Cerca

Esteri

Poseidon, il messaggio atomico di Putin: cosa c’è davvero dietro il “siluro del giudizio”

Un test “senza precedenti” e molte domande: perché la Russia esibisce il suo drone subacqueo a propulsione nucleare e cosa significa per la sicurezza europea

Poseidon, il messaggio atomico di Putin: cosa c’è davvero dietro il “siluro del giudizio”

Poseidon, il messaggio atomico di Putin: cosa c’è davvero dietro il “siluro del giudizio”

La tazza di tè è ancora fumante sul tavolo del reparto militare di Mosca quando Vladimir Putin mette da parte i convenevoli e pronuncia la frase destinata a riscrivere non solo la giornata, ma anche gli equilibri della deterrenza nucleare globale. «Il test del Poseidon è stato un enorme successo. Non esiste nulla di simile al mondo», dichiara, aggiungendo per la prima volta che il sistema ha viaggiato «con la sua unità di energia nucleare». L’annuncio, fatto davanti a soldati feriti, è calibrato per riecheggiare ben oltre le pareti dell’ospedale: verso Washington, verso la NATO, verso le cancellerie europee e verso chiunque dubiti che la Russia sia ancora in grado di dettare le regole del gioco strategico. Il Cremlino precisa che il lancio è avvenuto da un sottomarino vettore e che il reattore del sistema è stato attivato in navigazione. È la prima volta che Mosca lo dichiara apertamente.

Il Poseidon (2M39) è descritto come un gigantesco siluro-drone sottomarino a propulsione nucleare, concepito per attraversare gli oceani a grande profondità e colpire lungo le coste avversarie con una testata atomica. Non si tratterebbe soltanto di un’arma di distruzione puntuale: l’onda d’urto in acqua e la contaminazione radioattiva renderebbero per anni inabitabili interi tratti di litorale, porti e infrastrutture marittime. Gli esperti occidentali lo definiscono una categoria a sé, un’“autonomous, nuclear-powered underwater torpedo”, pensato per aggirare ogni sistema di difesa antimissile e riportare in primo piano la vulnerabilità delle grandi metropoli costiere. Le specifiche diffuse negli anni parlano di profondità operative fino a mille metri, velocità massime comprese tra 70 e 100 nodi — circa 130–185 chilometri orari — e un raggio d’azione virtualmente illimitato grazie al reattore. Molte di queste cifre restano tuttavia non verificate e provengono da fonti russe o da stime indipendenti basate su dati parziali.

Secondo quanto dichiarato da Putin, il test si sarebbe svolto il giorno precedente e avrebbe incluso due fasi cruciali: l’espulsione del drone dal sottomarino vettore e l’attivazione del reattore nucleare, rimasto in funzione per un certo periodo. Il presidente ha definito l’esperimento «un enorme successo» e ha affermato che la potenza del Poseidon supererebbe quella del missile intercontinentale Sarmat. L’annuncio giunge in un momento politicamente denso, a ridosso della prova di lancio del Burevestnik, il controverso missile da crociera a propulsione nucleare, e delle esercitazioni di comando strategico condotte dalle forze russe. Il messaggio è trasparente: Mosca vuole mostrare di poter aggirare gli scudi difensivi costruiti dall’Occidente dopo l’uscita degli Stati Uniti dal Trattato ABM nel 2001.

L’origine del progetto risale al 2015, quando durante una riunione di Putin con i vertici militari una telecamera della TV di Stato inquadrò per “errore” un documento classificato intitolato Status-6. Nella tavola tecnica si leggeva che il sistema era pensato per “creare vasti territori di contaminazione radioattiva lungo le coste nemiche”. Da allora, quel concetto è evoluto nel Poseidon, diventando un totem comunicativo della potenza russa, ma anche una realtà tecnica riconosciuta dagli Stati Uniti, che nel 2018 hanno ufficialmente menzionato l’esistenza di un programma russo per un’arma subacquea a propulsione nucleare autonoma.

Immagine tratta dal sito

Immagine del sito navalnews

Il cuore del Poseidon sarebbe un reattore miniaturizzato, che Putin definisce «cento volte più piccolo di quelli montati sui sottomarini», in grado di alimentare la propulsione elettrica del drone per lunghissimi periodi. L’arma, secondo le fonti russe, potrebbe muoversi a velocità ridotta durante l’avvicinamento, per ridurre la firma acustica, e accelerare nella fase finale d’attacco. Sulla testata regna l’incertezza: si va dalle “decine di megatoni” delle prime voci alle stime più realistiche, intorno ai due megatoni, delle analisi indipendenti. Nessuna di queste ipotesi è però verificabile in modo autonomo.

