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I legami con Casa Savoia. Gli stemmi civici di Caselle, Ciriè e Lanzo

Dai consegnamenti del 1614 ai decreti repubblicani del Novecento, gli stemmi delle città sulla Stura raccontano quattrocento anni di legami con Casa Savoia, tra simbologie, leggende e variazioni che hanno attraversato la storia piemontese. Un testo di Claudio Santacroce per la rivista Canavèis dell'editore Baima e Ronchetti

I legami con Casa Savoia. Gli stemmi civici di Caselle, Ciriè e Lanzo

Una immagine d’epoca di Caselle con le attuali piazza Boschiassi (a destra con la chiesa dei Battuti), e via Cravero (a sinistra, con la chiesa parrocchiale di Santa Maria Assunta)

In seguito a un ordine del duca Carlo Emanuele I di Savoia, pubblicato il 4 dicembre 1613, le famiglie nobili e le comunità facenti parte dei domini sabaudi dovettero dichiarare, cioè consegnare, all’autorità statale le loro armi gentilizie, ovvero gli stemmi.

I blasoni o armi (cioè le descrizioni degli stemmi) pervenuti furono poi riunite nel Registro delle insegne ed armi gentilizie presentate dà particolari di questa città pubblicato nel 1614.

I comuni della provincia di Torino che consegnarono le loro insegne furono 41 tra i quali: Caselle, Ciriè, Lanzo e inoltre in Canavese: Chivasso, Cuorgnè, Fiorano, Ivrea, Leinì, Mazzè, Piverone, Pont, Rivarolo, Salassa, San Maurizio.

Nei successivi consegnamenti del 1687-1688 si dichiararono: San Giorgio, Volpiano, e nuovamente Leinì e Rivarolo.

Gli stemmi civici di Caselle, Ciriè, Lanzo hanno mantenuto nei successivi quattrocento anni quasi la stessa blasonatura dichiarata a inizio Seicento, avendo nel frattempo apportato alcune variazioni.

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Una bella immagine d’epoca di Caselle con le attuali piazza Boschiassi (a destra con la chiesa dei Battuti), e via Cravero (a sinistra, con la chiesa parrocchiale di Santa Maria Assunta), quando ancora non era trafficata da veicoli a motore ma solo da carretti e cartòn. Caselle divenne Torinese a seguito di Regio Decreto del 1862.

Lo stemma di Caselle Torinese.

Le prime notizie ufficiali sullo stemma di Caselle si hanno dai consegnamenti del 1614, dove era così descritto: «Di rosso con una croce d’argento, accantonata da quattro case del medesimo». Senza ulteriori specificazioni su forma e orientamento delle case.

L’odierno stemma di Caselle Torinese (la determinazione geografica «Torinese» fu aggiunta con Regio Decreto 9 ottobre 1862) si ricollega a quello del 1614, con l’aggiunta degli elementi decorativi previsti dalla legge in vigore.

Pertanto lo scudo è «di rosso alla croce d’argento» (cioè una croce bianca/argento in campo rosso) con 4 casette nei 4 cantoni. La croce d’argento in campo rosso corrisponde alla cosiddetta «arme di Savoia moderna», la cui esatta blasonatura è «di rosso alla croce d’argento», adottata dalla Casata verso la metà del 1200 per sostituire, o affiancare, l’aquila nera in campo d’oro/giallo, detta «arme di Savoia antica».

Sopra lo scudo vi è la corona d’oro che contraddistingue le città. Lo scudo è avvolto da un ramo di quercia (a destra, per chi guarda) e da un ramo d’alloro (a sinistra) tra loro incrociati e legati da un nastro con i colori della bandiera italiana.

Quello di Caselle è uno stemma cosiddetto «parlante», ossia un’arme che, attraverso le figure (in questo caso, le quattro casette), richiama il nome della città che le esibisce, oppure vi allude giocando sull’assonanza o sulla similitudine con il nome.

Sui testi che raccontano la storia di Caselle si trovano due teorie a proposito della presenza sullo stemma delle quattro casette. Secondo un’antica tradizione, esse rappresenterebbero le case sparse in località Lavoresco, che diedero origine al primitivo nucleo del paese; secondo un’altra versione, esse sarebbero invece le quattro case rimaste abitate dopo la terribile peste del 1630, che decimò la locale popolazione, cioè casa Caveglia, casa Zanabone, casa Bottione, casa Masera. In realtà risulta che furono sette le famiglie sopravvissute al tragico morbo.

A questo punto c’è da osservare che già nel citato consegnamento del 1614, cioè in epoca antecedente alla peste del 1630, sullo stemma di Caselle erano raffigurate le quattro case, per cui la seconda teoria appare storicamente improponibile ed errata.

Un’ulteriore conferma dell’esattezza della prima teoria è deducibile dalla Relazione distinta istorica e generale di tutte le Città, Terre, e Luoghi della Provincia di Torino colla spiegazione dello Stato, e coltura dei Beni de rispettivi Territorij, ed aggiunta di altre particolari notizie coerentemente dal disposto dall’ultime Regie Istruzioni. anno 1753, che fu fatta compilare da Gian Antonio Sicco, intendente della Provincia di Torino. In tale Relazione le notizie relative a Caselle iniziano accennando alla sua l’origine, al toponimo e allo stemma: «Caselle. In sola distanza di miglia cinque dalla Metropoli sotto l’istessa Diocesi Arcivescovile ritrovasi questo luogo, così denominato da chè ne tempi andati veniva composto di picole case qua e là disperse, con essersi quindi ritratto lo stemma della Com(uni)tà, rappresentante una croce bianca, che si estende p(er) tutto il campo, con quattro casette apposte nei quatro angoli d’esso, ed ancora in oggi vedesi quest’insegna in varij luoghi sulle mura in publico piturata».

Nel corso del tempo, le casette presenti nei cantoni dello scudo sono state raffigurate in modi diversi per forma e orientamento. Negli stemmi più antichi, esse compaiono in configurazioni differenti una dall’altra, mentre, in epoche più recenti, sono identiche ma assumono a seconda dei casi ben quattro tipi di orientamento delle facciate che possono essere rivolte, per chi guarda, a) tutte verso sinistra, b) tutte verso destra, c) tutte in avanti, d) in verticale due a destra e due a sinistra cioè girate verso il centro dello scudo.

C’è da notare che nello stemma del Comune di Caselle le facciate delle casette erano orientate verso sinistra (per chi guarda), essendo la blasonatura: «Di rosso alla croce d’argento con 4 casette nei cantoni rivolte a destra», mentre dopo l’elevazione di Caselle a Città (Decreto del Presidente della Repubblica 13 gennaio 1994), col D.P.R. 15 aprile 1996 fu concesso il nuovo stemma, in cui le casette sono state voltate verso destra, per cui l’attuale blasonatura risulta: «Di rosso, alla croce di argento, accantonata da quattro casette d’argento, con la facciata, munita di timpano, volta a sinistra, chiuse di nero, finestrate di due dello stesso nel lato lungo, coperte d’oro. Ornamenti esteriori da Città».

 A sinistra: lo stemma di Ciriè. All’interno dello scudo sono rappresentate due torce accese. Nel blasone del 1614, al posto delle torce c’erano «due ceri d’oro fiammeggianti». Aggiunta recente, cioè del 1905, anche i due grifoni visibili a lato dello scudo. A destra: lo stemma di Caselle, così com’è disegnato sulla facciata del municipio, in cui la disposizione delle casette non corrisponde a quella presente nell'attuale gonfalone cittadino.

A sinistra: lo stemma di Ciriè. All’interno dello scudo sono rappresentate due torce accese. Nel blasone del 1614, al posto delle torce c’erano «due ceri d’oro fiammeggianti». Aggiunta recente, cioè del 1905, anche i due grifoni visibili a lato dello scudo. A destra: lo stemma di Caselle, così com’è disegnato sulla facciata del municipio, in cui la disposizione delle casette
non corrisponde a quella presente nell'attuale gonfalone cittadino.

Lo stemma di Ciriè.

Lo stemma di Ciriè è l’unico, tra i tre qui descritti, che presenti, tra gli ornamenti esteriori dello scudo, dei «sostegni». Si tratta di due grifoni, come descritto nel blasone che fu assegnato alla città al Comune con D.R. 19 novembre 1905, in occasione della sua elevazione al rango di città: «Di rosso, alla croce d’argento, accantonata nel primo e quarto punto da una torcia accesa, d’oro. Sostegni: due grifoni d’argento, linguati d’oro, controrampanti e rimiranti in fuori. Lo scudo sarà sormontato dalla corona di città».

Anche in questo caso, come per lo stemma di Caselle, la croce d’argento in campo rosso corrisponde alla cosiddetta «arme di Savoia moderna».

In araldica, il grifone o grifo è una figura immaginaria ispirata dalla sua raffigurazione mitologica. Simboleggia custodia e vigilanza e anticamente era posto a guardia dei tesori esistenti nei monti della Scizia. Di norma il grifone prende dall’aquila il capo, il collo, il petto, le ali e le zampe anteriori; dal leone il ventre, le zampe posteriori e la coda; le orecchie dal cavallo.

Poiché riunisce il leone, animale dominante sulla terra, con l’aquila, dominante in cielo, il grifone simboleggia anche la perfezione e la potenza.

L’attuale blasone si discosta parzialmente da quello consegnato nel 1614, «Di rosso con una croce d’argento e due ceri d’oro fiammeggianti», in cui non sono citati i sostegni, cioè i grifoni, che evidentemente sono un’aggiunta posteriore. Inoltre si parla di due ceri d’oro fiammeggianti sostituiti nel 1905 dalle due torce accese. Che siano ceri oppure torce, non se ne è trovata la sicura origine. Si potrebbe forse pensare all’assonanza tra siri, che significa cero in piemontese, e la versione dialettale del toponimo, cioè Siriè/Sëriè. Oppure il riferimento potrebbe essere, sempre per assonanza, con gli antichi toponimi di Ciriè, ossia con i romani Castrum Cerreti e Cerretum (luogo dove abbondano i cerri/le querce), oppure al medievale Ceriago.

