Ivrea
A Ivrea ogni tanto piove. Non è una notizia, certo. Ma il fatto che basti un acquazzone per mandare in tilt mezza città lo è eccome. L’acqua scende, i tombini non la prendono, e così le strade si trasformano in torrenti marroni dove galleggiano foglie, cartacce e l’inevitabile senso di impotenza. La scena è sempre la stessa: cittadini che fotografano le pozzanghere e le postano sui social, commenti rabbiosi sotto le immagini, segnalazioni ignorate. Poi torna il sole e, come per magia, tutto finisce nel dimenticatoio. Fino al prossimo temporale.
In via Torino, in corso Nigra, in via Jervis: ogni quartiere ha la sua storia di allagamenti. «Basta mezz’ora di pioggia e l’acqua arriva al marciapiede» racconta un residente in via dell'ospedale, indicando la grata completamente sommersa dal fango. Poco più in là un'altra ironizza: «Mi serve il salvagente, altro che sacchetti di sabbia.»


E non è uno scherzo: in alcuni quartieri della città, le infiltrazioni d’acqua sono ormai una triste consuetudine.
La causa? Tombini e caditoie otturati da anni. Foglie, rifiuti, sabbia, residui di lavori stradali: una miscela perfetta per bloccare lo scarico dell’acqua piovana. E la manutenzione preventiva? Un concetto astratto. Il Comune di Ivrea dovrebbe occuparsene, almeno sulla carta, ma c’è sempre la scusa buona: mancano fondi, personale, tempo o – più spesso – si dà la colpa alla SMAT, che in alcuni Comuni della provincia ha in gestione la pulizia delle caditoie. A Ivrea no. O almeno, non sempre. Perché le convenzioni vanno, vengono, si sospendono, si rinnovano, e nel frattempo l’acqua ristagna.
Insomma, più che una città smart, Ivrea sembra diventata una città “swamp”: paludosa, pigra e affogata nella propria burocrazia. I cittadini segnalano, fotografano, chiamano, ma raramente qualcuno si presenta.
«Ho mandato due email e fatto tre telefonate», racconta una signora, «mi hanno risposto che avrebbero aperto una segnalazione. Da allora, solo silenzio. Ma il tombino è sempre lì, otturato.»
Eppure la soluzione sarebbe banale: una pulizia periodica, un controllo prima delle piogge autunnali, un piano di manutenzione serio.
E così ogni temporale diventa un test di efficienza civica, e ogni volta la città lo fallisce. La pioggia non ha bisogno di bandi, determine o delibere per cadere: semplicemente cade. Forse è questo il problema. Ivrea è troppo abituata a discutere, progettare il futuro, rinviare. E l’acqua, beffarda, la smentisce ogni volta, riempiendo cantine e strade come per dire: “vedete? io almeno mi muovo”.
Insomma, mentre le nubi tornano a farsi minacciose, i cittadini sanno già cosa li aspetta. E non servono modelli climatici per prevederlo: basta guardare giù, nel primo tombino otturato che incontrano.
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