Fin dal 2015, la propaganda russa ha associato al Poseidon l’immagine di un “tsunami radioattivo”, un’onda di marea in grado di spazzare via porti e città costiere. La fisica reale suggerisce maggiore cautela: le onde di centinaia di metri evocate da alcuni media restano un’esagerazione, ma un’esplosione sottomarina di potenza megatonica vicino a costa produrrebbe comunque effetti devastanti, con sovrapressione, allagamenti e contaminazione estesa. La minaccia è quindi meno apocalittica, ma tutt’altro che trascurabile.

Il principale vettore operativo del Poseidon è il K-329 Belgorod, un colosso da 178 metri e 30.000 tonnellate, costruito prolungando uno scafo Oscar-II. Lungo quasi quanto un incrociatore e più pesante di un sottomarino d’attacco americano, può trasportare fino a sei Poseidon e vari minisommergibili per missioni speciali. Un secondo sottomarino, il Khabarovsk (Progetto 09851), sarebbe in fase avanzata di allestimento. Entrambi operano nell’area di Severodvinsk, nel Mar Bianco, dove la Russia ha predisposto un’infrastruttura di supporto dedicata.

L’annuncio su Poseidon si lega direttamente a quello sul Burevestnik, effettuato pochi giorni prima, e rientra in una strategia di comunicazione orchestrata. Presentare due armi a propulsione nucleare quasi in contemporanea serve a mostrare che Mosca sa spostare la sfida strategica su terreni dove le difese occidentali sono meno pronte. Il Cremlino cita esplicitamente l’uscita americana dal Trattato ABM come la radice di questa corsa alle “armi asimmetriche”, concepite per aggirare le architetture di difesa antimissile in Europa e in Asia. L’obiettivo è duplice: conservare la garanzia di rappresaglia e forzare, in futuro, eventuali negoziati da una posizione di forza. Il contesto non potrebbe essere più teso: la Russia ha sospeso la propria partecipazione al New START, la guerra in Ucraina continua, e il dialogo strategico con l’Occidente è praticamente congelato.

Resta da capire quanto di quanto annunciato sia realtà operativa e quanto narrazione propagandistica. Il test del reattore attivo e il lancio da sottomarino appaiono credibili, ma le prestazioni effettive, la silenziosità acustica e la potenza della testata restano misteri. Alcuni analisti invitano alla prudenza, ricordando l’incidente di Nyonoksa nel 2019, che coinvolse un altro progetto nucleare sperimentale e costò la vita a diversi tecnici. Altri, invece, sottolineano che anche solo l’esistenza di un sistema capace di trasportare un ordigno megatonico in acque costiere costituisce una minaccia credibile.

Il confronto si sposta ora sul piano tecnologico. Contro un’arma come Poseidon non esiste un singolo “intercettore”, ma una rete di sensori e di sorveglianza: array sonar passivi, droni antisommergibili, piattaforme autonome e idrofoni distribuiti nei punti chiave degli oceani. È verosimile che la NATO e gli Stati Uniti stiano accelerando i programmi per una nuova “difesa a rete” capace di monitorare fondali e strozzature strategiche, mentre Mosca ha già schierato nel Mar Artico il proprio sistema di sensori Harmony, limitato però da vincoli economici e tecnologici.

Dal punto di vista del diritto internazionale, il Poseidon sfugge a ogni definizione classica: non è un missile balistico, non è un SLBM né un ALCM. È un oggetto nuovo, ibrido, che si muove in un vuoto normativo. Includerlo in futuri accordi di controllo degli armamenti sarà quasi impossibile. Intanto, i principali arsenali nucleari del mondo — Russia, Stati Uniti, Cina — non diminuiscono ma si modernizzano. Ogni innovazione che altera l’equilibrio tra offesa e difesa rende la scena globale più instabile, riduce la prevedibilità e aumenta il rischio di errore. E in questo quadro, il Poseidon non è solo un’arma, ma un messaggio: la conferma che la corsa nucleare non è mai davvero finita.

Commenti scrivi/Scopri i commenti

Condividi le tue opinioni su Giornale La Voce

Caratteri rimanenti: 400

Resta aggiornato, iscriviti alla nostra newsletter

Edicola digitale

Logo Federazione Italiana Liberi Editori