A sinistra: l’imponente porta turrita d’Aymone, posta all’ingresso della via maestra nella parte alta del borgo di Lanzo. A destra: l’attuale stemma della città, nel quale compaiono due frecce al posto delle originarie lance.

A sinistra: l’imponente porta turrita d’Aymone, posta all’ingresso della via maestra nella parte alta del borgo di Lanzo. A destra: l’attuale stemma della città, nel quale compaiono due frecce al posto delle originarie lance.

Lo stemma di Lanzo Torinese.

In base ai consegnamenti del 1614 risulta che lo stemma dalla Comunità di Lanzo era fin da allora «Una croce d’argento in campo rosso accompagnata da due lance dell’uno e dell’altro lato di detta croce».

Anche in questo caso, la croce d’argento in campo rosso corrisponde alla cosiddetta «arme di Savoia moderna».

La presenza delle lance nello stemma era invece una conseguenza della credenza popolare che il toponimo Lanzo derivasse dalla forma del nucleo originario del paese, assomigliante appunto a una lancia.

Tale credenza popolare e l’antichità dello stemma sono testimoniate dalla Relazione distinta istorica e generale di tutte le Città, Terre, e Luoghi della Provincia di Torino del 1753 in cui, all’inizio del capitolo dedicato a Lanzo, si precisa: «Si è sempre il luogo denominato Lanzo, da chè la posizion delle Case del medesimo è in forma di Lancia, qual chiamasi Lanza dal volgo, vedendosi le Armi del Comune dipinte in varij Posti, le quali consistono in due Lancie con croce bianca in mezzo».

Successivamente, verso il 1830, il teologo Gian Giacomo Bricco nel suo poemetto in versi latini Ad Lancei valles brevis lusus poëticus (verso 257, Aptius hinc nomen lancea forma dedit, la conformazione geografica diede di poi il nome più adatto di lancia) accolse la credenza popolare, e la sua citazione fu poi ripresa acriticamente da vari autori che in seguito scrissero sulle Valli di Lanzo.

Attualmente, lo stemma di Lanzo risulta così blasonato in seguito al D.P.C.M. 4 febbraio 1961: «Di rosso, alla croce d’argento accostata lateralmente da due frecce dello stesso con le punte rivolte in alto, attraversate dal braccio orizzontale».

Nel frattempo lo stemma ha subito due variazioni. La prima riguarda uno degli elementi costituenti lo stemma, cioè la corona sovrapposta allo scudo, che era la corona di comune (d’argento con 9 porte visibili e sovrastanti merli) ed è stata sostituita, in base alla vigente legislazione araldica, dalla corona di città (d’oro con 5 torri visibili) quando a Lanzo è stato concesso tale titolo con DPR 17 settembre 2001.

L’altro cambiamento, privo invece di qualsiasi giustificazione, è la sostituzione delle lance, (avvenuta ormai da tempo anche su documenti comunali, gonfaloni civici, stemmi di associazioni locali, arredo urbano, ecc.) con delle frecce da arco (distinguibili per essere dotate di alette stabilizzatrici nella parte inferiore) che non hanno niente a che fare con la storia, la tradizione e il toponimo di Lanzo.

Lo stemma della città di Ciriè, con lo scudo attorniato dai grifoni e sovrastato dalla corona, campeggia sul frontone del palazzo municipale.

Lo stemma della città di Ciriè, con lo scudo attorniato dai grifoni e sovrastato dalla corona, campeggia sul frontone del palazzo municipale.

I legami con Casa Savoia.

Dalla descrizione degli stemmi delle tre città situate lungo il torrente Stura di Lanzo, è palese che essi presentano come principale elemento distintivo la croce d’argento in campo rosso, corrispondente allo stemma moderno di Casa Savoia.

A questo punto si potrebbe ipotizzare che i tre stemmi siano basati proprio sullo stemma sabaudo, e ciò per manifestare ed evidenziare il legame dei tre comuni con Casa Savoia. La storia locale riferisce infatti che le castellanìe di Caselle, Ciriè e Lanzo fecero parte delle terre governate in usufrutto, dal 1305 al 1349, da Margherita, figlia di Amedeo V conte di Savoia e vedova di Giovanni I Aleramico marchese di Monferrato. Tali castellanìe divennero definitivo possesso sabaudo dopo il matrimonio, celebrato nel 1330 proprio a Caselle, tra il conte Aimone di Savoia (1291-1343), fratello di Margherita, e Violante, figlia di Teodoro Paleologo, succeduto a Giovanni I, che aveva portato in dote al marito le citate castellanìe.

L’attaccamento ai Savoia è spiegabile come conseguenza del saggio e liberale governo di Margherita e della concessione nel 1310 degli Statuti da parte di Amedeo V, anche a nome di Margherita, poi confermati e ampliati dai signori successori.

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