AGGIORNAMENTI
Cerca
Italia
28 Ottobre 2025 - 22:51
La scena, all’ingresso del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti: il plastico del Ponte sullo Stretto luccica sotto le luci, i telefoni si alzano, le domande volano. Matteo Salvini accompagna Viktor Orbán verso l’uscita. Alla domanda “com’è andata?”, il vicepremier sorride: “Benissimo”. Un’ora scarsa di faccia a faccia, definita dalla Lega “affettuosa”, sufficiente però a riaccendere una batteria di dossier che toccano nervi scoperti d’Italia e d’Europa: infrastrutture strategiche, immigrazione, guerra e pace, oltre alla critica frontale al Green Deal. E nel frattempo, sui social, il premier ungherese invia auguri a Praga e messaggi d’intesa al vincitore, Andrej Babiš: un segnale che alimenta l’ipotesi di un blocco euroscettico sempre più coeso tra Budapest, Bratislava e, appunto, Praga.
Secondo la ricostruzione circolata a fine riunione, l’incontro al Mit fra Salvini e Orbán è durato circa un’ora e si è svolto in un clima di “massima sintonia”. Al centro, la “situazione internazionale”, con un focus su infrastrutture e equilibri geopolitici. I due leader hanno rimarcato una linea dura contro l’immigrazione irregolare e una critica esplicita al Green Deal, definito dalla nota diffusa dallo staff del vicepremier italiano espressione di “politiche suicide” dell’Unione europea. Sul tavolo anche il simbolo delle ambizioni infrastrutturali italiane: il Ponte sullo Stretto di Messina. Salvini ha mostrato a Orbán il plastico collocato all’ingresso del ministero e lo ha invitato all’avvio dei cantieri, un passaggio dal forte valore politico, oltre che mediatico.
La tappa al Mit è arrivata all’indomani del bilaterale di Orbán con la presidente del Consiglio Giorgia Meloni a Palazzo Chigi e, in precedenza, dell’udienza in Vaticano. I comunicati ufficiali di Palazzo Chigi parlano di scambio di vedute su Ucraina, Medio Oriente, agenda europea e sulla “gestione efficace e innovativa” dei flussi migratori, con un riferimento alle sinergie industriali e tecnologiche possibili anche tramite lo strumento SAFE. Nel racconto pubblico del premier ungherese, la giornata romana è stata anche l’occasione per ribadire un giudizio tranchant sul ruolo dell’Ue e l’intenzione di “parlare” con Washington dell’impianto sanzionatorio verso Mosca. Un ventaglio di posizioni che, pur nella cornice di un dialogo pragmatico con l’Italia, mantiene intatta la cifra distintiva della politica estera di Budapest.



Mentre a Roma si consumava il faccia a faccia, lo sguardo di Orbán correva a Praga. La vittoria elettorale di Andrej Babiš e del suo movimento ANO – con circa il 34,5% dei consensi e la prospettiva di una maggioranza con forze nazional-conservatrici – ha riaperto il dossier su un possibile riallineamento dell’Europa centrale. Il premier ungherese ha celebrato su X il successo dell’alleato con un messaggio eloquente (“La verità ha prevalso… Buone notizie per l’Europa”) che aggiunge peso all’ipotesi di un asse con lo slovacco Robert Fico e, appunto, con il futuro governo di Praga. Per l’Ucraina, questo si tradurrebbe in una pressione crescente contro ulteriori aiuti militari e per un’agenda negoziale più favorevole a Mosca; per l’Ue, in nuove tensioni sui pacchetti sanzionatori e sull’agenda climatica.
La definizione del Green Deal come “suicida” non è un inedito nel vocabolario politico di Orbán e di settori della destra europea; ma, nell’ottica italiana, incrocia un nodo concreto: la compatibilità tra i vincoli ambientali europei e la realizzazione di grandi opere. Dal punto di vista del Mit, le priorità – dalla rete ferroviaria ad alta capacità fino alle opere strategiche per la mobilità e la sicurezza – sono legate a scadenze, piani di finanziamento e parametri ambientali che derivano da norme europee e nazionali. In questo quadro, l’asse con Budapest può diventare una sponda politica per un approccio più “flessibile” alle regole green, nella misura in cui le posizioni dei Patriots for Europe – il nuovo gruppo europeo di riferimento – cercheranno di spostare l’asse del dibattito a Bruxelles sulle priorità industriali, energetiche e di sicurezza dell’Ue.
Per capire il lessico e le convergenze emerse al Mit, bisogna guardare all’Eurocamera. Dopo le elezioni del 2024, la nascita di Patriots for Europe ha ridisegnato gli equilibri della destra europea: un gruppo che conta circa 84 eurodeputati da 12 Paesi, terza forza per consistenza, guidato dal francese Jordan Bardella e con un sistema di vicepresidenze in cui figura anche l’italiano Roberto Vannacci. La Lega di Salvini siede in questo schieramento insieme ai partiti di Orbán e Babiš, oltre a RN di Marine Le Pen, FPÖ, PVV, VOX, Chega e altre delegazioni. È la piattaforma parlamentare su cui i temi di immigrazione, sovranità nazionale, sicurezza energetica e revisione delle politiche climatiche vengono cuciti in un’agenda comune.
Negli ultimi mesi, i principali leader dei Patriots – tra cui Orbán, Le Pen, Salvini e Wilders – si sono dati appuntamento in eventi pubblici in cui hanno scandito le parole d’ordine del fronte: contrasto all’immigrazione irregolare, difesa delle “identità nazionali”, attacco a “burocrazia” e “tasse” europee, e un atteggiamento scettico verso l’agenda climatica. In questo circuito, Roma è stata più volte palcoscenico e vetrina: la visita del premier ungherese, il bilaterale con Meloni, le foto al Mit con il plastico del Ponte rientrano in una strategia per mettere in fila simboli e messaggi. Il punto, oggi, non è solo la foto: è una rete che si consolida, con l’obiettivo dichiarato di spostare gli equilibri politici a Bruxelles e nei consigli dei ministri.
Nel comunicato di Palazzo Chigi, la cooperazione con l’Ungheria sull’immigrazione viene associata a “metodi innovativi” e all’esigenza di rafforzare rimpatri e accordi con i Paesi di origine e transito. È la stessa grammatica che Salvini utilizza da anni e che la Lega porta a Bruxelles attraverso i Patriots: un approccio securitario, supportato da reti di accordi bilaterali e da un lessico legislativo in evoluzione. Restano però interrogativi concreti: capacità di rivolgere le norme europee senza scontrarsi con i vincoli della Corte di Giustizia, compatibilità con gli standard internazionali sui diritti umani, e – soprattutto – la tenuta dei partner mediterranei quando la pressione degli sbarchi aumenta. Anche su questo, il “laboratorio” italo-ungherese si propone come ariete politico, ma le prove dei fatti – tempi dei rimpatri, gestione delle procedure e liste di Paesi sicuri – restano l’unità di misura decisiva.
La prospettiva di un asse tra Praga, Bratislava e Budapest – alimentato dalla vittoria di Babiš e dalla linea di Fico – apre un capitolo delicato: la tenuta del fronte europeo sul sostegno a Kiev. Se una parte dell’Ue spinge per aiuti e per un’agenda di ricostruzione di lungo periodo, il fronte “pacifista” dell’Europa centrale propende per “negoziati” diretti con Mosca e per una revisione delle sanzioni. L’Italia, che resta saldamente nel campo euro-atlantico, ha scelto un approccio pragmatico con Orbán, provando a tenere insieme dialogo politico e coerenza con gli impegni assunti in Nato e Ue. L’esito del braccio di ferro – tra veti, astensioni tattiche e compromessi – dirà quanto potrà incidere la rete dei Patriots dentro i meccanismi decisionali europei.
La consistenza numerica dei Patriots for Europe – circa 84 seggi – li colloca come terza forza dell’Europarlamento, dietro PPE e S&D, e davanti a ECR per capacità di incidere in commissioni e conferenze dei presidenti. La delegazione italiana della Lega conta 8 eurodeputati, con ruoli di visibilità nelle vicepresidenze del gruppo. Questo dato, combinato con il successo di Babiš a Praga e con il peso di Fidesz in Consiglio, può trasformarsi in un potenziale di interdizione sugli atti legislativi più sensibili: dalle misure climatiche ai dossier migratori, fino ai capitoli bilancio e politica estera. Ma l’aritmetica non basta: in un Parlamento frammentato, contano le alleanze trasversali, la disciplina di voto e la disponibilità di altri gruppi a convergere su singoli testi.
A complicare il quadro, restano anche i dossier di trasparenza e fondi europei che lambiscono l’orbita dei Patriots. A inizio settembre 2025, l’Europarlamento ha avviato le procedure per recuperare oltre 4 milioni di euro di spese ritenute irregolari nella precedente legislatura a carico del gruppo Identità e Democrazia (dove sedevano RN e Lega), con un potenziale impatto sul perimetro attuale dei Patriots. È un promemoria severo: per chi ambisce a “riformare l’Europa”, il banco di prova passa anche dalla gestione rigorosa delle risorse comuni.
Dopo la foto al Mit, resta un’agenda fitta. In Italia, il pressing della Lega su immigrazione e infrastrutture dovrà misurarsi con i limiti di bilancio, con la giustizia amministrativa e con i parametri europei della transizione. In Europa, l’effetto combinato del possibile governo Babiš a Praga e dell’attivismo diplomatico di Budapest potrebbe ricalibrare i rapporti nel Consiglio e condizionare la geometria delle maggioranze in Aula. Se l’ora “affettuosa” tra Salvini e Orbán è servita a qualcosa, è a fissare un’immagine nitida: un cantiere politico in piena attività, dove alleanze, simboli e numeri sono i materiali da costruzione di una strategia che ambisce a ridisegnare l’Ue. A decidere se sarà architettura o scenografia sarà – come sempre – la prova dei voti, dentro e fuori dall’Italia.
Edicola digitale
I più letti
Ultimi Video
LA VOCE DEL CANAVESE
Reg. Tribunale di Torino n. 57 del 22/05/2007. Direttore responsabile: Liborio La Mattina. Proprietà LA VOCE SOCIETA’ COOPERATIVA. P.IVA 09594480015. Redazione: via Torino, 47 – 10034 – Chivasso (To). Tel. 0115367550 Cell. 3474431187
La società percepisce i contributi di cui al decreto legislativo 15 maggio 2017, n. 70 e della Legge Regione Piemonte n. 18 del 25/06/2008. Indicazione resa ai sensi della lettera f) del comma 2 dell’articolo 5 del medesimo decreto legislativo
Testi e foto qui pubblicati sono proprietà de LA VOCE DEL CANAVESE tutti i diritti sono riservati. L’utilizzo dei testi e delle foto on line è, senza autorizzazione scritta, vietato (legge 633/1941).
LA VOCE DEL CANAVESE ha aderito tramite la File (Federazione Italiana Liberi Editori) allo IAP – Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria, accettando il Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale.